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gianmarcocapecci

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  1. Anzi secondo me non dovrebbe esistere affatto! Io sono il primo a riconoscere che Allegri fu, al momento di sostituire Conte, anche un valore aggiunto a una squadra già di per sé estremamente competitiva. Però negli anni il tecnico livornese ha finito per radicalizzarsi su alcuni principi teorici, forse soltanto per rendersi unico e distinguibile nel panorama mediatico. E, come spesso accade a chi si trova a gestire molto potere e molta fama, ha finito per erigere un monumento alle proprie idee diventandone schiavo. Ma c'è una cosa che mi dà parecchio fastidio in generale, che si è infiltrata in molti tifosi bianconeri, e che probabilmente è figlia di queste idee che sono state portate a livello di assiomi. Cioè la convinzione manichea che giocare "bene" (e con "bene" si intende una squadra propositiva, che corre e pressa, che cerca la riconquista avanzata e simili principi tattici) significhi necessariamente non ottenere vittorie o il conseguimento di determinati risultati. Oppure che per praticare questo tipo di gioco ed essere vincenti serva per forza un dream team. Lo storico paladino di questo dogma fu Gianni Brera, che reputava il Catenaccio il miglior vestito tattico per le caratteristiche dei calciatori italiani. La storia del gioco del calcio, invece, è piena di esempi di squadre che hanno saputo coniugare benissimo gioco spettacolare e risultati, anche a discapito di avversari zeppi di figurine male allenate. Così come di esempi contrari. Non esiste un unico modo di conseguire i propri obiettivi. Né un unico modo di intendere l'estetica del calcio. Del resto, se l'attuale Juventus è piena di brocchi, a maggior ragione il suo tecnico è (lautamente) stipendiato per compensare le carenze tecniche con l'organizzazione di gioco. Se invece l'allenatore deve soltanto non far danni, oppure il suo apporto non conta, conta poco, conta al 25% o chissà, non è certamente il lavoro del mister labronico a determinare la classifica; ergo non serve svenarsi per il suo salario e in panchina può sedersi chiunque. Colui che dovesse prendere in mano il timone della Juventus nel futuro sarà soprattutto chiamato a estirpare una mentalità dogmatica e, a mio parere, del tutto erronea.
  2. Mi pare giusto ricordare un pilota tanto amato da moltissimi appassionati proprio nel giorno del 42° anniversario della sua tragica morte
  3. Perfetto! Tra l'altro Hirzer fu il divo straniero che, appena arrivato a Torino, infiammò la fantasia e il cuore di Gianni Agnelli, allora bambino di quattro anni.
  4. Carissimo Stefano, è sempre un grande piacere leggerti! Il tuo classico appuntamento con la storia dovrebbe essere materia di studio per tutti... Però stavolta forse devo farti una piccola correzione: la prima immagine credo non sia una foto di Ferenc Hirzer ma di Felice Placido Borel
  5. Prima di essere allenati da Conte, Chiellini era ancora considerato uno scarparo, Bonucci un giovane acerbo, Barzagli era uno scarto del Wolfsburg. Pirlo un rottame del Milan (chissà chi era l'allenatore che gli preferì Van Bommel), Lichtsteiner un onesto pedatore della Lazio, Vucinic non era certo un top player nemmeno a Roma.
  6. Date ad Allegri una rosa da scudetto e vedremo! Dategli, che ne so, Caceres, De Ceglie, Padoin, Marrone, Pepe, Estigarribia, Giaccherini, Matri, Quagliarella, Borriello, Krasic, Elia...
  7. prescìndere v. intr. [dal lat. praescindĕre, che però aveva solo il sign. proprio di «tagliare davanti», comp. di prae- «pre-» e scindĕre «dividere, lacerare»] (pass. rem. io prescindéi, non com. prescissi, tu prescindésti, ecc.; rari i tempi composti con il part. pass. prescisso, anch’esso poco com.). – Tralasciare, lasciare da parte, non prendere in considerazione: prescindo da opinioni personali e vengo al punto centrale della questione; spec. usate le locuz. a prescindere da, prescindendo da, facendo astrazione da, non tenendo conto di: a p. da ogni valutazione personale, riconosco che il suo intervento è stato utile; prescindendo dal fatto che non ne ho i mezzi, è un appartamento che non acquisterei mai.
  8. gianmarcocapecci

