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  1. [Se volete potete vedere questo topic come l'integrazione di quello col sondaggio, presente in JF. Qui si cercherà di fare solo una narrazione di questi tre anni, a cui ognuno potrà dare un apporto, o ricordare il momento più bello e il più brutto, ecc. Ma, ovviamente, astenersi da offese, insulti ecc] Premessa. Personalmente non avrei ripreso Allegri tre anni fa. Sia perchè (opinione) per la squadra che aveva appena finito un ciclo sarebbe servito un allenatore diverso (esattamente come invece servì uno con le sue caratteristiche per il post Conte), sia perchè Allegri stesso aveva tutto da perdere. Tre anni iniziati con CR7 ancora in rosa (andato via a fine mercato) e conclusi con mezza Next Gen in campo. Ripercorriamoli. Erano in tanti, tre anni fa, a pensare che se Allegri avesse accettato l'Inter (per sorvolare sulle altre opzioni), i nerazzurri avrebbero rivinto da subito, essendo una squadra già strutturata, da "gestire" nella maturità acquisita dopo lo stress contano, un po' come avvenne nel 2014 con la Juve. Max invece scelse la Juve, dove aveva, come detto, molto da perdere. La scelta di Andrea Agnelli sembrò una decisione "post covid". Con la botta economica della pandemia, AA diede l'impressione, sempre personalmente parlando, di non voler più rischiare di non entrare in Champions dopo lo scampato pericolo con Pirlo, "salvato" da Faraoni. In quel momento storico contava troppo non fallire quell'obiettivo (lo scopriremo meglio negli anni successivi), e Allegri sembrava una certezza in merito. Della serie: "Mi tolgo il pensiero dell'allenatore, mi garantisco l'entrata in UCL che in questi anni mi serve come il pane, e richiamo un tecnico vincente" (all'epoca rivoluto da una buona parte di tifoseria). Decisione poco comprensibile, però, quella di fargli quattro anni di contratto, invece di lavorare ad una formula più malleabile. Ma tant'è! Allegri probabilmente credette di ereditare una forza che non c'era già più, o comunque una squadra che poteva ancora contare su Ronaldo, vale a dire una trentina di gol stagionali d'ufficio. Due fattori che gli fecero proclamare, in estate, di puntare allo scudetto, come chi, con l'entusiasmo del ritorno a casa, non si rende ancora conto di quanto sia cambiato l'arredamento. E il pezzo più pregiato di quell'arredamento cambierà casa proprio negli ultimi giorni di mercato: via Ronaldo, dentro Kean (non esattamente la stessa cosa). Da lì un inizio stentato, i gol che fanno fatica ad arrivare (Morata che oggettivamente ne sbagliò una vagonata), Chiesa che inizia in autunno con i primi infortuni, prima di culminare col crociato di gennaio, ecc. Ma dopo quell'inizio mediocre, e superato il girone di Champions, la Juve iniziò in realtà a raccogliere risultati, ancora di più con l'arrivo di Vlahovic a fine gennaio, arrivando clamorosamente a giocarsi il rientro nella lotta scudetto nel big match contro l'Inter di aprile allo Stadium. Vincendo (vado a memoria) la Juve avrebbe superato i nerazzurri, arrivando a due punti dal Milan che poi si laureerà campione. La Juve stradominerà la partita, giocandola alla grande, prendendo l'Inter a pallate, ma perdendola per gli episodi che ricordiamo tutti, una costante di quell'annata contro i nerazzurri (persa sia una Supercoppa al 120°, "stranamente" giocata a San Siro, per un errore di Alex Sandro, ma con topiche arbitrali precedenti, sia la finale di Coppa Italia, con altre cialtronate assurde di arbitro e var). Sconfitta in quella partita, la Juve mollerà mentalmente. Non sarà l'unica volta che succederà. La vera delusione, ad ogni modo, sarà l'eliminazione casalinga agli ottavi contro il Villarreal: in Spagna una buona ora di