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Visualizzazione di contenuti con la più alta reputazione 19/10/2018 in tutte le aree
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2 puntiPer i tifosi occasionali che domani seguiranno questa squadra per la prima volta, in caso di, purtroppo, probabile sconfitta contro la Serbia non iniziate ad insultare e a prendervela con una ragazza, con un altra o con l'allenatore, per chi non lo sapesse le serbe sono le campioni d'Europa in carica e noi la seconda squadra più giovane del torneo, età media 23 anni e abbiamo appena vinto una battaglia contro le campionesse olimpiche in carica, essere in finale è un enorme impresa e qualunque sia il risultato c'è da dire brave a queste ragazze e stare sereni perché il futuro sarà nostro
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1 puntoNon ho potuto vederla, se non i minuti finali, la Egonu semplicemente fantastica. Una vera fuoriclasse, QUARANTICINQUE punti non li ha mai fatti nessuno. 20 anni da compiere, sempre concentratissima, si è presa la squadra sulle spalle, ha retto alla tensione sapendo rispondere alla crucialità del momento e al continuo stress fisico e mentale cui è stata sottoposta. E' andata oltre il limite, definizione PURA di eroe sportivo, campionesse cosi sono assoluta ispirazione per chiunque. Comunque vada fantastica lei e bravissime tutte le azzurre, Nazionale giovane, talentuosa e 'terribile', squadra da amare.
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1 puntoParole sante. Squadra nata per puntare ad una buona olimpiade a Tokio. Giovanissima. Con talento ma da sgrossare .Sarebbe stato bene anche una onorevole final Six Contro colossi come Russia Cina Usa e le sempre forti Serbia Olanda Brasile etc. Già così è una vittoria . Solo applausi.Nel caso si stappano le bottiglie. Inviato dal mio SM-G900F utilizzando Tapatalk
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1 puntoIo ho abbandonato alla prima stagione per noia. La storia è interessante, ma non mi piaceva come era stato sviluppata. D'altronde si basa su un libro sconclusionato come La svastica sul sole...
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1 punto18.10.2018 12:53 Juventus.com : Verso una Juve sempre più accessibile Il club bianconero e Hackability realizzeranno soluzioni che facilitino l'accesso delle persone con disabilità al mondo bianconero Soluzioni co-progettate per rendere sempre più accessibile l'Allianz Stadium, lo Juventus Museum e gli Juventus Store: questa è la sfida che Juventus insieme ad Hackability propone ai propri tifosi. La no-profit Hackability, specializzata nel design a impatto sociale, e il club lavoreranno, infatti, per far incontrare le competenze di designer, maker, artigiani digitali, con i bisogni e l'inventiva delle persone con disabilità e realizzare soluzioni che permettano a queste ultime di vivere più facilmente le esperienze proposte da Juventus. Durante la scorsa estate, tramite un questionario inviato a oltre 5.000 tifosi con disabilità è iniziato un nuovo percorso di ascolto e inclusione. L’elevato coinvolgimento e l’importante tasso di risposta all’iniziativa, nelle prossime settimane porterà il club, insieme ad Hackability, ad aprire una call per raccogliere idee con l’obiettivo di co-progettare, insieme ai propri tifosi, soluzioni che possano soddisfare al meglio i loro bisogni. Un percorso che porterà a individuare soluzioni progettate non solo “per”, ma soprattutto “da e con” chi ne ha bisogno.
