Riassuntone delle letture dei primi tre mesi e mezzo del 2020.
Matteo ha perso il lavoro di Gonçalo M. Tavares: mi sono lasciato ingannare dalle parole lusinghiere in quarta di copertina del mio amato Saramago. Ho trovato il libro sconclusionato e stilisticamente poco interessante.
L'incubo di Hill House di Shirley Jackson: confermo l'impressione poco positiva che mi aveva lasciato l'altro libro dell'autrice che avevo letto, "Abbiamo sempre vissuto nel castello". Sarà un mio limite, ma trovo questo stile al limite della letteratura per l'infanzia del tutto inadeguato alle vicende "gotiche" delle sue opere. Il risultato, almeno ai miei occhi, è di stroncare del tutto le atmosfere inquietanti che sono al centro dei libri della Jackson.
Pinocchio di Carlo Collodi: avevo la curiosità di leggerlo, anche se sono un po' fuori tempo piacevole.
Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood: avevo letto che qualcuno qui dentro l'aveva recensito positivamente perché, nonostante temesse il polpettone femminista, ci aveva trovato di più. Invece io no, l'ho trovata una lettura ridondante e noiosa per lunghi tratti, in cui il mondo distopico creato dall'autrice è lasciato sullo sfondo e la stragrande maggioranza del romanzo è dedicata ai pensieri e alle idee della protagonista. Un po' uno spreco, vista l'originalità dell'idea.
Fama di Daniel Kehlmann: il sottotitolo è "Romanzo in nove storie", ma in realtà le connessioni tra i vari episodi sono molto labili e solo alcuni sono degni di nota.
4 3 2 1 di Paul Auster: cosa c'è di meglio del periodo di quarantena per affrontare un romanzone di 930 pagine? Era il momento ideale. Non sono rimasto deluso, ma le aspettative che avevo dopo aver letto l'idea alla base dell'opera (raccontare le quattro diverse vite parallele dello stesso personaggio, Archie Ferguson, a partire dall'infanzia fino a diventare un giovane adulto) sono state rispettate solo in parte: avrei preferito che le quattro vite prendessero traiettorie molto diverse tra loro, e invece si rimane più o meno sempre nello stesso ambiente socio-culturale. Ho trovato però molto felice il finale, per cui il libro è promosso.
I detective selvaggi di Roberto Bolaño: vedi sopra, solo che stavolta parliamo di 670 pagine. Finalmente mi sono deciso a intraprendere la lettura dell'autore cileno: quest'opera polifonica è davvero bizzarra, ma si lascia leggere con grande facilità pur non raccontando in fondo quasi nulla. Mi ha convinto: leggerò anche altro.
Una vita da libraio di Shaun Bythell: ennesimo esempio editoriale di occasione persa. Dovrebbe essere il diario del proprietario di una libreria dell'usato, ma finisce per essere una stanca ripetizione di episodi solo raramente curiosi e non particolarmente divertenti (forse a causa dell'umorismo british dell'autore, scozzese). Mezzo punto in più, ma comunque non abbastanza per arrivare a una sufficienza, per la citazione nella stessa pagina di due romanzi novecenteschi che ho amato.
I leoni di Sicilia di Stefania Auci: è stato il caso letterario dell'editoria italiana del 2019 e da buon siciliano non mi sono voluto esimere dalla lettura, pur temendo che la narrazione delle vicende imprenditoriali della famiglia Florio, che ha svolto un ruolo decisivo nella Palermo dell'Ottocento, fosse un po' troppo romanzata e schiacciasse l'ambientazione e le vicende storiche, che erano ciò che più mi interessava. Effettivamente, almeno per la prima parte, di storia ce n'è molto poca e i toni da drammone familiare sono un po' stucchevoli. Molto meglio la seconda, in cui le vicende dei Florio si intrecciano meglio con gli accadimenti storici. Lettura non indimenticabile, ma nel complesso promossa.