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Contenuti Popolari

Visualizzazione di contenuti con la più alta reputazione 18/09/2018 in Messaggi

  1. 7 punti
    Splendido video di JHTV Productions, che ci racconta il primo goal di tantissimi campioni che hanno indossato la casacca bianconera, assolutamente da non perdere!
  2. 4 punti
    Per un attimo la mano stava scivolando verso il basso, poi ho capito di non essere in quella parte dell'Internet e mi sono contenuto.
  3. 2 punti
    Credo sia riferito alle punte, e parliamo di epoca recente. Altrimenti servirebbe un video della durata di giorni: Davids, Deshamps, Boniperti, Laudrup, Sivori, Bettega, Charles, Inzaghi (che comunque ci dovrebbe assolutamente essere)ecc.... ...comunque io non avrei messo il gol di Platini: toglie completamente valore a tutti gli altri. Da solo fa categoria su Jouporn.
  4. 2 punti
  5. 2 punti
    Una prima parentesi francese. I quattrocento colpi (1959), Tirate sul pianista (1960) e Fahrenheit 451 (1966) di Truffaut. Ero rimasto innamorato di Jules e Jim, ho aggiunto questi 3 film del regista francese. E' il regista più intellettuale della Nouvelle Vague, grande amante dei libri e del racconto e lo si vede perfettamente nei suoi film. In un certo senso, quello che penso di Herzog vale per Truffaut però non dal punto di vista visivo ma narrativo. Ha uno stile di narrazione straordinario e unico. Riesce a rendere magico l'ordinario; un bambino o due persone che passeggiano, una classe a scuola, due persone che parlano, una famiglia a tavola. Azioni ordinarie, semplici, banali rese straordinarie, rese magiche ma al tempo stesso le sentiamo intime e "nostre". Ha un modo straordinario di scrivere, descrivere, mostrare, inquadrare e dirigere i personaggi...le loro figure ci avvolgono e diventano a noi familiari nel giro di pochissime scene. In un'intervista ha detto che cercava di non fare film con sceneggiature originali perché tendeva sempre a normalizzare i film, togliendo azione, quindi se il soggetto lo scriveva lui portava l'azione quasi a 0, fin quasi a non far accadere niente, invece partendo da libri o racconti molto dinamici e animati la sua indole "normalizzante" avrebbe avuto meno effetto. Io, come dicevo, ritengo che la sua straordinarietà riguardi proprio le azioni più ordinarie e normali. "I quattrocento colpi" è il suo film più intimo, una sorta di autobiografia con al centro gli anni difficili della sua infanzia. E' un forte esempio di narrazione soggettiva, con la camera che segue costantemente il ragazzo protagonista, noi vediamo e viviamo attraverso di lui e quindi direttamente dagli occhi di Truffaut. E' un film magnifico, un esempio maestoso della sua capacità narrativa; il bambino è di fianco a noi, camminiamo ed agiamo di fianco a lui, ci troviamo in quegli stessi ambienti, i suoi problemi e le sue preoccupazioni sono anche le nostre. La celebre scena finale poi è una tra le più belle del cinema, con la corsa del bambino verso il mare, simbolo di estrema libertà ma al tempo stesso massima barriera e ostacolo insormontabile, con lo sguardo finale catturato in fermo immagine, uno sguardo che sembra rivolgersi allo stesso spettatore per chiedere un appiglio...che poi è stato ripreso, concettualmente, tantissime volte in altri film, vedi appunto Il laureato. Approfittando dell'occasione ho rivisto anche "Jules e Jim" ed è un film che mi sbalordisce sempre...trovo la parte finale un po' appesantita, altrimenti lo troverei un film perfetto. Non so quale tra questi due preferisca, sono due capolavori inimmaginabili e due tra i miei film preferiti in assoluto. "Tirate sul pianista", tratto da un romanzo, è un omaggio di Truffaut al cinema americano. A fianco di un amore tra un pianista timido e una ragazza, c'è una storia di gangster. Per sua stessa ammissione, Truffaut odia il genere gangster e se n'è accorto maggiormente girando questo film, perciò lo ha alleggerito rendendo goffi e quasi comici i due gangster. Film che mi è piaciuto, meno la parte del malviventi ma molto di più quella della vita del pianista, del locale in cui suona ogni sera, della casa in cui abita, dell'amore che nasce tra lui e la cameriera di quel locale, della passeggiata tra i due...in quei frangenti emerge il Truffaut che adoro. "Fahrenheit 451" è un altro