    Lippi: ”La Juve tornerà a vincere. Quando? Con i grandi giocatori“

    È ovvio che per vincere servono i grandi giocatori. Com’è vero che servono anche i grandi allenatori e i grandi dirigenti. Attualmente nella Juventus sono presenti queste tre fondamentali componenti? Premetto che non nutro alcun tipo di livore verso l’attuale allenatore della Juventus, anzi lo ringrazio per il suo lungo ciclo vincente. Tuttavia leggo molto spesso che, anche nel momento attuale, lo stesso mister sia la chiave di volta di una squadra composta essenzialmente da brocchi; i quali navigherebbero sì e no a metà classifica senza il coach livornese. Analizziamo la rosa più e più volte definita come “scadente” (limitando il lavoro esclusivamente a 11 possibili titolari; sarebbe interessante estenderlo all’intero organigramma, ma per motivi di tempo non mi è stato possibile). Wojciech Szczęsny: 402 presenze nei campionati di massima divisione, 23 presenze nelle coppe nazionali, 83 presenze nelle coppe europee, 8 presenze in Under 21, 79 presenze nella nazionale polacca (31° ranking FIFA) di cui 5 agli europei e 5 ai mondiali; palmares: 2 FA Cup, 1 Community Shield, 3 Scudetti, 2 Coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, 1 volta miglior portiere della Premier, 1 volta miglior portiere della Serie A. Danilo Luiz da Silva: 391 presenze nei campionati di massima divisione con 33 gol, 60 presenze nelle coppe nazionali con 1 gol, 93 presenze nelle coppe continentali con 5 gol, 4 presenze alle Olimpiadi, 54 presenze nella nazionale brasiliana (5° ranking FIFA) con 1 gol, di cui 4 ai mondiali e 7 in Coppa America; palmares: 2 Primiera Liga, 2 Supercoppe di Portogallo, 1 Liga, 2 Premier, 2 Coppe di Lega, 1 FA Cup, 1 Community Shield, 1 Scudetto, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa italiana, 1 Libertadores, 2 Champions, 1 Supercoppa UEFA, 1 mondiale per club, 1 Argento Coppa America, 1 Argento olimpico. Gleison Bremer: 178 presenze nei campionati di massima divisione con 18 gol, 14 presenze nelle coppe nazionali con 3 gol, 19 presenze nelle coppe continentali, 3 presenze nella nazionale brasiliana di cui 2 ai mondiali; palmares: 1 Mineirao, 1 volta miglior difensore della Serie A, 1 volta calciatore della Squadra dell’anno AIC. Daniele Rugani: 168 presenze nei campionati di massima divisione con 16 gol, 16 presenze in Coppa Italia con 2 gol, 17 presenze nelle coppe europee con 1 gol, 19 presenze in Under 21 con 2 gol, 7 presenze nella nazionale italiana (9° ranking FIFA); palmares: 6 Scudetti, 3 Coppe Italia e 2 Supercoppe italiane, 1 volta calciatore della Squadra dell’anno AIC. Andrea Cambiaso: 78 presenze in Serie A con 2 gol, 8 presenze in Coppa Italia con 1 gol, 8 presenze in Under 21. Weston McKennie: 189 presenze nei campionati di massima divisione con 13 gol, 18 presenze nelle coppe nazionali, 24 presenze nelle coppe europee con 4 gol, 2 presenze in Supercoppa italiana con 1 gol, 49 presenze nella nazionale statunitense (12° ranking FIFA) con 11 gol, di cui 5 in Gold Cup con 2 gol e 4 presenze ai mondiali; palmares: 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa italiana, 2 CONCACAF Nations League, 1 Argento Gold Cup, 1 U.S. Soccer Athlete of the Year, 1 volta Miglior giocatore della CONCACAF Nations League. Manuel Locatelli: 232 presenze in Serie A con 12 gol, 18 presenze in Coppa Italia con 1 gol, 29 presenze nelle