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juventino milanese

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  1. juventino milanese

    In omaggio a Totò Schillaci: i suoi goal più belli con la maglia della Juve

    Rispolvero questa discussione, oggi Schillaci avrebbe compiuto 60 anni. Dovunque tu sia, auguri mitico Totò! E, dato che ci siamo, salutaci Gianluca, Pablito e Pietruzzo. Che da Lassù possiate elargire anche solo la metà delle vostre capacità realizzative a chi indossa la casacca bianconera. Buona giornata
  2. Vedi, di quello che dicono gli "indefessi moralizzatori del forum" ci deve importare il giusto: poco o niente. Però hanno ragione quando dicono che è sciocco seguire qualcosa che si pensa non corretto, sporco, truccato. Io la vedo come te, troverai infatti pochissimi messaggi del sottoscritto sul calcio giocato, generalmente frequento i topic "storici" e/o quelli sui nostri dirigenti. Ma la maggior parte del tempo la passo qui dentro. Seguo e seguirò sempre la nostra amata, se sei cresciuto a pane e Juve non puoi mica accontentarti dei grissini, ma il pathos, l'agitazione, i mal di pancia e le notti insonni li provo per argomenti ahimé ben più importanti. Ma ti dirò di più: non possiamo aspettare i nuovi trionfi e poi far finta che a quel punto sia tutto regolare, ripristinando lo stato delle cose a noi più congeniale. No, saremmo come bambini viziati. Per tornare alla passione di un tempo, dal mio punto di vista va scoperchiato tutto il marciume degli ultimi 30 anni, anche a costo di scoprire cose che mettano ulteriormente in imbarazzo i nostri colori. Perché non si può accettare questo doppiopesismo squallido, da una parte gli juventini sporchi e cattivi, puniti e demonizzati appena possibile, e dall'altra le vergini intoccabili. E siccome so che chi vive-sperando-muore-cagando, continuerò ad essere un livorosi tifoso di serie b. Un saluto
  3. Vedo che si fa riferimento a "CalcioNapoli24": a questi della giustizia non importa una mazza, è puro opportunismo visto che quest'anno si prospetta una lotta al vertice tra appestati e lebbrosi, altrimenti che si dovrebbe dire del caso Osimhen? Mi pare che il fatto risalga a quasi 2 anni fa e Chinotto sta ancora dormendo.... Della vicenda in questione, Topoqualcosa, non bisogna farsi il sangue amaro, è solo "uno sbaffo di escremento su un lacero tessuto che scivola sul mare tra milioni di tonnellate di liquame" (cit). Impuniti da sempre, autocelebrativi in maniera demenziale, prima o poi torneranno nel loro alveo di mediocrità e ridicolaggine. E a quel punto chissenefrega di Chinè, Gravina e compagnia cantante. La nostra preoccupazione principale dev'essere quella di avere una proprietà forte e seria. Buona giornata
  4. Puoi starne certo: se c'è da tirare pugnalate ai propri tifosi, la nostra società si mette in prima fila. Voteranno per lui o per il suo fantoccio, Bonomi mi pare si chiami: un altro cartonato
  5. Caro amico, ricordo bene quel periodo. Per non andare off topic, posso dire che allora come oggi il problema principale era ed è sempre il solito: il diverso peso dato alle notizie se di mezzo c'è il mondo Juve piuttosto che quello delle altre squadre. In ordine sparso: vicenda doping, calciopoli, plusvalenze, acciaio scadente dello stadio, scommesse, esami Suarez, perquisizioni in sede, rapporti con malavitosi della curva, Ronaldo con la battona-americana, problemi con la giustizia di Padovano, Iaquinta, Cuccureddu, e senz'altro dimentico qualcosa. Tutte notizie a cui è stato dato ampio risalto dai media principali, nei telegiornali ed addirittura durante programmi di altra natura, con un taglio accusatorio e persino diffamatorio. Le