film tratto da un romanzo, girato in Gran Bretagna in lingua inglese (credo sia l'unico) e a colori. Mostra una società del futuro dominata dalla televisione, in cui è vietato leggere e possedere libri, che vengono bruciati dai pompieri. E' una storia che definisce, per me molto bene e in modo molto brillante, la deriva della società occidentale nel secolo scorso; il ruolo sempre più marginale e sempre più negativo dato alla cultura, la formazione di modelli di comportamento, di aspetto, di vita sempre più rigidi e stereotipati, una borghesia sempre più attratta dalla forma e dal vacuo, il ruolo sempre più dominante della televisione. Questo film mi è piaciuto meno, ho visto meno la brillantezza e la magia di Truffaut, la sua capacità narrativa; lui chiaramente è rimasto affascinato da questo film per la componente legata ai libri e ha detto di aver voluto renderli protagonisti, più delle azioni e dei personaggi. E secondo me non ci è riuscito. E' chiaramente un buon/ottimo film, ma per me mancano gli elementi migliori del suo stile, è un lavoro più britannico inteso nell'accezione negativa. Ha sicuramente influito il fatto che lui non conoscesse bene l'inglese e quindi si sia limitato a seguire alla perfezione la sceneggiatura, mentre invece lui, come in generale gli autori della Nouvelle Vague, tendeva a non seguire la sceneggiature in modo fisso (alla Hitchcock, per intendersi) quanto invece a seguire l'ispirazione del momento. Generalmente comunque adoro Truffaut e voglio continuare a scoprirlo. Agente Lemmy Caution: missione Alphaville (1965) di Godard, Orso d'oro a Berlino. Film noir/fantascienza che parla di un agente che si reca nella capitale di un'altra galassia, Alphaville, dominata e controllata da un supercomputer. E' una storia anche molto interessante e visivamente è spesso anche straordinario, con lavori eccellenti soprattutto sull'illuminazione; per questi due motivi ho anche un buon ricordo di questo film. Ma continua il mio rapporto di amore/odio con Godard. E' un film che mi ha confuso e ogni scena mi confondeva sempre di più; straniante, incomprensibile, irrazionale, assurdo. Non che non si capisca in senso stretto, ma non si capisce il perché di certi avvenimenti, di certe scene, è una narrazione controcorrente, non si riesce a seguire lo sviluppo. Proverò a riguardarlo. L'anno scorso a Marienbad (1961) di Alain Resnais, Leone d'oro a Venezia. Per quanto riguarda Resnais non siamo proprio nella Nouvelle Vague, appartiene più al movimento della "Rive Gauche", composto da registi meno cinefili e più intellettuali rispetto a quelli della Nouvelle Vague...è un movimento molto sperimentale soprattutto per quanto riguarda gli intrecci narrativi e temporali, quasi labirintici. E "L'anno scorso a Marienbad" ne è l'emblema perfetto ed è uno tra i film più sperimentali che abbia visto. E' ambientato in un sontuoso hotel, una reggia con giardini immensi, barocca, con mille corridoi, sale, specchi, statue, con i ricchi ospiti che passano il tempo in balli, dialogando, facendo passeggiate all'interno e nei giardini, incontrandosi nelle sale anche per fare giochi di carte. Ma non sembra di essere nella realtà, ma in un sogno o in un incubo, in una dimensione parallela...i camerieri e gli ospiti spesso rimangono immobili come congelati e ci perdiamo nelle ambientazioni labiritintiche e geometriche dei corridoi, delle sale, del giardino. Per alcuni aspetti la situazione mi ha ricordato Shining. Soprattutto l'aspetto geometrico e labirintico delle ambientazioni e per i personaggi immaginari di Shining, i fantasmi che sembrano popolare entrambi gli hotel. Tornando a Marienbad, un uomo e una donna ballano insieme, lui sembra conoscerla, lei no; l'uomo le dice che si sono incontrati ed amati in quegli stessi luoghi l'anno precedente e si erano salutati con la promessa di aspettare un anno per rivedersi e per andar via insieme, lei invece non ricorda niente di tutto ciò e insiste nel negare. A quel punto l'uomo le racconta i loro incontri e inizia una serie infinita di flashback con la voce narratrice dell'uomo permanente. Tutto il film si svolge così, con questi racconti, ma non c'è riferimento cronologico o narrativo; si fondono sempre più realtà ed immaginazione, passato e presente. Inoltre molto spesso ai racconti dell'uomo non viene