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1 puntoSono arrivato alla 3x05, con Peaky Blinders. Per fare un bilancio, serie che poteva secondo me aspirare a essere un grande classico, più verso The Wire che Sons of Anarchy. Intendiamoci, è un prodotto straordinario, bellissimo da guardare, chiaramente ispirato da Leone e Scorsese, con ottimi personaggi, interpretazioni, musiche... i problemi, secondo me, arrivano dal suo essere quasi sbrigativo, nel racconto, il che porta a forzature nella trama e quasi poco spazio nella crescita dei personaggi, a cui viene dato poco tempo per "assimilare" gli eventi (vabbè, per me che sono fissato con l'introspezione e approfondimenti)... mi viene in mente un paragone con Mad Men: è vero, PB non ha mai voluto essere estremamente fedele agli avvenimenti dell'epoca trattata (che vada dalla sua proposta di Winston Churchill alla Ulster Volunteer Force), preferisce mostrare la scalata di Thomas Shelby piuttosto che fermarsi per lasciarsi guardare dentro come succedeva con il Don Draper di Weiner. È chiaramente una scelta, che però ai miei occhi non paga, motivo per il quale il paragone con Sons of Anarchy. Secondo me a pagarne le conseguenze sono soprattutto i personaggi e le loro evoluzioni. Mi è dispiaciuto molto per (spoiler 2x01): Non mi è piaciuta affatto l'evoluzione e fine di personaggi come (spoiler 3x02): Michael è un altro personaggio che promette bene (lui sì, molto Corleone...) e che spero possa sbocciare in uno dei migliori personaggi degli ultimi anni. Perché poi, quando vogliono, sanno gestirli come si deve, basta vedere l'enorme lavoro fatto con Polly e Arthur (assoluto showstealer). Serie che consiglio a tutti, ma da vedere assolutamente in originale, perché il 50% della serie è negli accenti. Fantastico il lavoro di Cillian Murphy e di Sam Neill. Brillante Tom Hardy. Mi han dato nuove cartucce da sparare, io che ero fermo a quel bravo ragazzo di Liverpool nei panni di Capone... Tanti Arctic Monkeys nella serie. Ma il top resta Lazarus nella 3x05.
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1 puntoNo ma ormai la storia di Sandro altalenante sta diventando leggenda. Cioè è una di quelle cose che viene detta a prescindere dalle prestazioni. Sandro sta facendo una signora stagione.
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1 puntoA me da l'impressione che abbia paura di rischiare la giocata, che sia passaggio o dribbling.
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1 puntoReality, M. Garrone, 2012. Non faccio la sinossi perché molti l'hanno già visto e non c'è nulla di eclatante da raccontare. Il film gioca la carta del narcisismo della nostra società e di come certi sogni o desideri possano portare alla malattia mentale. Il film si guarda bene, l'attore protagonista dà un'ottima prova. Per il resto nulla di eclatante. Per me è un film più riuscito a livello di scrittura che a livello cinematografico, per dire poteva essere un buon romanzo. Mi spiace soltanto che Garrone, come anche in Dogman, assieme a molti colleghi utilizzi la cgi anche dove non c'è un particolare bisogno, dando anzi un'aria un po' più grossolana alla pellicola. Poi Fassbinder capitolo 2. Angst essen Seele auf (La paura mangia l'anima), R.W. Fassbinder, 1974. Il film parla dell'incontro di due solitudine, di due emarginati nella società tedesca degli anni '70. Ma che potrebbero esserlo anche oggi, e in altri posti. Si tratta di una donna ormai coi capelli bianchi e figli già cresciuti, e di un immigrato marocchino di mezza età. I due si incontrano fatalmente in un bar, ognuno capisce il disagio altrui e cerca di lenirlo. Da questa amicizia nascerà qualcosa di più profondo. Anche se, come sempre ci racconta Fassbinder, i rapporti umani sono fragili e volubili. Il film prosegue il discorso iniziato da Fassbinder in Katzelmacher, molte dinamiche di discrimazione sono identiche nei due film. Ma a parte la capacità di esporre il tema cinematograficamente il film non l'ho trovato particolarmente significativo. Certo è un capitolo importante del nuovo cinema tedesco, ma in alcune parti confesso di essermi annoiato. Film girato, come consuetudine per il regista, in poco tempo e senza troppe spese. Warnung vor einer heiligen Nutte (Attenzione alla * santa), R.W. Fassbinder, 1971. In un albergo vicino al mare è radunata troupe e attori in attesa dell'arrivo