notizie che riguardano gli altri, con poca risonanza mediatica o addirittura nascoste. Fa ridere leggere commenti di chi ci da dell'ossessionato. Sono d'accordo sul fatto che è ridicolo sperare che in questa vicenda sia coinvolto un cartonato, chiunque esso sia va perseguito penalmente, licenziato, persino sottoposto ad un rigido programma di rieducazione nelle patrie galere. Ma è indubbio che se fosse coinvolto un giocatore della Juventus, se ne parlerebbe in maniera assai più approfondita, e di certo non mancherebbe il biasimo verso la società Juventus. Ed invece ne parla solo Giletti, in tarda serata ed in maniera criptica. Fanno schifo. Una buona serata
  6. ricordate il video di Cannavaro che si faceva una flebo? rideva e scherzava, facendo la faccia da tossico, ma il taglio che se ne volle dare era quello di farlo passare come un dopato. All'epoca la Rai non si fece nessuno scrupolo a mandare le immagini in onda, anche perchè il buon Fabio giocava nella Juventus. E pazienza se le immagini erano state registrate quando giocava nel Parma. Io apprezzo Giletti, secondo me sta anche rischiando l'incolumità personale, ma se hai certe immagini le devi far vedere. Altrimenti non ne parli affatto
  7. peccato che adesso ci lavori per quelli che, pur essendo lerci come una fogna, le pietre te le lanciavano addosso. La depressione è una brutta bestia, fa sempre impressione sapere che persone ricche e famose possano cadere in questo vortice. Alcuni ci hanno persino lasciato le penne. Contento per lui che ce l'abbia fatta. amico, verissimo che calciarono da schifo, ma diciamo anche che al loro portiere fu concesso di uscire un paio di metri dalla riga di porta.... Il buon Gigi, secondo me, non è stato impeccabile solo nella finale persa con il Real. Anche contro il Barcellona tenne in piedi la baracca in un primo tempo dove fummo presi a pallate. Meritava la Champions, è andata così. Magari la vinceremo con un mediocre in porta.....
  8. la zebra stilizzata è bellissima. Molto meglio di Jj. Si sa se ne fanno una con colori invertiti (nera con strisce, logo adidas e zebra bianca)?
  9. certe dinamiche non vanno spezzate. I figli di Maldini devono andare al milan I figli di Del Piero alla Juve. Quelli di Totti alla Roma. i figli di *, tutti all'inter. Sono un sentimentale
  10. Il clima si incendia solo se toccano le protette (quindi mai, al Napoli non avrebbero mai dato il rigore contro se al posto dei cartonati ci fosse stata un'altra squadra); normalmente si tratta di fuocherelli che durano un paio di giorni. Se c'è di mezzo la Juve danneggiata, nemmeno una scintilla: ci rispondono prendendoci pure per il * (l'errore c'è, ma nessuno ha sbagliato). Se l'errore è a favore nostro, apriti cielo. Film già visto. Rocchi, fammi un favore: togliti di mezzo, lascia l'aria a qualcuno di più meritevole
  11. "Juve, storia di un grande amore Bianco che abbraccia il nero Coro che si alza davvero Juve per sempre sara' Oggi avrebbe compiuto 90 anni il Dottor Umberto Agnelli. Un binomio, Juve/Agnelli, che ci ha portato a trionfare in Italia e nel mondo. In un giorno celebrativo come questo, non voglio fare paragoni con la situazione attuale. Dico solo che mi mancano. Buon primo Novembre
  12. D'accordo sull'avere pazienza, ridicolo criticare dopo così poche partite. Certo ci si aspetterebbe qualche progresso, ma al momento anche i troppi infortuni condizionano la stagione. Dal mio punto di vista la paura maggiore, per gli anni a venire, è quella di avere una squadra che vivacchi nel medio alto anonimato: con giovani di belle speranze usati prevalentemente per far cassa e scarponi spacciati come campioni, anche Guardiola e Klopp non vincerebbero una mazza.