gioco, per poi abbassarsi quasi inspeliegabilmente e subire il pari. A Torino alcune occasioni sbagliate prima di un tracollo inaccettabile. Come detto, la finale di Coppa Italia già citata, sancirà, col rigore per i nerazzurri (ancora assurdamente in 11) inventato a pochi minuti dalla fine, la chiusura della prima stagione. L'inizio della seconda (anche questa sarà falcidiata dagli infortuni, su tutti Chiesa ancora sotto recupero dal crociato e Vlahovic in perenne pubalgia) sarà forse il peggior momento di Allegri in questo triennio. Perchè se per i tre mesi di quest'anno può valere (ma non per un tempo così prolungato) la scusante dell'obiettivo venuto meno e del vantaggio sulla quinta, in quel caso eravamo a inizio stagione, ad obiettivi aperti! Gioco deprimente, e anche a livello comunicativo non sembrava più lo stesso Allegri, con quell'intervista fantasma rilasciata a Sconcerti che era già un primo segnale di sfogo. Inizio pessimo dunque, anche nella gestione dei giocatori. Per sua stessa ammissione, che però in pochi ricordano, forzò tre volte il rientro di Di Maria dagli infortuni, contro il parere dei medici, ammettendo poi l'errore in conferenza, nonostante qualcuno pensi ancora che fosse Di Maria a trattenersi, quando di fatto rischiò di saltare il mondiale (ne giocò infatti meno della metà dei minuti) per essersi messo a disposizione. Soprattutto, un girone di Champions indecoroso (nonostante la Juve abbia giocato le due migliori partite contro l'avversario più forte, il PSG), sfociato nella figuraccia disastrosa col Maccabi. Ma proprio dopo il Maccabi sarà ancora Agnelli a dare una sferzata a tutta la Juve, parlando di vergogna, ma ribadendo la fiducia ad Allegri, che da quel momento sembrerà molto più tranquillo e a suo agio. Difatti la Juve iniziò a recuperare punti su punti con una serie di vittorie consecutive a cavallo del Mondiale, prima che i punti diventassero un optional ceferiniano col terremoto che conosciamo, l'assassinio sportivo di chi sappiamo, e una società totalmente ribaltata! Fuori Agnelli, Nedved, Arrivabene, tutti! Dentro una dirigenza "contabile", che, eccetto l'ultimo arrivato Giuntoli, fa fatica ancora oggi a far presa sui tifosi. Allegri, in pratica, rimane l'ultimo baluardo di vecchia Juve a difesa dei colori, vergognosamente calpestati ancora una volta da soggetti di ogni tipo: cariche istituzionali, procuratori odiatori e rei confessi, ex groupies dell'Avvocato, ecc. Quei mesi di guida su una nave in tempesta sono un merito assoluto, di quelli che restano, ne accrescono ancora di più la figura presso la tifoseria organizzata (che a queste cose tiene) e che gli saranno riconosciuti anche da tanti nemici. In Coppa Italia si esce in semifinale contro l'Inter, in uno scontro di aprile che sarà nuovamente una sliding door. Alla gara di andata si arriva con Simone Inzaghi quasi esonerato. La Juve al 90° sta vincendo 1-0, ma una palla sfiorata da Bremer in area all'ultimo secondo varrà il rigore di un Lukaku in crisi, e il pandemonio mediatico che scaturì dagli insulti successivi (molto diverso rispetto ad altri casi analoghi). Da quel preciso momento l'Inter risorge, chiude alla grande la stagione, arriva persino in finale di Champions, e su quella scia dominerà il campionato successivo. La Juve invece diventa quasi una squadra fantasma (perderà al ritorno senza quasi neppure giocare), provando a dare tutto nella rimanente Europa League, ma uscendo in semifinale contro l'inenarrabile buona stella del Siviglia in questa competizione. La Juve chiude terza, e senza l'episodio più assurdo e inappellabile della storia del var (in Juve-Salernitana), sarebbe seconda, in un'annata in cui chiunque sarebbe crollato, qualsiasi squadra avrebbe