associata la giusta scena, lui racconta delle azioni e noi ne vediamo altre, accadute in luoghi e periodo diversi. Un labirinto fisico, narrativo e temporale fino a che non si arriva alla confusione degli stessi ricordi e pensieri dell'uomo. Il tutto ripreso tramite sinuosi, lunghi e continui movimenti di macchina, che sembra fluttuare continuamente; così come sembra incorporea anche l'immagine stessa, che spesso cambia al proprio interno con lo spostamento della camera. Una regia immensa. Il montaggio inoltre, come si può intuire, svolge un ruolo fondamentale e probabilmente è proprio il lato maggiormente sperimentale e affascinante; con i continui salti temporali e narrativi ma salti anche non spiegabili o definibili, con dialoghi che iniziano in una sala e con i personaggi vestiti in determinato modo e che continuano all'improssivo con uno stacco di montaggio in una sala completamente diversa e con i personaggi vestiti in maniera differente, senza però nessuno stacco vocale e labiale. La bellissima fotografia va ad esaltare gli interni del palazzo e l'utilizzo del grandangolo rende ancora più onirica e deformata l'ambientazione. E' un film difficile da seguire, ma che affascina e calamita in modo incredibile. Il magnifico turbinio visivo e lo straniante, oscuro, incerto e affascinante intreccio narrativo tengono calamitato lo sguardo e ci perdiamo anche noi in questa dimensione. C'è anche la figura di un secondo uomo, quello che pare essere il marito della donna, ma non lo sappiamo con certezza...figura oscura, quasi minacciosa anche se non lo è, imbattibile in un gioco con i fiammiferi. Appare sempre più spesso e, non so bene perché, ma mi ha ricordato l'uomo misterioso di Lost Highway di Lynch. Complessivamente l'Overlook Hotel di Kubrick e certe atmosfere lynchiane sembrano nate proprio nell'albergo di Marienbad. E' difficile descrivere in maniera accurata questo film, consiglio a chi è interessato di guardarlo e di farsi anche la propria idea sul tema e sul significato. Principalmente si muove nella rappresentazione del linguaggio della coscienza, il pensiero, il ricordo, il sogno...che non hanno limiti, non hanno strutture fisiche, dove il tempo ha un'altra concezione. E in più sembra essere anche una critica all'alta borghesia, persa nel vuoto, incastrata in un labirinto senza tempo e senza forma, quasi congelata in una forma da fantasma. Veramente un film affascinante e bellissimo. Infine Giochi proibiti (1952) di René Clément, anch'esso Leone d'oro a Venezia. Film sulla seconda guerra mondiale, sulla guerra vista dai bambini, sulla guerra che diffonde brutalità e diffonde l'aura di morte finanche nei giochi dei bambini..."giochi proibiti", appunto. E' un film comunque dove la guerra rimane nello sfondo; una famiglia scappa da Parigi e durante un bombardamento un padre e una madre rimangono uccisi, la loro piccola figlia rimane sola e viene trovata da un suo coetaneo nei campi, perciò va a vivere con una famiglia di campagna. Da quel momento di sviluppa un film con toni più leggeri, viene mostrato il legame sempre più forte che si crea tra il bambino e la bambina, i loro passatempi e i loro giochi. Ma l'alone della morte è presente e porta alla morte del fratello più grande del bambino, ucciso da un calcio di un asino ed è presente anche nei macabri passatempi dei bambini, che creano un loro cimitero seppellendo alcuni animali...questo loro gioco li spingerà (il bambino, soprattutto) anche a rubare delle croci nel cimitero del paese, a tentare anche di rubare la croce in chiesa e ad uccidere uno scarafaggio per aggiungerlo alle loro sepolture. Il dramma della morte dei genitori, della bambina rimasta orfana e del suo adattamento in un contesto nuovo unito a momenti divertenti come alcuni legati ai giochi dei bambini ma anche alla rivalità della famiglia protagonista con la famiglia che abita vicino a loro, un po' come Totò con Mezzacapa. Il tutto rappresentato con realismo. Film molto bello, delicato ma, per la tipologia di film, mantiene per me un'atmosfera troppo confezionata e una patina di finzione cinematografica leggermente eccessiva, soprattutto nel creare il sentimento in alcuni punti. Manca quello sguardo totalmente immersivo e quella carica di perfetto realismo che contraddistingueva i film del neorealismo, ad esempio.