  13. All'epoca (2006) avevo un conoscente (interista all'acqua di rose) che lavorava al CNAG (Centro Nazionale Autorizzazioni Giudiziarie) di Telecom. Un giorno lo incontrai in metropolitana, e ridendo gli dissi "siete riusciti a mandarci in serie B, brutti str...!" Impallidì, mi pregò di non farsi sentire e aggiunse: non hai idea dello schifo che hanno messo su, non solo per il calcio. Lui smise di seguire il calcio, anche se la sua squadra vinceva, dicendomi che facevano tutti schifo. Io sono ancora qui, sempre più incazzato. E sempre più consapevole che se l'algido signorotto dal cognome straniero non ha voglia e mezzi per scatenare una battaglia uguale e contraria a quella che negli anni ci hanno fatto, la faranno sempre franca. un saluto
  14. Speriamo sia il punto di svolta, la nascita di un grande giocatore, il fuoriclasse che ci guidi verso i grandi trionfi. Mammaliturchi
  15. Tardelli avrà comunque preso dei soldi per fare la comparsa, e dire qualche ovvietà. Poteva rifiutare e starsene a casa; di che cosa pensava parlassero, dell'urlo in Spagna nel 82? Giletti lo incalzava sul fatto che le intercettazioni (fornite da Gratteri alla procura di Milano) nelle quali si evidenziava l'interesse della malavita per il business che ruota intorno a San Siro, fossero a disposizione degli inquirenti meneghini dal 2018, e nessuno a quanto pare ha mosso un dito. Se si aspettava che quel pesciolone di Tardelli dicesse che anche in procura ci sono personaggi dormienti, magari spaventati dal fatto che scavando si potesse venire a conoscenza di collusioni mafiose con le società milanesi, ha proprio sbagliato persona. È comunque l'unico (Giletti) che qualcosa dice, nel silenzio omertoso di tutti media principali. Bravo
  16. non conosco le cifre; non so quindi quante magliette delle 3 maggiiori squadre italiane vengano vendute negli States. Credo comunque poche, a prescindere. Forse meglio puntare al mercato asiatico. Ma francamente sono troppo contrariato per farne un un'analisi delle vendite Giusto. Ed io infatti sarei disposto a spendere ogni anno la giusta cifra per una maglia che mantenga viva la tradizione. Francamente quelle con inserti rosa o gialli, a zigzag, a Palio di Siena, fanno male allo stomaco.
  17. Definizione merchandising: L'insieme delle attività dirette a promuovere un prodotto quando questo ha raggiunto il punto di vendita. Ci si chiede: ma chi è che ha il coraggio di pubblicizzare cotanta schifezza? E soprattutto: ma quante pensano di venderne? Comincio a pensare che sia in atto una campagna di sabotaggio interna. Ma * Santo, cosa ci vuole a farne una così? Semplice, senza fronzoli, bianconera e juventina. "Mandiamoli in pensione i direttori artistici" diceva un grande cantante; io queste menti eccelse le manderei in miniera
  18. Non solo. Vuole far intendere che senza rigore non l'avremmo mai sbloccata. Pazienza se domini il match, chissenefrega se tiri in porta 50 volte contro un paio di conclusioni degli avversari, quello che negli anni hanno fatto passare come dogma assoluto è che la Juventus sia la squadra più beneficiata dai calci di rigore, in termini numerici ed in termini di assegnazione in momenti topici della partita. Mai nessuno che tiri fuori una statistica, semplici numeri che possano confutare questa tesi. Io l'ho fatta, questa statistica. 30 anni di rigori (dall'avvento della Triade, per intenderci) alle 6 squadre principali. Ed i numeri raccontano una storia molto diversa da quello che vogliono farci vedere. Mistificazione della realtà: siamo in Corea del Nord