coppe europee, 23 presenze in under 21 con 2 gol, 26 presenze nella nazionale italiana con 3 gol, di cui 5 agli europei con 2 gol; palmares: 1 Supercoppa italiana, 1 Campionato europeo, 1 Bronzo Europeo Under 21, 1 Bronzo UEFA Nations League, 1 premio Bulgarelli Number 8. Adrien Rabiot: 311 presenze nei campionati di massima divisione con 31 gol, 56 presenze nelle coppe nazionali con 6 gol, 68 presenze nelle coppe europee con 8 gol, 5 presenze nelle supercoppe con 1 gol, 17 presenze in Under 21 con 1 gol, 42 presenze nella nazionale francese (2° ranking FIFA) con 4 gol, di cui 4 agli europei e 6 ai mondiali con 1 gol; palmares: 6 Ligue 1, 4 Coppe di Francia, 6 supercoppe e 5 Coppe di Lega francesi, 1 Scudetto, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa italiana, 1 UEFA Nations League, 1 Argento Mondiale. Filip Kostić: 381 presenze nei campionati di massima divisione con 52 gol, 22 presenze nelle coppe nazionali con 4 gol, 55 presenze nelle coppe europee con 12 gol, 8 presenze in Under 21 con 2 gol, 60 presenze nella nazionale serba (29° ranking FIFA) con 3 gol, di cui 5 ai mondiali; palmares: 1 Europa League, 2 volte calciatore della Squadra della stagione della UEFA Europa League, 1 volta Calciatore della stagione della UEFA Europa League. Dušan Vlahović: 184 presenze nei campionati di massima divisione con 77 gol, 23 presenze nelle coppe nazionali con 8 gol, 16 presenze nelle coppe europee con 5 gol, 3 presenze in Under 21, 25 presenze nella nazionale serba con 13 gol, di cui 2 ai mondiali con 1 gol; palmares: 1 campionato serbo e 2 Coppe di Serbia, 1 miglior giovane Serie A, 1 capocannoniere della Coppa Italia, 1 volta calciatore della Squadra dell’anno AIC. Federico Chiesa: 223 presenze in Serie A con 44 gol, 20 presenze in Coppa Italia con 10 gol, 25 presenze nelle coppe europee con 8 gol, 12 presenze in Under 21 con 6 gol, 44 presenze nella nazionale italiana con 7 gol, di cui 7 agli europei con 2 gol; palmares: 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa italiana, 1 Campionato europeo, 2 Bronzi Nations League, 1 Bronzo Europeo Under 21, 1 premio Andrea Fortunato, 1 XI All Star Team campionato d’Europa, 1 Pallone Azzurro, 1 volta calciatore della Squadra dell’anno AIC. Se non ho sbagliato i conti, in totale fanno 2.737 presenze nei campionati di massima divisione (per una media di 248,81 a testa) con 298 gol, 429 presenze nelle coppe continentali (39 a testa) con 43 gol, 389 presenze nelle nazionali maggiori, 6 top 10 ranking FIFA, (35,36 a testa) con 42 gol (di cui 61 presenze nelle fasi finali dei campionati continentali o mondiali con 8 gol). Ci sono 23 vittorie nei campionati e 44 nelle varie coppe e supercoppe nazionali, 6 vittorie nelle coppe internazionali. Tra i nazionali, che non di rado hanno indossato la fascia di capitano, ci sono 2 ori continentali con 1 argento, 3 ori nelle Nations League con 3 bronzi, 1 argento olimpico. I principali premi individuali sono 14, tra nazionali e internazionali. Alla luce di questi dati ritengo di poter collocare questi calciatori senza troppa difficoltà entro le prime 2, massimo 3 forze del campionato. Il vero limite di questa squadra forse è la media gol, che a occhio non mi pare altissima. Per questo motivo le carenze individuali, specialmente quelle offensive, potrebbero essere compensate dalla coordinazione collettiva della squadra.
  9. gianmarcocapecci

