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  1. Il 5/2/2024 Alle 10:42, 29 MAGGIO 1985 ha scritto:

    Caro amico, buongiorno. 

    Sperando di farti cosa gradita ti passo questo più che esaustivo ed amaro " riassunto " inerente quella che fu la reale e perfida causa che, ahimè,

    troppo presto ed in maniera infida, " rubò " all'affetto dei suoi cari ed alla nostra " Juventus " la vita ad un " Uomo " con la " U " maiuscola che, oltre che

    essere stato un giocatore di gran spessore, aveva in sé i crismi per poter assurgere al ruolo di grande allenatore. 

     

    Rammento altresì la pessima figura che fece Fabio Capello, il quale, incredibile ma vero, fece intendere che Armando Picchi millantava una malattia. 

     

     

    - Tratto da " Storie di Calcio " ... .ehm

     

    Maggio 1971: Dopo una vita passata all’Inter, Armando Picchi si avviava ad una carriera da allenatore di successo con la Juventus. Purtroppo non fu così…

    Un rimpianto condiviso dai tifosi dell’Inter, per i quali il cam­pione livornese rimane uno dei simboli della Grande Inter. Picchi era stato “scaricato” da Helenio Herrera ed era andato a chiudere la carriera agonistica nel Varese. In modo così brillante da merita­re, pur in quella contrada calcisti­ca di provincia, la continuazione della sua avventura in Nazionale… E proprio la sua ultima partita in azzurro aprì il suo conto con la sfortuna.

    Il 6 aprile 1968 a Sofia, per l’andata dei quarti di finale degli Europei, l’Italia affrontò la Bulgaria e il libero azzurro Picchi patì un gravissimo incidente di gioco, riportando la frattura del tubercolo sinistro del bacino. In pratica, su quel terribile scontro si chiuse la sua carriera agonistica. Provò a riprendere, dopo la lunga convalescenza, ma non ci fu niente da fare.

     

     

    Così cominciò ad al­lenare, proprio a Varese, senza molte prospetti­ve. Se ne tornò nella sua Li­vorno, dove gli affidarono la squadra, a campionato di Serie B in corso, in pesanti difficoltà, e lui riuscì a risollevarla con mano felice fino al nono posto finale, di­mostrandosi tecnico abile e avve­duto. Giampiero Boniperti, appe­na nominato amministratore dele­gato, avviava alla Juventus, nel­l’estate del 1970, un radicale rin­novamento, rastrellando i giovani migliori sul mercato con l’aiuto di Italo Allodi. Tra i nuovi arrivati, gente come Capello, Causio, Bettega.

     

    L’uomo nuovo cui affidare quella nidiata di potenziali cam­pioni venne individuato in Arman­do Picchi. Una scelta audace, che si rivelò, dopo qualche settimana di rodaggio, felice. Picchi si am­bientò benissimo a Torino e riuscì subito a dare un volto alla squa­dra, pilotandola verso una stagio­ne di assestamento in campionato, ma anche di grandi soddisfazioni europee, col cammino sicuro in Coppa delle Fiere, progenitrice della Coppa Uefa. Un ombra cupa, tuttavia, ne seguiva sinistramente il cammino.

     

    Il tecnico non era sereno: da metà ottobre la giovane moglie France­sca, dopo aver dato alla luce il secondogenito, versava in cattive condizioni di salute, fino a correre pericolo di vita e il tecnico dopo ogni alle­namento si recava al suo capezzale a Milano, in un tour de force che gli scavava visibilmente i lineamenti. Poi, ristabilitasi la consorte, toccò a lui e accadde l’irreparabile. Il 7 febbraio 1971 a Bologna, durante la partita coi rossoblu, Picchi si levò dalla pan­china per protestare con l’arbitro. Inflessibile, il fischietto (Gaetano Mascali) lo cacciò dal campo. Picchi, uomo di esemplare corret­tezza, uscì a capo chino, col cuore in tumulto.

     

    Nessuno poteva imma­ginare che se ne stesse andando, oltre che da una partita di calcio e da un terreno di gioco, dalla stes­sa vita.Il 2 febbraio, cinque gior­ni prima di Bologna, aveva rivela­to ai cronisti di aver avvertito do­menica 3 gennaio, in panchina al Comunale contro la Lazio, un for­te dolore alla schiena; aveva attri­buito il male alla rigida tempera­tura (tredici sono zero), ma nessu­na cura era stata in grado di de­bellarlo e col passare dei giorni il male si era fatto così fastidioso da impedirgli di dirigere l’allenamento. Una prima diagnosi aveva par­lato di “mialgia sottoscapolare di probabile origine reumatica”, consi­gliando al tecnico un periodo di cure e riposo. Picchi vi si era sottoposto, lasciando che in campo a dirigere l’allenamento andasse, sotto la sua supervisione, Sentimenti IV.