  19. Non solo battutine, meglio rinfrescare la memoria (anche a me stesso, nel caso che i media classici si dimenticassero di scriverlo): 2017 - Caso Bagarinaggio Juventus A marzo 2017 scoppia il caso sui rapporti tra alcuni dirigenti della società calcistica Juventus, tra cui Andrea Agnelli ed esponenti della 'ndrangheta piemontese (i Pesce), in particolare Rocco Dominello che è stato anche capo-ultra del gruppo "I drughi", per la vendita di biglietti per le partite di calcio attraverso la pratica del bagarinaggio. Nasce così una indagine sportiva della procura federale della FIGC. Il 30 giugno 2017 si conclude il processo Alto Piemonte in cui vengono condannati Saverio (ora dissociatosi dalla 'ndrangheta) e Rocco Dominello, con 12 anni e due mesi di carcere al primo e sette anni e nove mesi al secondo per aver fatto da intermediari all'attività di bagarinaggio delle partite della Juventus a Torino . Il 15 settembre riprende il processo sportivo della FIGC in cui sono accusati di aver commesso illeciti con gli ultra Andrea Agnelli, il security manager Alessandro d’Angelo, il responsabile della biglietteria Stefano Merulla e l’ex direttore commerciale Francesco Calvo. Andrea Agnelli viene condannato ad una squalifica di un anno, di cui sconta 3 mesi, fino a quando il 19 dicembre 2017 la corte federale d'appello della FIGC decide di far terminare la squalifica e lo obbliga a pagare 100.000 euro e sanziona la società Juventus per 600.000 euro. fonte: wikipedia Provo a ricordare, la "verità" raccontata dai giornali e dalle televisioni era grossomodo questa: la Juventus ha trattato con la ‘ndrangheta, esiste un’intercettazione che inchioda il presidente Agnelli dimostrando il suo coinvolgimento. L’intercettazione è stata riferita dall'allora procuratore della Figc, tale Giuseppe Pecoraro, addirittura di fronte alla commissione Antimafia. Costui (Pecoraro) fa riferimento ad una conversazione tra Agnelli e il capo della sicurezza della Juve, dove si parla di Dominiello e si dice che bisogna parlargli... Peccato che questa conversazione NON ESISTA! e chi lo dice? il Pecoraro stesso, ad aprile 2017, che di fronte a Rosy Bindi (presidente della commissione, che aveva chiesto conto a DIA e ROS delle registrazioni, ricevendo risposta negativa sula loro esitenza), cambia versione dicendo che non si è trattato di un testo di una conversazione ma di un’“interpretazione” data dai pm. PM che successivamente controbatte che "non esiste nessuna interpretazione". Come finisce? Che Pecoraro affermi che comunque non sia da escludere una conoscenza da parte di Agnelli del Dominiello, e che la Bindi dica che "le mafie arrivano persino a toccare la Juventus". Dello sputtanamento, del fango, della gogna in fondo a chi gliene frega? stiamo parlando di quei delinquenti juventini.... E a livello sportivo? si è proseguito ugualmente, condannando Agnelli (come ho riportato più sopra) per aver intrattenuto rapporti con i tifosi favorendo il bagarinaggio di biglietti e violando il codice di giustizia sportiva. Accusa per altro non contestata dalla Società, spiegando che si trattava di rapporti per lo più finalizzati alla tutela dell'ordine pubblico all'interno dello stadio. Viene il voltastomaco a ricordare, poi vennero anche il caso Suarez, dove volevano condannarci per la vicenda di un calciatore che non aveva e non avrebbe mai indossato la casacca bianconera, e le plusvalenze, dove invece colpirono molto bene il bersaglio. E qui dentro c'è ancora chi dice che non siamo sotto perenne attacco... un saluto
  20. juventino milanese

    I 70 anni di una leggenda bianconera: Marco Tardelli