    Questa Juventus può giocare solo così

    L’assoluta dicotomia fra pensieri estremi e opposti (o almeno tali in apparenza) è il fondamento di uno schema cognitivo assolutamente efficace e conveniente per il pensiero umano. Se non è freddo, è caldo. O è bianco o è nero. Noi contro di loro. Lo schema cognitivo però, ahimè, è un prodotto della mente stabile ma soggettivo, tuttavia influenza in maniera decisiva la nostra percezione della realtà. La quale è molto più complessa di come vorremmo. Dunque per alcuni “giocare bene” vuol dire un calcio necessariamente votato all’attacco; per altri tale proposta implica il perdere di frequente molte partite. Di contro, c’è chi sostiene che stare rinserrati in difesa sia la tattica che produca più punti in assoluto, in contrasto col pensiero di altri che lo reputano un atteggiamento limitante e controproducente. Leggo che l’allenatore non soltanto non rappresenta un valore aggiunto, ma addirittura dovrebbe essere stipendiato con il solo compito di non arrecare danno alla squadra; l’opinione divergente è che unicamente da esso dipenda il destino di un team e l’esito del campionato. Qualcuno considera la rosa bianconera talmente scadente da non valere neanche un agevole quarto posto in classifica; ma è in polemica con chi reputa assolutamente valido un parco giocatori depotenziato dal trainer. Non mancano coloro che sono convinti che senza i campionissimi nessun traguardo potrà essere raggiunto, in conflitto coi sostenitori della bontà di una squadra operaia e votata al sacrificio. È, questo, uno scontro di opinioni molto ben alimentato da media compiacenti, che sanno bene come incentivare l’interesse nei confronti di una tematica polarizzando gli opposti a priori. Ma, se in medio stat virtus, allora forse siamo ben lontani dalla veritas. Chi ha stabilito quali sono i parametri estetici del calcio? Vorrei citare uno scrittore di calcio che personalmente stimo moltissimo, Fabio Barcellona: In una partita di calcio la bellezza si esprime attraverso due strade che formalmente, sempre con la finalità di semplificare il ragionamento, possiamo distinguere, ma che in realtà sono più connesse di quanto pensiamo. La prima strada è quella del gesto tecnico. Un dribbling, un tiro, un lancio, persino un tackle, ogni gesto tecnico, esprime le doti di forza, coordinazione, destrezza e fantasia motoria dell’atleta e appaga in qualche maniera il piacere estetico dello spettatore. Tutti, o meglio, la maggior parte di noi appassionati di calcio, apprezziamo un tiro all’incrocio, un lancio millimetrico, una giocata inaspettata, una parata acrobatica. La seconda strada è quella corale, più legata alla tattica, e comprende quindi il movimento collettivo e coordinato di tutti i giocatori, che definisce, in qualche maniera, lo stile di gioco della squadra. Una squadra disposta il campo in maniera armoniosa (un termine spesso legato alla bellezza), in cui i giocatori si muovono seguendo tempi corretti, creando e occupando spazi, restituisce nell’osservatore l’appagamento estetico che spesso ricerchiamo quando guardiamo una partita di calcio. Ecco, se il piacere legato all’ammirazione del gesto tecnico è forse più univoco, suppongo che quello legato alle trame di gioco della squadra sia più soggettivo. (www.ultimouomo.com; 24/02/2018) È inutile sottolineare quanto entrambe le strade siano finalizzate alla vittoria e non debbano intendersi come azioni meramente fini a sé stesse. Per il primo canone di bellezza armonica, quello del gesto tecnico individuale, possiamo essere più o meno tutti d’accordo che la squadra juventina sia al momento relativamente carente. Potrebbe sorgere la domanda se tali qualità siano necessariamente intrinseche alla natura del calciatore o possano essere anche, almeno in parte, imparate e sviluppate attraverso un adeguato esercizio quotidiano. E anche qui, probabilmente sono vere entrambe le possibilità. Al contrario, nel caso del secondo canone legato all’aspetto corale e di squadra, è altrettanto facile riconoscere serenamente che proprio perché deficitari di creatività e bagaglio tecnico individuali, sia ancor più necessario attivare e implementare una coordinazione collettiva che sappia colmare le singole lacune, ponendo ciascuno all’interno di un sistema che ne limiti i difetti ed evidenzi i pregi. Ciò per evitare che siano soltanto l’improvvisazione e la fortuna a determinare i risultati, così che questi possano esser ottenuti più agevolmente e per lungo tempo. L’optimum sarebbe avere un’equipe piena di fenomeni perfettamente integrati in un contesto collettivo organizzato. Di contro, ciò che si dovrebbe evitare al massimo, potrebbe essere il ritrovarsi con un pugno di giocatori, già di per sé singolarmente modesti, che non sappiano quasi mai cosa fare del pallone nelle rare volte che ne vengono in possesso. I risultati potrebbero però arrivare o meno, nel periodo momentaneo, in entrambi i casi. Questo perché il gioco del calcio è, per l’appunto, un “gioco” e come tale soggetto alle più imprevedibili bizze dell’aleatorietà.
  10. Sei una persona meravigliosa 

    1. 29 MAGGIO 1985

      29 MAGGIO 1985

      Carissimo, buongiorno.

      Troppo, veramente troppo munifico nei miei confronti,

      non merito, assolutamente non merito tanta pregiata

      e generosa considerazione.