     

    Due giorni dopo l’espul­sione del 7 febbraio, si presentava all’allenamento: «Sono quasi guarito – annunciava ai cronisti – domani torno in campo». La mattina dopo vestiva la tuta e diri­geva il suo ultimo allenamento: quando lasciava il campo il dolo­re alla schiena era rispuntato tal­mente acuto da imporgli una sosta di un ora e mezza negli spogliatoi. Si recò allora a Milano, nella clinica dove fino a poco tempo prima era stata curata la moglie per sottoporsi a una serie di esa­mi. Il 10 mattina si recò al campo per l’ultima volta: parlando coi cronisti, l’abituale cortesia non riuscì a nascondere la sofferenza che gli tirava i lineamenti del viso. Quella notte i dolori aumentarono e i medici decisero di ricoverarlo in clinica. Il 12, venerdì, su un quotidiano romano, Fabio Capel­lo, giovane centrocampista della squadra, non sospettando evidentemente nulla, rilasciava dichiara­zioni polemiche anche nei con­fronti del tecnico.

     

    Il 14, mentre nessuno sospettava alcunché di grave, i giornali annunciavano improvvisamente il cambio della guardia in panchina: “Armando Picchi questa mattina è entrato in una clinica torinese per sottoporsi ad una serie di prove e di esami di laboratorio che dovrebbero dar modo ai medici di scoprire l’esat­ta natura del male alla schiena che da una quarantina di giorni affligge il tecnico juventino. Negli ambienti della società bianconera si spera che nel giro di pochi gior­ni l’allenatore possa essere dimes­so per riprendere in piena effi­cienza l’attività.
    È certo tuttavia che Picchi non potrà seguire la squadra mercoledì prossimo a Enschede, dove la Juve disputerà il retour match dei quarti di finale della Coppa delle Fiere. Fin quan­do il trainer titolare non sarà ri­stabilito, la conduzione della squadra toccherà a Cestmir Vycpalek, che nell’estate scorsa era tornato a far parte della Juventus, assumendo la responsabilità dei giovani bianconeri acquartierati a Villar Perosa. Prima di affidarsi ai medici, Armando Picchi nella tarda serata di ieri si è recato nel ritiro della Val Chisone per pren­dere temporaneo congedo dai suoi uomini”

     

     

    Un ultimo, significativo gesto restava a Picchi, prima di venire inghiottito dal suo male terribile. Benché sofferente, lasciò la clinica per recarsi a Villar Perosa assieme a Boniperti e Allodi, cui toccava il “processo” a Capello per il suo sfogo polemico. Il regi­sta avrebbe dovuto esser messo fuori squadra, ma il tecnico, pur primo bersaglio delle critiche («Una chiacchierata confidenziale con un amico» si scusò il giocatore), assunse la difesa del futuro campione, lo giustificò e ottenne che la pu­nizione venisse limitata a una forte multa.

     

    Sui giornali apparve dopo qualche giorno una nuova notizia: un primo con­sulto tra specialisti annunciava che Armando soffri­va di una “radicolonevrite cervico-dorsale” e che nel giro di otto giorni sarebbe potuto tornare al­l’attività. Ma le cure non sortirono effetto alcuno. Qualche giorno dopo, in un consulto tra specialisti, veniva avanzata l’ipotesi che il ma­lanno avesse origine tumorale e infine il 19 febbraio Picchi veniva sottoposto a intervento chirurgi­co, la “resezione del sesto nervo intercostale“, mentre la situazio­ne clinica precipitava. Il suo cal­vario era avviato.
    Dopo pochi giorni la società comunicava ai cronisti, in un incontro riservato, che il destino di Picchi era segna­to: forse come lontana conse­guenza del terribile infortunio os­seo che gli aveva troncato la car­riera, il tecnico soffriva di un ma­le incurabile. Il club bianconero pregava tuttavia che nulla fosse propalato, che nulla apparisse sui giornali che avrebbero fatto com­pagnia a Picchi e alla sua fami­glia nei drammatici giorni a veni­re. Una sorta di pietosa omertà che venne da tutti rispettata. Ar­mando Picchi aveva poco meno di 36 anni, una bella moglie, due figli, Leo e Gian Marco, meravi­gliosi. Confermata la terribile diagnosi, dalla clinica torinese in cui era ricoverato venne trasferito sulla riviera ligure, in una villa tra i pini, a San Romolo, la “Bai­ta bella”, di proprietà di Adolfo Tinelli, commerciante torinese. 