    Forse in giornata verrò smentito, ma trovo incredibile che la nostra Società, così tanto attenta alle comunicazioni social, non abbia ancora fatto gli Auguri ad una leggenda Juventina. Potrà persino risultare antipatico quando lo si ascolta in televisione, ci saranno state incomprensioni, ma è indubbio che abbia scritto pagine importanti della nostra Storia, senza dimenticare il Mondiale da protagonista nel 1982. Si fanno gli Auguri a meteore e fuggiaschi, ci si dimentica di chi ha vinto questo: Campionato italiano: 5 Coppa Italia: 2 Coppa UEFA: 1 Coppa delle Coppe: 1 Supercoppa UEFA: 1 Coppa dei Campioni: 1 Colonna portante di uno dei più forti reparti centrali che abbia mai visto giocare, Auguri Marco Tardelli per i tuoi 70 anni! Vi riporto un bell'articolo tratto da "Storie di calcio": Capanne, paesino abbarbicato sulle Apuane, provincia di Lucca. Marco ci nasce nel 1954, e ci cresce, come ha più volte raccontato, «in serena povertà». Infanzia modesta eppure felice, padre operaio all’Anas, lui ultimo di quattro fratelli, tutti maschi, tutti innamorati di calcio. Oddio, a Marco preme soprattutto correre, dicono abbia l’atletica nel sangue. Ma si muove bene anche sui campi da calcio, non fosse per quel fisico esile, gracilino. Cinquantanove chili, quando arriva a Pisa. Nonostante tutto, il suo nome è finito sul bloc-notes di parecchi osservatori, e la società nerazzurra lo acquista per settantamila lire. Primi passi nelle giovanili, e un mestiere per consumare il tempo libero e mettere in tasca qualche lira: fa il cameriere in un ristorante-albergo a due passi da piazza dei Miracoli. Un’esperienza da ricordare anche più tardi, quando gli diranno che il calcio è gioia, ma anche sacrificio. «Io correvo molto, in campo, e la notte prima di una partita non chiudevo occhio, ero sempre in tensione. Niente, in confronto a quando correvo da un tavolo all’altro e mi spiegavano che col tempo mi sarebbero venuti anche i piedi piatti». Pisa è l’inizio dell’avventura, il debutto in C dal ’72 al ’74, le prime battaglie. Pisa è un posto da non lasciare mai più, nei pensieri del giovane Marco. Invece, a vent’anni, arriva la chiamata del Como, e il ragazzo parte per il primo viaggio importante lontano da casa. Ambientarsi è dura, e lo sarebbe ancor di più se non ci fosse qualcuno ad aiutarlo. Si chiama Pippo Marchioro, quel qualcuno. Più che un allenatore è un secondo padre. «Persona stupenda. Appena possibile, mi metteva sul treno e mi spediva dai miei, a casa. Così non cadevo preda della nostalgia». Como e Marchioro (ma anche Beltrami, “diesse” di raro acume) significano molto di più, dal punto di vista professionale: a vent’anni, Tardelli è un bel gioiellino da lanciare sui campi di Serie B, e lui non si fa pregare: quelle sue corse a perdifiato gli regaleranno un soprannome mai troppo amato, “Schizzo”, e un biglietto d’ingresso al grande circo del calcio che conta. A fine stagione il Como conquista la Serie A, Marco l’attenzione dei grandi club. Ed eccolo, il primo (breve) in contro. Marco e l’Inter si sfiorano, si accarezzano e improvvisa mente si perdono di vista. Succede, appunto, in quell’estate del ’75. Succede, per l’esattezza, che il presidente nerazzurro Fraizzoli si fa avanti, offrendo al Como ottocento milioni a rate per il pezzo pregiato. Cifra da astronomi, per l’epoca. Sembra fatta, c’è un accordo di massima. Ma di colpo lo scenario cambia: gli ottocento milioni nelle casse del Como ci entrano, ma arrivano da Boniperti, che si presenta davanti a Beltrami deciso a chiudere l’affare in quattro e quattr’otto. Col contante in valigia. Marco Tardelli, aspirante nerazzurro, si veste di bianconero. Della Juventus scriverà un pezzo di storia. Inizia alla corte di Carletto Parola, un