Crash e Spyro: cosa succederà alle serie dopo l'acquisizione di Activision Blizzard da parte di Xbox?
Microsoft compra Activision Blizzard e con l'azienda anche le storiche mascotte PlayStation Crash Bandicoot e Spyro the Dragon ora sono di Xbox: cosa succederà?
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Nonostante l'iter futuro sia piuttosto lungo, la prima pietra dell'acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft è stata posata. Una pietra che pesa quasi 70 miliardi di dollari e che trascina dietro di sé un profondo solco di conseguenze, alcune capaci di ribaltare realtà assodate nell'industria. Tra le tante, balza all'attenzione dei giocatori il destino di due saghe storiche nel patrimonio Activision: Crash Bandicoot e Spyro the Dragon. Anche il marsupiale australiano e il draghetto viola sono, infatti, entrati a far parte della famiglia Xbox, e non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che stiamo parlando di due personaggi simbolo dell'epoca d'oro di PlayStation negli anni '90. Non c'è trentenne oggi che non abbia giocato almeno uno dei tanti giochi di Crash o Spyro sulla sua prima PlayStation, e pensare che tra qualche mese queste serie batteranno bandiera verde Xbox è, se non altro, un po' spiazzante.
In questo speciale esploreremo le ripercussioni dell'acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft e di come influenzerà Crash Bandicoot e Spyro the Dragon.
Da PlayStation a Xbox: come ci si arriva?
Crash e Spyro sono icone degli anni '90
Che alcuni giocatori siano un po' confusi sulla situazione è più che legittimo, anche perché il passaggio da PlayStation a Xbox non è stato repentino: parliamo di un processo durato circa vent'anni, che ha traghettato infine Crash Bandicoot e Spyro the Dragon da una parte all'altra dello scacchiere.
Crash e Spyro possiedono fin dai loro albori diversi denominatori comuni. I primi capitoli di Crash e Spyro sono stati sviluppati rispettivamente da Naughty Dog e Insomniac Games, ora punte di diamante dei PlayStation Studios, condividendo quindi un pedigree di nascita non indifferente; sono serie che negli anni '90 hanno spopolato, ed entrambe sono nate su PlayStation senza però essere mai stati realmente di proprietà di Sony. A possedere il marchio delle due IP infatti è sempre stata Universal Interactive Studios, ed è da questa compagnia che Crash e Spyro hanno cominciato a "viaggiare" di mano in mano.
I primi anni di entrambe le saghe sono passati serenamente: i primi tre capitoli di Spyro sono stati sviluppati da Insomniac, e i primi tre di Crash da Naughty Dog, che poi ha continuato con uno spin-off di corse, Crash Team Racing. Crash Bash è stato il primo Crash a non essere più sviluppato da Naughty Dog, passando per le mani di Eurocom. Spyro: Enter the Dragonfly invece è il primo capitolo della serie dedicata al draghetto viola a non essere sviluppato da Insomniac e segna il passaggio generazionale da PlayStation a Playstation 2.
Guardando la linea temporale degli eventi, è abbastanza evidente come il passaggio di consegna nello sviluppo dei giochi coincise proprio con il cambio generazionale di PlayStation e i giocatori più navigati sanno bene quanto il passaggio di generazione sia cruciale per lo sviluppo di un gioco. Inoltre, nonostante siano poche le testimonianze del tempo, è lecito pensare che i rapporti tra i team di sviluppo e Universal con il tempo si fossero incrinati. Stando alle parole di Jason Rubin riportate da Games Radar nel marzo 2021, il co-fondatore di Naughty Dog ha dichiarato: "Il nostro rapporto con Universal era arrivato al punto in cui non potevamo continuare a fare giochi di Crash Bandicoot. Anche se amavamo Crash Bandicoot e amavamo lavorare con Sony, non aveva alcun senso dal punto di vista finanziario. Universal possedeva l'IP e c'era un'ostilità che definirei alquanto brutale".
Nel 2000 Universal Interactive si fonde con il colosso francese Vivendi, che a sua volta nel 2007, annuncia un'ennesima fusione, stavolta con Activision Blizzard: l'annuncio viene dato nel dicembre 2007 e si chiude luglio 2008 con un accordo da 9.8 miliardi di dollari. In questo modo le proprietà intellettuali di Crash e Spyro sono transitate da Universal a Vivendi e da Vivendi ad Activision Blizzard.
Numerosi sequel sia di Crash che di Spyro vengono prodotti fino al 2009, vedendo avvicendarsi titoli interessati e sperimentali, ad altri non propriamente riusciti. Il reset arriva nel 2017 con l'uscita della Crash Bandicoot N. Sane Trilogy e qualche anno dopo la Reignited Trilogy di Spyro, nonostante il draghetto viola fosse già da tempo diventato leader degli Skylanders, spin-off principalmente indicato al pubblico di tenera età e sviluppato dalla stessa Toys for Bob, la software house dietro la Reignited Trilogy.
Perché Crash e Spyro faticano a funzionare
Crash Team Racing: Nitro-Fueled, sviluppato da Beenox
Nonostante il lavoro fatto in questi anni da Vicarious Vision, Beenox e Toys for Bob con i le serie di Crash e Spyro, pieno di talento, rispetto e intelligenza, sono diverse le riflessioni che queste due saghe sollevano. Crash e Spyro hanno spopolato negli anni '90, vero, eppure già dopo pochi sequel risultavano essere stantii e fuori tempo massimo sotto molti punti di vista. Dopo l'abbandono di Naughty Dog e Insomniac, non c'è voluto molto prima che le due software house si dedicassero ad altro; del resto, dopo ogni grande storia d'amore si cerca di andare avanti e viverne una ancora più grande. E queste storie hanno il nome di Jax & Daxter e Ratchet and Clank, due titoli che ai tempi dimostrarono quanto i platform 3D avessero ancora molto da dire, ma con un linguaggio chiaramente fresco e nuovo. Al contrario, Universal passò Crash e Spyro tra le mani d'innumerevoli sviluppatori, probabilmente convinta che bastasse il nome per smuovere gli acquirenti. Filosofia risultata in parte vincente quando sono arrivate le rispettive trilogie che tuttavia, anche in questo caso, facevano affidamento sul nome, ma soprattutto sull'effetto nostalgia. Tesi ulteriormente avallata dal presto dimenticato Crash Bandicoot 4, curato e per certi versi estremamente interessante da un punto di vista concettuale, visto che potremmo prenderlo ad esempio come uno tra i più fulgidi esempi di falso storico nel mondo dei videogiochi, ma finito molto rapidamente nel dimenticatoio.