del regista per iniziare le riprese del film. C'è poco da fare, e l'attenzione sembra riposta soltanto al flirtare o amoreggiare vicendevolmente senza troppo badare tra maschi e femmine. D'altronde siamo in un film di Fassbinder. E quasi tutta la prima parte del film è ambientata nella hall dell'albergo, dotata di un frequentatissimo bar, senza che accada nulla se non l'arrivo dell'iracondo e capriccioso regista. Ed è straordinaria la capacità di raccontare questa noia, questa attesa, ma non attesa in qualcosa ma un'attesa del tipo quando suona la campanella all'ultima ora. E per farlo Fassbinder allestisce scene lunghissime con altrettanto ampi piani sequenza. Mentre la seconda parte, quando finalmente iniziano le riprese nonostante le innumerevoli problematiche, il ritmo si rovescia: le scene sono brevi, gli intervalli di tempo sconnessi e profondi, mentre prima praticamente vivevamo il tempo nella hall quasi minuto per minuto. Le scene sono come detto frenetiche, il regista è sempre più annoiato dalla sua opera ed adirato nei confronti dei collaboratori. Per realizzare questo pregevolissimo film, oltre al talento di Fassbinder, bisogna sottolineare quello di Ballhaus alla cinematografia. Ballhaus, che anni dopo sarà tra i più fidati collaboratori di Scorsese, qui mostra ampiamente le sue doti e peculiarità. Per la prima parte del film, quella lenta, muove la cinepresa sinuosamente, ci fa accarezzare muri e tendaggi che inquadra per come indugia e muove docilmente la camera in lunghissimi girotondi su stessa. Girotondi che abbracciano l'intero ambiente facendoci prendere parte a quegli spazi; e quei movimenti continui e fluidi sono facilmente rintraccibali anni dopo nei film del regista newyorchese. Un film strabiliante per scrittura e per capacità di gestire cinepresa e montaggio. Die Sehnsucht der Veronika Voss (Veronika Voss), R.W. Fassbinder, 1972. Spoiler. La Germania negli anni '50, lui è un giornalista sportivo con ormai poco da chiedere alla carriera e in generale. Lei invece è Veronika Voss, una stella del cinema pre-bellico. I due si incontrano durante un temporale, lei inviterà a cena lui che l'ha aiutata senza riconoscerla. Alla cena lei sembra piuttosto disponibile, ma ad un tratto cambia idea e diviene scontrosa. Dev'essere una caratteristica dettata dal nome. A parte le sciocchezze, si scopre che la grande stella del cinema ormai non fa più film, è malata, e per lenire il suo dolore vive nello studio della sua psichiatra che la tiene al guinzaglio con la morfina. Il film è meraviglioso, e allo stesso tempo molto coraggioso. Tratta della malattia mentale, della dipendenza da farmaci, dei metodi nazisti con un tono decisamente raro per quell'epoca. Ma è meraviglioso per come è girato: oltre all'attenzione sul dettaglio e il primo piano, che in Fassbinder non è comune, la prima caratteristica è nel bianconero. Un bianconero che, spesso rievocato nei dialoghi come chiaroscuro, riflette l'alternarsi netto e improvviso dell'umore di Veronika. Un bianconero che vuole essere omaggio non tanto agli anni '50 ma al cinema delle vedette, di cui Veronika è il residuo malato. Ed allora, oltre alla narrazione lineare, il film è frammentato da scene che non sappiamo distinguere se sogno o ricordo dei bei tempi per Veronika, e lì Fassbinder illumina la scena facendo splendere le candele e le fonti di luce come in un musical della fabbrica dei sogni. Hollywood viene chiamata così nel film, ma nel film la fabbrica dei sogni, o meglio placebi o addirittura incubi, è lo studio della psichiatra che con la sua morfina tiene sospese le vite, altrimenti invivibili, dei suoi clienti. La regia del film è frizzante, con un ritmo da commedia e un plot da noir. Spesso Fassbinder utilizza dissolvenze fantasiose, proprio per giocare ancor di più con quel cinema classico rievocato nel film. E, devo dire, che se non conoscessi nulla di questo film, e mi dicessero: abbiamo trovato questa pellicola, non sappiamo di chi sia etc., mi potresti dire l'autore? Io risponderei Truffaut. Certo, poi capisci dove sta la firma di Fassbinder, ma per la freschezza e la cinefilia con cui è girato viene da pensare all'autore parigino. Il finale, già di per sé doloroso e bellissimo, se guardato pensando alla fine del regista dieci anni dopo diviene profetico e ancor più doloroso.
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