anno dopo si ritrova tra le mani di Giovanni Trapattoni. Resterà a Torino dieci anni, quanto basta a riempire una bacheca di trofei, una carriera di attimi indimenticabili. Dentro il baule dei ricordi finiranno cin­que scudetti, una Coppa Uefa (vinta anche grazie a un suo gol nella partita di andata, a Torino, della finale contro l’Atletico Bilbao), una Coppa delle Coppe. Oltre a quella Coppa dei Campioni tanto attesa e poi altrettanto maledetta, quella gioia trasformatasi subito in dolore nella notte dannata dell’Heysel. Il primo anno bianconero Marco lo vive da difensore. Parola, dopo qualche turno di panchina, lo manda in campo sulla fascia sinistra. Un terzino fuori dalle regole, sempre proiettato verso l’area avversaria, caratteristica che in fondo aveva evidenziato anche a Como. È un anno amaro, un campionato perduto quando ormai sembrava vinto, e lo scudetto finisce sulle maglie dell’altra Torino, quella di fede granata. Ma Boniperti non si pente del suo acquisto. In campo, il giovane terzino d’attacco Tardelli è uno dei migliori. Al debutto in Serie A. si è guadagnato in fretta un posto da titolare strap­pandolo a Spinosi, uno del giro azzurro. Crescerà, con l’avvento del Trap. Diventerà un leader naturale, il prototipo del giocatore completo e moderno. Capace di destreggiarsi in qualunque ruolo, in qualunque zona del campo, senza perdere smalto, lucidità, continuità. Capace di marcare l’avversario aggredendolo, logorandolo, trasformandosi ogni volta da sorvegliante in sorvegliato speciale. Nella Juve del Trap, quella delle grandi conquiste, diventa centrocampista arretrato, e trova spesso anche la via della rete. I suoi compagni di reparto si chiamano Causio, Furino, Benetti. Probabilmente il centrocampo più forte della storia bianconera, un posto incantato dove convivono fantasia e grinta, tecnica e potenza. Arriva lo scudetto dei 51 punti, ne arrivano altri quattro. Quel centrocampo, escluso Furino, è lo stesso della Nazionale azzurra al Mondiale argentino del ’78. Quella Juve è il sogno dei tifosi, e Marco Tardelli ne diventa il simbolo. Lui e la sua impossibilità di essere normale, lui e la sua insonnia, lui e quelle urla di gioia che sono un rito e anticipano quello più forte, più acuto, più bello. Il rito che diventerà mito. Sette anni dopo quelle prime apparizioni in bianconero, Marco Tardelli è un’icona del calcio italiano. Il Mondiale di Spagna, nell’82, è la sua seconda volta, dopo l’avventura argentina. Ci arriva con un altro padre calcistico che gli segnerà la carriera di giocatore e, in seguito, quella di allenatore. Insomma, la vita. Enzo Bearzot costruisce intorno a sé un gruppo felice e vincente, nonostante la partenza difficile e quel silenzio-stampa che è difesa nei confronti del mondo fuori, ma che all’inizio non contribuisce a riscaldare i cuori e i rapporti. Ma il gruppo va avanti, i due “coyotes”, quelli che non dormono la notte, Tardelli e Conti insomma, sono tra i trascinatori in campo e fuori, e il “Vecio” trova tra le zolle dei campi di Spagna la pepita d’oro Paolo Rossi. Non è questione di fortuna: i risultati premiano le scelte di Bearzot, che si porta dietro giocatori eclettici, fedeli alla causa. In quei giorni Tardelli, che a ventott’anni sta vivendo gli anni della maturazione calcistica, probabilmente immagazzina nozioni che gli serviranno anche dopo aver chiuso la carriera di giocatore: «L’avventura in Spagna è stata fantastica. Quell’esperienza mi ha insegnato che un gruppo unito può superare qualunque difficoltà». Appunto. Il resto è tutto scritto in quella fotografia, un attimo consegnato alla storia: 11 luglio 1982, lo stadio Bernabeu