  6. 2 punti
    Mancano le date 1' giornata - Juventus Women - Chievo Verona (22 settembre / 5 gennaio)2' giornata - CF Florentia - Juventus Women (29 settembre / 12 gennaio)3' giornata - Juventus Women - Orobica Calcio Bergamo (14 ottobre / 26 gennaio)4' giornata - Roma - Juventus Women (20 ottobre / 2 febbraio)5' giornata - Juventus Women - Mozzanica (27 ottobre / 9 febbraio)6' giornata - Milan - Juventus Women (3 novembre / 16 febbraio)7' giornata - Juventus Women - Pink Sport Time (17 novembre / 16 marzo)8' giornata - Fiorentina Women's - Juventus Women (24 novembre / 23 marzo)9' giornata - Juventus Women - Sassuolo CF (1 dicembre / 30 marzo)10' giornata - Comunale Tavagnacco - Juventus Women (15 dicembre / 13 aprile)11' giormata - Juventus Women - Verona Women (22 dicembre / 20 aprile)
  7. 1 punto
    Non vorrei dire una scemenza, ma credo Diego Ribas da Cunha 😄
  8. 1 punto
    Merito di JHTV Productions! Io volevo solo lo vedeste.
  9. 1 punto
    Salve a tutti ragazzi. Quando ero a mare scrissi che tempo una settimana e sarei tornata a scrivere sul topic, e invece, come al solito, mi sono presa una vacanza più sostanziosa Devo dire che non ho visto tantissimo questa estate, né avevo particolarmente voglia di scrivere, ma vi ho abbastanza leggiucchiato. Comunque, nonostante la mia non sia stata un'estate molto all'insegna delle cinefilia, ho comunque parecchie visioni in arretrato di cui parlare e quindi non mi perdo in chiacchiere. Cominciamo da qualche film a caso. Allora, 7 psicopatici. Ricorderete forse che io ero tra i meno entusiasti su questo topic riguardo a "tre manifesti". Non che non mi fosse piaciuto, ma non mi sono lanciata in lodi sperticate come molti qui dentro e fuori. Che volete, datemi pure della becera, ma a me questo film è piaciuto non 1, ma dieci volte in più dell'ultimo lavoro di McDonagh. Questo sì che è un film cazzuto, divertente, metacinematografico, pulp, enormemente stupido eppure riflessivo in alcuni momenti. Film davvero riuscitissimo a mio parere. Narra la storia di uno sceneggiatore, interpretato da Colin Farrel, in crisi creativa (uno dei tanti omaggi a (8 1/2 di Fellini), il quale si è prefissato di dover scrivere una sceneggiatura dal titolo "7 psicopatici", ma il problema è che lui non ha nessuna voglia di scrivere di gente psicopatica, di violenza e di vendetta. Vorrebbe scrivere di pace, di personaggi positivi e blablabla. Ma allora perché ha intitolato la sua sceneggiatura "7 psicopatici"? Vabbè, fatto sta che a dargli una mano sarà il suo migliore amico (Sam Rockwell), il quale insieme ad un suo socio più anziano (un magnifico, MAGNIFICO Christopher Walken) ha messo su un sistema di truffe incentrato su rapimenti di cani per poi riscuotere le ricompense. Le cose precipiteranno quando Rocwell e Walken rapiranno il cagnolino di un boss mafioso, interpretato, anche qui magnificamente, da Woody Harrelson. Casini a non finire, metacinema a gogò, e finirà che tutto questo materiale e questi pazzi psicopatici che scateneranno una vera e propria guerra per un cagnolino rapito, sarà ovviamente di aiuto a Farrell per scrivere la sua sceneggiatura. Film veramente delizioso, adrenalinico, divertentissimo, non stupido come potrebbe sembrare. Uno dei pochi film chiaramente di impronta tarantiniana (nella ricerca di personaggi totalmente sopra le righe, di situazioni al limite, di dialoghi no-sense, di quel tipo di violenza stilizzata) che non mi hanno irritato, ma anzi, mi hanno fatto ridere come una scema. Sceneggiatura perfetta, regia brillante, attori tutti in parte, con una nota di merito davvero all'eterno