     

     

    Le sue condizioni erano dispera­te, i medici impotenti. Le settima­ne passavano. A primavera si de­cise di affidarlo alle cure di Ingeborg Stern, una studiosa tedesca di scienze orientali. In un primo momento si diffuse addirittura la voce che le pratiche yoga avesse­ro procurato un miglioramento delle condizioni del tecnico. Un fuoco di paglia. A metà maggio, l’aggrava­mento ulteriore, tra sofferenze pe­santi, l’estrema unzione del par­roco di San Romolo e infine la morte, alle 16 del 26 maggio.

     

    Poche ore dopo, la Juventus di Picchi, affidata a Cestmir Vycpalek, affrontava il Leeds nel­la finale di andata della Coppa delle Fiere. Era una serata triste, affogata nella pioggia, che impose la so­spensione del match al 6′ della ripresa, sullo 0-0.Nessuno tra i giocatori sapeva. La partita an­dava ripetuta venerdì 28: quel giorno, accanto all’annuncio del match, i giornali riportavano un’altra notizia: “Picchi è morto. Stroncato da un male incurabile, l’ex cam­pione dell’Inter e allenatore della Juventus è spirato a Sanremo, do­ve si era trasferito da un paio di mesi. I funerali avranno luogo stamane a Livorno“.

     

    Fu una spe­cie di bomba. In realtà, Armando aveva cessato di vivere nel pome­riggio del 26, ma i familiari ave­vano voluto tener nascosta la no­tizia fino al mattino dopo, per non influenzare i giocatori, impegnati nella partita. Nella mattinata del 28, Boniperti, assieme al presidente Catella e a una rappresen­tanza di giocatori (Tancredi, Cuccureddu e Roveta), è a Livorno a rendere omaggio alla salma. Il po­meriggio, alle 17,30, vengono ce­lebrati i funerali nella chiesa della Misericordia. La sera al Comuna­le di Torino si gioca in un clima di comprensibile mestizia. La replica della prima finale finisce 2-2. Il 3 giugno, a Leeds, i bianconeri pa­reggeranno 1-1 perdendo la Cop­pa, che avrebbero voluto dedicare al loro amatissimo e sfortunatissi­mo tecnico. 

     

    - P.S. - La Juventus perse quella Coppa senza, incredibile ma vero, aver perso nessuna partita : fu una vera e propria beffa ! 

     

    - P.S. - Ero sugli spalti del " Comunale " la sera in cui si giocò la, definiamola così, " prima finale di andata " :

    mai presa così tanta acqua in vita mia - dal niente, all'improvviso, " Giove Pluvio ", probabilmente in collera con qualcuno, 

    scaricò tanta .. ma tanta di quell'acqua da riempire da riempire un'oceano .. eppure, incredibile ma vero, il Barone Causio, 

    dall'alto della sua innata classe, in quella infida palude, riuscì ad elaborare 2/3 fantasmagorici numeri da tramandare ai posteri . 

     

    - P.S. - Ieri se ne sono " andati " 2 calciatori che ho sempre avuto in simpatia

     

    Giacomo Losi - cremonese che, in pratica, ha vissuto quasi tutta la sua vita a Roma - detto : " Er Core de Roma " 

     

    Kurt Hamrin    - giocatore svedese che ho sempre apprezzato - una sola stagione alla Juve - detto : " Uccellino " 

     

    Due grandi interpreti di un" Giuoco del Calcio " che, ahimè, non esiste più !

     

    Riposino in Pace entrambi - .salveStefano !

     

     

     

     

     

    La vicenda dell'Uomo così come descritta mi era completamente sconosciuta. La sua scomparsa avvenne quando ero troppo piccolo, ancorché tifoso. A casa mia ero purtroppo l'unico a seguire (si fa per dire) il calcio. Mio papà non era affatto appassionato. 

    Pensa che per la partita sospesa per pioggia, che se non ricordo male era trasmessa in TV, fui gentilmente ospitato dal vicino del piano di sopra.