      Se la signora che da illo tempore si .lazy corica con me

      passasse da queste parti e dovesse leggere ciò che hai scritto,

      ne son certo così come sono certo del quotidiano sorgere del

      sole, non ho dubbio alcuno nell'affermare che sporgerebbe

      immediata " Denuncia/Querela " nei tuoi confronti per mistificatoria

      e fraudolenta manipolazione della obiettiva ed oggettiva realtà .

      Insomma, tradotto, rischiamo grosso .chebotta entrambi ... :upss:

      Ciò detto e premesso, nel porgerti il mio dovuto e sincero

      Ringraziamento, colgo altresì al volo l'occasione per ribadire 

      e confermare che questa virtuale " Agorà a Tinte Bianconere ",

      al di là dei rispettivi ed opinabili punti di vista inerenti il tale 

      o talaltro " motivo del contendere ", ha assolutamente bisogno

      di " Juventini/Persone " come te ! 

      Buon proseguimento di giornata a te e famiglia,

      cordialmente .salveStefano !

       

  11. gianmarcocapecci

    Perdere la vita giocando a calcio

    Caro Stefano Mi ero ripromesso di non scrivere più su questo forum, che purtroppo negli ultimi tempi sembra essere diventato un ricettacolo di commenti che trasudano ignoranza e livore. Ma questo tuo contributo mi ha provocato un moto del cuore. Io sono tifoso ascolano, ma ho lungamente abitato a San Benedetto dove ho seguito tutto il mio percorso scolastico. Dunque capisci come la storia che tu hai qui ricordato rappresenti per me un drammatico archetipo della mia duplice e contrastante identità sportiva. Anche Carletto Mazzone, che era il capitano del povero Strulli, anni dopo e sempre in un derby piceno ci rimise una gamba e la sua carriera di calciatore. «Uno che ha giocato Ascoli-Sambenedettese credo che, sul piano dell’intensità emozionale, abbia provato tutto...» dichiarerà in seguito il focoso mister prima di un Roma-Lazio. Ma purtroppo, come tu saprai, non si tratta dell’unico episodio doloroso accaduto quello stadio amatissimo e maledetto, nel quale io ho avuto il piacere e l’onore sia di giocare che di arbitrare nel mio, ancora una volta duplice e contrastante, percorso sportivo giovanile. Del resto la stessa intitolazione dell’impianto ai fratelli Aldo e Dino Ballarin portava con sé, in nuce, tutta l’amarezza e la fatalità di giovani vite perdute a corollario di una partita di calcio. Tutti conoscono la storia del “Rogo del Ballarin” in cui rimasero ustionate decine di persone, due delle quali, Carla Bisirri e Maria Teresa Napoleoni, persero poi la vita dopo giorni di agonia. In questa immagine, a pochi istanti dall’avvio della gara, Zenga si gira verso la Curva Sud dove già sono divampate le prime fiamme Ben pochi sanno che nel 1975 l’incontro di calcio per beneficenza tra la Nazionale Italiana Artisti e una squadra di vecchie glorie della Sambenedettese, disputato sempre su quel campo glorioso e funesto, fu l’ultima occasione che il destino concesse a Pier Paolo Pasolini di poter calzare gli scarpini e correre felice dietro a un pallone, poche settimane prima della tragica notte di Ostia. Oggi quegli spalti che tanto timore incutevano ai giovani avversari (come ricordavano Tardelli e anche i nostri angeli Paolo Rossi e Luca Vialli) e rappresentavano uno dei segreti delle miracolose salvezze rossoblù sono parzialmente in rovina. Il comune, proprietario della struttura, ha avviato un’ambiziosa ma incompleta ristrutturazione della stessa, demolendo la vecchia tribuna e restaurando il muro alla base, decorato con un murale dedicato a Carla e Maria Teresa.
  12. Forse temeva che gli stakeholder coinvolti nel deal con Volkswagen non avrebbero compreso la citazione in lingua originale...
  13. Giorgì, ti leggo sempre con piacere, ti stimo e mi stai proprio simpatico. Ma ti posso fa' na domanda? Perché devi mettere sempre quegli antipatici puntini di sospensione al posto delle virgole?!? 

    P.S. Pozza i bbè

    1. Giorgino

      Giorgino

      Perchè tempo fa presi questa abitudine e m'è rimasta appiccicata... :d

       

       

      Pozza ì sempre bbè! :d

    2. gianmarcocapecci
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