Walken, e anche a Tom Waits in una particina memorabile. Da vedere. Film che non si prende sul serio e per questo l'ho apprezzato moltissimo a differenza di "Tre, manifesti". O meglio, questo "7 psicopatici" in alcuni frangenti si prende anche sul serio, ma proprio in quelle situazioni fa ridere ancora di più. Assolutamente da vedere. Piccolo grande uomo e Il Laureato. Questi film li ho visti una vita fa, credo almeno un paio di mesetti, perché se ricordate ne avevamo parlato qui sul topic, e "piccolo grande uomo" in particolar modo lo aveva consigliato Rhyme. Aveva consigliato anche "Il laureato", ma vabbè, quello era già nella mia lista. Partiamo da Piccolo grande uomo. Questo film l'ho letteralmente adorato. E ringrazio veramente Rhyme per averlo citato e averne parlato bene, perché altrimenti non so quando lo avrei recuperato. Ora non ho la memoria freschissima, perché come ho detto l'ho visto diverso tempo fa, ma posso dire con tranquillità che questo film ha conquistato di diritto un posticino nei miei film preferiti di tutti i tempi. E' un lungo racconto, dai toni picareschi, in cui si narra la storia di Jack Grabb, allevato fin da bambino dagli indiani, dopo che tutta la sua famiglia (ad eccezione di una sorella) era stata sterminata dai Pawnees, un'altra tribù indiana, meno amichevole di quella che si prenderà cura del piccolo Jack. Da qui partiranno una serie di avventure, che vedranno Jack abbandonare la tribù che lo ha salvato e cresciuto, per avviarsi nel mondo dei bianchi, salvo ritornare ogni volta, ciclicamente, proprio alla tribù, dove ad ogni suo ritorno, il suo "nonno adottivo", Cotenna di Bisonte (Chief Dan George, bravissimo), sarà li ad aspettarlo, accogliendolo sempre con la stessa, bellissima frase, "il mio cuore vola in alto come un falco". Che dire di questo film? Che è stato un puro godimento per gli occhi e per il cuore guardarlo, in realtà mi aspettavo un film di tutt'altro tipo, molto più drammatico e serio nei toni. E invece gran parte del film è una splendida commedia come ho detto dai toni picareschi, in cui un "piccolo grande uomo" si avventura da solo in un mondo enorme, sconfinato, dove fa la conoscenza di personaggi tra i più strani che si possano trovare, e si imbatte praticamente in tutte le figure "simbolo" del west: dal venditore truffaldino, al pastore che cerca di conventirlo ma che ha una moglie erotomane (grandissima Faye Dunaway in una parte piccola ma memorabile), a Wild Bill Hicock, fino ad arrivare al generale Custer. I momenti spassosi, che sono la maggioranza (fantastiche tantissime scene, ma mi viene da citare su tutte quella di Hoffman nella tenda con le sorelle della moglie, vergognosamente censurata nella versione italiana) si alternano a momenti di alta drammaticità, che riportano alla storia vera della tragedia del popolo indiano. Il finale è uno dei più commoventi e poetici che abbia mai visto. Un Hoffman mostruoso, e proprio a Hoffman mi riallaccio per parlare de Il laureato. Anche "Il laureato" mi ha sorpreso, perché anche qui mi aspettavo un film diverso nei toni, e invece ancora una volta mi son ritrovato di fronte quella che è quasi una commedia, seppure atipica. Il personaggio di Ben, in un certo senso, è anch'esso un piccolo uomo alle prese con un affare, seppur di dimensioni ridotte, più grande di lui. Un uomo allo sbando, insicuro, fragile, insoddisfatto della sua vita, alle prese con tutti i problemi che affliggono noi ragazzi di quella età, la paura del futuro incombente, di una strada che non è stata ancora tracciata, le pressioni dei genitori, della società, del mondo. In questo