    Questo per dire che il volo verso il Cielo del nostro allenatore non fu supportato da nessuna parola di circostanza...

    Per questo ti ringrazio.

    • Grazie 1

  2. 1 minuto fa, Manny Calavera ha scritto:

    Non c'è mai stata storia per lo scudo. Il problema è che i nostri ci credevano per davvero e questo li teneva uniti e gli faceva dare il 120%. Svanito questo sogno ci aspettano una serie di amichevoli o poco più. Conoscendoci ci areniamo definitivamente arrivando terzi. 

     

    Un peccato dopo un girone d'andata del genere ma tant'è. 

    Eh già. 

    Mi sa che a furia di dire che dobbiamo tener conto della distanza dalla quinta in chiave CL, il castello di certezze si è sbriciolato...

    Adieu


  3. Ma se facciamo troppi errori tecnici, sbagliamo gli stop più semplici, veniamo anticipati sistematicamente e siamo out sulle seconde palle...io non sono sicuro che la colpa sia esclusivamente dell'allenatore. 

    Più probabile la qualità tecnica dei nostri è inferiore a taluni avversari.

    Poca Juve.


  4. Io francamente smetterei di credere ad un eventuale crollo fisico. 

    Mi sembra il refrain dello scorso anno con i ciucci. Non cedettero mai nonostante tutti lo speravamo.

    Poi sono tornati nel loro limbo naturale.

    Dobbiamo cercare di ritrovare continuità nelle vittorie, non nelle prestazioni. 

    Poi vediamo. 


  5. Grazie Amico.

    Come sempre il mio modestissimo pensiero coincide con il tuo.

     

    7 ore fa, 29 MAGGIO 1985 ha scritto:

    molti tifosi cagliaritani, senza nulla a pretendere, distribuivano a destra ed a manca prodotti tipici sardi ad entrambe le tifoserie.

    Questa immagine mi ha colpito perché mi ha sbloccato il rimpianto per un calcio, dove aldilà del colore delle maglie, si poteva e si DOVEVA apprezzare le qualità tecniche e umane dell'avversario e andare allo stadio non era come andare in guerra.

    Rombo di Tuono se ne è andato.

    Viva Rombo di Tuono.

    P.S. me la ricordo quella partita, ancorché i miei siano ricordi un pò offuscati dall'età che avevo...


  6. Sono commosso e ho le lacrime agli occhi.

    Un giocatore eccezionale,  di quando il calcio non era quella mondezza che è diventato.

    Quando si poteva apprezzare un calciatore anche se non vestiva la tua maglia...

    Riposa in pace Rombo di Tuono.

    La nostra nazionale nei cieli è sempre più forte.


  7. 6 minuti fa, SuperT ha scritto:

    Grazie ragazzi. Grazie per quello che state facendo @@

    E non dimentichiamoci che a questa squadra mancavano stasera le possibilità di apporto di Chiesa, Rabiot, Kean e udite udite Fagioli e udite udite udite Pogba.

    Questi ragazzi vanno ringraziati anche alla faccia di chi afferma che la nostra rosa è superiore alle altre.

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  8. 14 minuti fa, Dario il grande ha scritto:

    Revoca dello scudetto e 15 punti in meno in classifica; la legge sportiva non fa sconti eccetto a Milano, ove per tradizione dona di tutto e di più; del resto tra Sciacalli, Jene e parassiti vari c'è piena solidarietà.

    Azz...ma allora i prescritti la stella di cartone ce l'hanno già appuntata sul petto.


  9. 2 ore fa, tiger man ha scritto:

    Sembra evidente che sia così 

    Io credo che abbiano alzato la qualità 

    Yildiz non perder palla manco se lo spari Mackennie Locatelli sono cresciuti tanto in personalità e qualità soprattutto il texano cambiaso è una fulmine di guerra e dietro i tre - quattro che ruotano mostrano una sicurezza ed una forza notevole che da sicurezza in avanti 

    A dimostrazione che l allenatore conta fino ad un certo punto con gli schemi . 

    Analisi che condivido e anzi rilancio...

    Yldiz davanti Mkinney a centrocampo e Cambiaso fluidificante...

    Tre innesti fissi (almeno due su tre), il gruppo, il ritorno al gol degli attaccanti,  la difesa granitica...

    Non succede, ma se succede

    • Mi Piace 1
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