( da Gazzetta.it - 24-Luglio-2007 ) -
Juve indistruttibile
Inizia l'era del Trap
Boniperti individua il tecnico che aprirà un ciclo. Arrivano scudetto in volata sul Torino e coppa Uefa. Lo scudetto-record del 1976-77 nacque dalla feroce voglia di rivalsa sul Torino campione d'Italia in rimonta l'anno precedente
La formazione della Juventus campione d'Italia '76-'77. Olympia
L'anno prima era successo qualcosa di assolutamente inconcepibile per Giampiero Boniperti. Non solo la Juventus aveva perso lo scudetto dopo aver dilapidato 5 punti di vantaggio ma a vincerlo erano stati i cugini del Torino. Così, quando si trattò di discutere con i giocatori gli ingaggi, il dirigente fece mettere nel suo ufficio una foto dello stadio di Perugia, dove i bianconeri avevano perso la partita decisiva all’ultima giornata.
RIVINCITA - La mostrava a chi osava discutere la cifra proposta dalla società per il rinnovo del contratto. Il bello è che Boniperti se la prese anche con Roberto Boninsegna che replicò. "Guardi che io l’anno scorso ero all’Inter". Lo scudetto-record del 1976-77 nacque da quella feroce voglia di rivalsa. E partì anche dall’ex attaccante nerazzurro, arrivato dopo il mercato, assieme a Romeo Benetti, nello scetticismo generale, al posto di Fabio Capello e Pietro Anastasi, scambiati con Milan e Inter. Perché puntare su un attaccante trentaduenne dato da molti per bollito? E come rinunciare a un regista? Se lo chiedevano, preoccupati, i tifosi durante quella lunghissima estate. A causa dell’Olimpiade di Montreal, il campionato cominciò solo ai primi di ottobre. Un’attesa ben ripagata, il torneo 1976-77 fu tra i più avvincenti del decennio, col duello fra la Juventus e il Torino conclusosi solo all’ultima partita.
SFIDA TRA TITANI - I granata andarono ancora meglio della stagione precedente, collezionando ben 50 punti su 60. Non furono sufficienti, la Juve arrivò a 51. Lo fece con una squadra di ferro, tutta grinta e muscoli. In difesa, Zoff era protetto da Cuccureddu, Gentile, Morini e Scirea, a centrocampo Benetti le giocò tutte, con Furino, Causio e Tardelli. Davanti, una coppia ben assortita con Boninsegna (10 gol) e Bettega (17). Una squadra indistruttibile che l’appena arrivato Trapattoni spingeva all’attacco su ogni campo, anche internazionale.
DOPPIETTA - Oltre allo scudetto, infatti, arrivò la coppa Uefa e quel trionfo fu salutare per tutto il calcio italiano, uscito con le ossa rotte dai Mondiali ’74 e neppure qualificatosi per la fase finale degli Europei ’76. Da quella Juve nacque, solo un anno dopo, la nazionale di Bearzot quarta ad Argentina ’78 prima dell’apoteosi di Spagna ’82. Rileggetevi la formazione della Juve ’76-77 e scoprirete che vi giocavano ben cinque futuri campioni del mondo. Ne allevavano un sesto, Antonio Cabrini, che debuttò in A proprio quell’anno.
NON C'E'ALTRO DA AGGIUNGERE CHE ALZARSI IN PIEDI- RINGRAZIARE - TOGLIERSI IL e :bravo ALL'INFINITO ! AL DI LA' DELLE QUALITA' BALISTICHE DEI SINGOLI INTERPRETI , UNA DELLE PIU' GRANDI , SE NON LA PIU' GRANDE , FORMAZIONE DELLA JUVENTUS !
- ZOFF-CUCCUREDDU-GENTILE/CABRINI-FURINO-MORINI-SCIREA-CAUSIO-TARDELLI-BONINSEGNA-BENETTI-BETTEGA :
12 ITALIANI DOTATI DI ATTRIBUTI E CONTROATTRIBUTI ... INEGUAGLIATI ED INEGUAGLIABILI !
-( da -Tutto Juve - 27/9/2013 - ) -
Gentile arrivò alla Juventus nell’estate del 1973 dopo una militanza, poco più che anonima, ad Arona (serie D) e Varese (serie B). Per trovar posto in prima squadra non incontrò grosse difficoltà, i problemi vennero in seguito.
«Inizialmente, ero l’alternativa a Furino, mi toccò fare il mediano, giocare cioè in un ruolo abbastanza atipico per me. D’altronde la concorrenza come difensore di fascia era terribile: c’erano Marchetti, Spinosi e Longobucco. Giocatori validi e senz’altro più esperti di me. Esordii in bianconero il 2 dicembre 1973 e fu una bella vittoria, 5-1 con il Verona. Giocai mediano e, almeno a quanto mi disse l’allenatore ed quanto lessi sui giornali, me la cavai benino e venni confermato. I veri guai iniziarono qualche mese più tardi, quando ormai venivo considerato più di una promessa. La forma incominciò a scadere, rischiai di uscire di squadra. Furono giorni bruttissimi. Mi dissi: è ora che dimostri di essere uomo oltre che giocatore. Fu la molla per risalire».
Una molla alla quale Gentile ricorse spesso,rendendosi conto che quella era l’interpretazione professionale giusta per continuare a vestire la maglia juventina:
«Giocare nella Juventus, non è né facile né difficile, come vorrebbe qualcuno. Però se non sei uomo, vai sicuramente a fondo. Perché si è condannati a vincere sempre e non ci si può mai permettere di sbagliare. Non è vero che alla Juventus ti vengono chiesti maggiori sacrifici sul piano fisico: l’unico vero guaio è se non riesci a farti la mentalità vincente. Ho visto tanti, più bravi di me, naufragare per non aver retto lo stress psicologico. Io, posso dire di non dover niente a nessuno. A Varese, ad esempio, né Sandro Vitali, né l’allenatore Maroso si accorsero mai di me. Le loro attenzioni erano piuttosto rivolte a Manueli, Calloni e Gorin. Per loro, io ero uno che aveva soltanto tanta volontà».
L’emozione del primo derby.
«Mi toccò marcare Claudio Sala, l’elemento più difficile da controllare, perché non sapevi mai dove ti poteva scappare via. Me la cavai benino».
Facendo leva sulla propria grinta e determinazione, Gentile ha dunque costruito la sua carriera juventina vincendo tutto eccetto la Coppa dei Campioni: al suo attivo sono 6 scudetti, 2 Coppe Italia, un Mundialito, una Coppa Uefa, una Coppa delle Coppe. Tanti, naturalmente, i ricordi.
«La mia stagione magica fu quella 1976/77. Trapattoni era convinto delle mie qualità, al punto da farmi giocare a sinistra nonostante io non sia mancino e anzi con quel piede ci sappia fare piuttosto poco. Invece di spaventarmi, feci leva anche quella volta sulla grinta. E tutto andò benissimo, dando ragione a Trapattoni. Vincemmo campionato e Coppa Uefa ed io disputai la mia miglior stagione in bianconero».