senso possiamo definire Jack Grabb, secondo me, un vero anti-eroe. Un uomo privo di eroismo, la cui unica azione eroica che compie, quando nel finale, è così comica da sfociare nel ridicolo, stemperando tutto l'eroismo appunto, e la sacralità del gesto. Quando l'ho visto ho avuto l'impressione di ritrovarmi di fronte a un film molto meno di facile lettura di quello che potrebbe sembrare. Un film in cui i caratteri non sono così netti e definiti come molti ritengono. Non ci ho visto, almeno non totalmente, la vittoria dei buoni (i giovani puri) che sconfiggono finalmente i cattivi (gli adulti corrotti) e si avviano verso un futuro felice e libero. Non ci ho visto questo, perché in questo film i giovani non sono già più puri, e se gli adulti sono corrotti, la colpa non è tutta loro. Quindi sì un film generazionale, ma io non l'ho trovato un inno cieco alla nuova generazione che stava nascendo, e che veniva dipinta senza macchie, a differenza di quella precedente. Molti vedono in ciò il messaggio del film, ma secondo me il film è molto ma molto più profondo e sfaccettato. Alcuni mettono Mrs Robinson addirittura nelle liste dei cattivi migliori della storia del cinema. Mi viene da ridere, il suo personaggio non è certo peggiore di quello di Ben. Film molto ma molto interessante, e con sequenza che da sole valgono la visione. Ci sono davvero delle scene splendide in questo film, come quella magnifica della piscina, anzi LE scene della piscina (sia quella famosa in cui Ben è sul materassino e si sente "the sound of silence", sia quella dell'immersione, stupenda e simbolica), o quella in cui Ben porta Elaine al night, il finale ovviamente, ma più di tutte probabilmente la lunga scena della seduzione, ossia i primi 15 minuti del film. Roba da manuale del cinema. Inutile parlare degli attori, Hoffman, anche qui, è mostruoso. Ovviamente conoscevo Hoffman, e lo apprezzavo molto, ma dopo aver visto queste due interpretazioni è inutile dire che il mio giudizio su di lui è salito tantissimo. Perfetto per questo tipo di ruoli, ha quella bravura tale da riuscire ad apparire persino bello in alcuni frangenti, lui che certo un adone non è Non so cosa avete capito cosa intendo. Veramente splendida anche Anne Bancroft, che crea, a mio parere, e lo dico da donna, uno dei personaggi femminili più seducenti, oltre che iconici, che si siano mai visti su schermo. Curioso come lei e Dustin Hoffman avessero solo 6 anni di differenza. E infatti si vede che lei è ancora giovane (non aveva neanche 40 anni), ma nonostante questo Dustin sembra proprio un ragazzetto alle prime armi di fronte a lei. E questo è merito proprio nella straordinaria bravura degli attori nell'entrare nei rispettivi ruoli. Ah, ho letto che l'anno scorso l'autore de "Il laureato" (perché il film è tratto da un romanzo di successo) ha fatto uscire, dopo più di 50 anni, il seguito della storia, che si intitola "Bentornata, Mrs Robinson". Quasi quasi ci faccio un pensierino, perché da un lato mi sa molto di commercialata, dall'altro mi intriga. Credo che se avesse voluto farci i soldoni veri avrebbe scritto questo seguito qualche decennio fa Comunque, grazie ancora Rhyme per i consigli di questi due capolavori, e finalmente è tornata questa cavolo di stagione autunnale in cui posso rompere le palle con le mie recensioni chilometriche
  10. 1 punto
    Salve, ecco foto del mio posto abbonamento settore 208 fila 17 posto 41
  11. 1 punto
    Welcome pack J1897 appena arrivato (a me e un amico mio), qui in Belgio!
Questa classifica è impostata su Roma/GMT+01:00
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