stracolmo, quel passaggio illuminante del povero Scirea, il tiro che beffa Schumacher e che vale il 2-0, la corsa gridata, infinita. Destinata a resistere al tempo, come le mani alzate di Zoff che stringono la Coppa. L’urlo di Marco è l’urlo di uno del popolo, quello baciato dalla grazia che sta lì, in campo, a nome di tutti. Immortale anche per questo. Marco torna in Italia da campione del mondo, ed è sempre lui. Sanguigno, combattivo. Arriva da eroe, pochi mesi più tardi è già considerato un traditore della patria. Di quella bianconera, nel caso. È lui, insieme a Gentile e Furino, l’ispiratore del gran rifiuto di Casale. Boniperti propone il solito contratto pronto da firmare, i tre dicono no e chiedono l’adeguamento nei confronti di quelli dei campioni stranieri. Alla Juve, fino a quel momento, si firmava in bianco. Dalla tradizione alla rivoluzione. «Mai avuto niente contro i giocatori stranieri, mai stato razzista. A Boniperti chiesi semplicemente perché noi, campioni del mondo, dovevamo andare in campo e guadagnare la metà degli stranieri?». La difesa della buona scuola italiana. Ieri come oggi, da calciatore come da tecnico. Chiamiamola pure coerenza. Insomma, questa è la prima crepa in un rapporto che sembrava destinato a durare eternamente. Che va avanti, comunque, perché Marco in bianconero vince ancora tanto: la Coppa Italia dell’83, scudetto, Coppa delle Coppe e Supercoppa europea l’anno successivo, fino al giorno del grande trionfo e della grande tragedia, della prima Coppa dei Campioni bagnata nel sangue, della folle finale di Bruxelles nell’85. L’ultima stagione è quella delle incomprensioni con Giovanni Trapattoni. Il tecnico, che ne intuisce il naturale declino, lo vede meglio in un raggio d’azione circoscritto. Praticamente lo utilizza da terzino destro. Sono discussioni, come sempre succede quando si scontrano due personalità forti. Ammette, e non gli costa fatica: «Il tempo ti fa capire tante cose. Forse lui non sbagliò a tenermi arretrato: ero più vecchio, potevo risparmiarmi e inserirmi con maggiore lucidità». Marco e la Signora continueranno ad amarsi, ma si comportano da amanti traditi. Lui saluta senza polemiche, ma sentendosi, di fondo, incompreso. Chiude con 239 gettoni di presenza (e 35 reti) in maglia bianconera. Una leggenda. Il destino lo rimette sulla strada dell’Inter, con un contratto faraonico per l’epoca. Settecento milioni a stagione per due anni. Non è più l’Inter di Fraizzoli, che lo aveva tra le mani e se l’era lasciato sfuggire. E quella di Pellegrini, che vuole giocatori motivati e vincenti e fa follìe per Tardelli, ma anche per Marangon e Fanna. Che non vince nulla quell’anno con Castagner (poi rilevato da Corso) in panchina, né ci riuscirà con l’avvento di Trapattoni. Ecco, un altro scherzo del destino: Marco e il Trap ancora una volta insieme. Problemi? Mai, perché il vecchio maestro non è uno che serba rancore. Semmai è la sorte, improvvisamente nemica, a decidere il declino del campione. Nel primo anno nerazzurro del Trap, Tardelli incappa in una serie incredibile di contrattempi e infortuni. Si frattura addirittura entrambe le mani, in momenti diversi. E un momento delicato della carriera, e lui così abituato a combattere deve passarlo a maledire il desti no. Due stagioni a Milano, avarissime di risultati e gioie. Pochi ricordi buoni, su tutti la doppietta contro il Real Madrid nella semifinale di Coppa Uefa, nel l’aprile dell’86: un altro 3-1, come quello del Bernabeu, un’altra gioia seppur meno intensa. In mezzo, giorni da dimenticare, e alla fine della stagione ’86-87 un addio quasi obbligato. Pellegrini e il diesse Beltrami, lo