Cold war, P. Pawlikowski, 2018. - quasi nessuno spoiler-
Continua il viaggio nelle storie e nel passato del regista dopo il precedente Ida.
Qui è sempre la Polonia post seconda guerra mondiale e il decennio successivo ad esserci raccontati tramite le vite di una ragazza dotata nel canto e del suo maestro di musica che la conosce mentre allestisce un ensemble di musica e balli folcloristici.
Subito spicca l'1.37 (simile al 4:3 per capirci) utilizzato dal regista per dare verticalità alla scena, si può ormai ritenere una sua firma. E l'effetto goticheggiante lascia il segno sopratutto nelle scene girate in Polonia. Tra le scene più belle vi sono sicuramente quelle dove vengono eseguiti i bellissimi e spesso struggenti canti popolari, accompagnati dai tipici costumi, che anche nell'austero bianconero non perdono la loro iridescenza, e dalle coreografie non dissimili a quelle già conosciute fin dai film di Savchenko. Balli e musiche che poi vediamo come corrotte dal socialismo che vuole prenderne le forme per occuparne il posto nella cultura della Polonia segnata dai cambiamenti post conflitto mondiale.
La storia d'amore prosegue lungo l'Europa e sempre accompagnata dalla musica, forse soffre un filo d'appannamento nella trama a tre quarti quando va un po' troppo di fretta o mette il pilota automatico alla sceneggiatura. Non ho capito dove sia il problema.
In ogni caso resta un film splendido, che ammetto ha con con me gioco facile in quanto molti degli elementi di cui è composto sono quelli che più apprezzo nel cinema. Kieslowski non può non venire in mente, il film rimanda facilmente al suo cinema. Oppure per via del fatto che più un film tende all'est Europa più, non so perché, ne sono attratto.
Insomma, se poi si dovesse confrontarlo con Roma, solo per una questione di premi perché i due film sono profondamente differenti, sceglierei per gusto Cold war. In ogni caso, il cinema americano quest'anno dovrebbe dire: saltiamo un'edizione e lasciamo fare agli altri che non c'è storia.
Film in sostanza pregevolissimo, con un Pawlikowski che sa sempre bene cosa fare e come ottenerlo con la cinepresa. A riprova, dopo le tante scene di danza, una bellissima scena statica dove protagonista è uno specchio.