scopritore del giovane Tardelli a Como, gli offrono un’altra stagione da trecento milioni, lui preferisce chiudere e sembra un addio al calcio giocato. Invece, ci sarà un’appendice. Lo chiamano dalla Svizzera, il San Gallo gli offre una maglia da titolare. Da quelle parti, a Losanna, c’è già un altro mito del calcio italiano e delle magiche notti di Spagna, Giancarlo Antognoni. Marco dice sì, si butta nell’avventura col solito impegno. Durerà poco. Contrasti col mediocre tecnico Markus Frei, che soffre una presenza così ingombrante nello spogliatoio, accelerano la fine della strana storia. Ma è soprattutto un problema di stimoli: «In fondo, è stato un anno divertente. Dovevo restare a San Gallo per due stagioni, ma a un certo punto mi sono accorto che avevo sempre la stessa voglia di allenarmi, ma non più quella di scendere in campo alla domenica. E allora ho detto basta». Ha trentaquattro anni, il calcio continua a provocargli insonnia e angosce, ma è lui il primo a sapere che il calcio non può che continuare a essere la sua vita. Dopo il ritiro dal calcio giocato inizia per lui la carriera di allenatore: Italia Under 16, poi Como, Cesena e dal 1997 Commissario Tecnico dell’Italia Under 21, con la quale diventa campione d’Europa nel 2000. Passato come allenatore dell’Inter nella stagione 2000-2001, da quel momento inizia per lui un momento sfortunato: esonerato alla fine della stagione a causa dei pessimi risultati ottenuti dalla squadra milanese (perse tra l’altro 6-0 col Milan in campionato e 6-1 col Parma in Coppa Italia). Stessa negativa sorte ebbero le esperienze con Bari, Egitto ed Arezzo. Nel giugno 2006 ritorno “all’ovile”: entra nel CDA della Juventus sulla lunga onda del rinnovamento imposto dalla vicenda di Calciopoli, ma si dimette dopo esattamente un anno a causa di opinioni discordanti con la dirigenza bianconera. Nel 2008 colpo di scena: ancora il Trap sulla strada di Tardelli: Giovanni gli offre il ruolo di vice-allenatore della nazionale dell’Irlanda, con l’obiettivo di riportare in alto il calcio irlandese, esperienza durata fino al 2013.
  21. juventino milanese

    I 70 anni di una leggenda bianconera: Marco Tardelli

    A ben pensarci, facendo le debite proporzioni, viene da ridere (o meglio ancora, da piangere) a pensare come siano cambiati i rapporti di forza tra giocatori e società. Un tempo Boniperti si poteva permettere di far firmare i contratti in bianco ai propri tesserati, donandogli certo fama ed immortalità, e sicuramente non facendoli morire di fame. Erano pagati bene, ma non in maniera spropositata. Oggi ci tocca tenere sul groppone modesti pedatori che guadagnano milioni di euro, pagando commissioni a faccendieri oscuri e procuratori dal dubbio background. Uno come Tardelli, nel calcio di oggi, quanto guadagnerebbe? Stipendio da TOP PLAYER sicuramente
  22. juventino milanese

    I 70 anni di una leggenda bianconera: Marco Tardelli

    Auguri anche a te!
  23. juventino milanese

    I 70 anni di una leggenda bianconera: Marco Tardelli

    Grazie diciamo che in tv, così come lo era in campo, non mi pare proprio un personaggio in cerca di "piacioneria". Per altro non ricordo nemmeno lodi sperticate durante i periodi migliori. Insomma, rude ma coerente. Proprio come piacciono a me.
  24. Il più pulito c'ha la rogna. Anzi, il più pulito è l'unico che viene penalizzato
  25. Baciamo le mani, don Vito. "Gli farò un'offerta che non potrà rifiutare" Personaggio grottesco, degno rappresentante del nostro calcio. Se non ti stanno bene le cose, denunci. E non parli solo quando ti fa comodo.
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