mollato... ma l'ultima penalizzazione (arrivata a un quarto d'ora dal fischio d'inizio di Empoli-Juve) la priva dell'ingresso nelle coppe, come da volontà di Ceferin, anticipataci più volte dal primo quotidiano sportivo nazionale! E infine l'ultima stagione, che inizia con due defezioni tafazziane (doping di Pogba e squalifica per scommesse di Fagioli) che minano definitivamente il centrocampo. Campionato a due facce, con un girone d'andata a ritmo scudetto (a cui, personalmente, non ho mai creduto, o a cui diciamo che ho fatto molta fatica a credere), un gennaio esaltante, per poi crollare dopo il pareggio interno con l'Empoli in 10vs11 e la sconfitta di San Siro (alibi ammesso anche dai giocatori, che però può giustificare forse un mese di risultati mediocri, non tre e mezzo di pessimi, giocati ad un ritmo punti da provinciale). La Juve da lì è sembrata proprio un'altra squadra. Non che prima rubasse l'occhio, ovviamente, ma era difficilissimo tirarle in porta, mentre adesso è fin troppo semplice. Prima non giocava "bello", ma faceva il suo "bene". Ora non fa bene nemmeno il suo. Questo accresce sempre più l'impazienza dei tifosi, che non vedono gioco (da tanto tempo), né voglia, né cattiveria (salvo in un paio di big match), e assistono ad alcune scelte poco comprensibili e sempre conservative (senza contare alcuni commentatori che fino a prima di Juve-Empoli parlavano di un "Allegri credibile quest'anno", e che al primo passo falso hanno vomitato di tutto). Da rimarcare però come questa sia una Juve con pochi giocatori veramente rappresentativi, pochi sopra un certo standard, con lo storico nucleo italiano molto decimato, con pochissimi leader, con tantissimi giovani spesso provenienti dalla Next Gen, quindi da un campionato di Serie C, e ancora poca personalità. I piani della società indicavano la qualificazione in Champions e la finale di Coppa Italia, e i piani, nonostante tre mesi e mezzo assolutamente pessimi, sono stati rispettati, vincendo la finale da sfavoriti. Ma in quei minuti finali (e nel post) è saltato quel tappo che già precedentemente aveva mandato segnali chiari. Le divergenze con la società, il silenzio della stessa difronte ad alcuni torti molto pesanti (un modo di fare "silenzioso", questo del club, che è da valutare per il futuro, perchè di porgere l'altra guancia moltissimi juventini si sarebbero stufati), la diversità di vedute sul mercato di gennaio, l'essere stato esautorato (nei fatti) a febbraio, attraverso spifferi, voci di corridoio, rivelazioni altrui (mai accertate), forse anche quel suo sentirsi immagine stessa della Juve (più volte si è discusso su un suo futuro da dirigente)... tutto sfociato nella reazione contro arbitro e designatore (per un arbitraggio da sicari) che ha infiammato la quasi totalità del tifo, ma soprattutto contro dirigenza (e qui non puoi mai pensare di vietare ad un dirigente di scendere in campo, o decidere di allontanare il tuo capo) e giornalisti (a più riprese), che hanno segnato un punto di non ritorno. Una coppa vinta, con relativi record, ma con un post che non rende merito nè ad Allegri (per quanto sia possibile essere comprensivi verso la sua "solitudine" societaria), nè in un certo senso, perlomeno nei modi, alla stessa società, che chiude i rapporti con un comunicato troppo freddo e troppo duro (almeno per chi vede le cose dall'esterno), forse unico nella storia, senza un grazie, parlando di "finale" e non di Coppa Italia vinta, che forse ci fa capire che in questo film ci sono tante cose irrisolte che non conosciamo, di cui lo sfogo post finale di Coppa Italia è solo un fotogramma. Un susseguirsi di eventi pressocchè unici per qualsiasi altro club (in un tempo così ristretto) defluiti in una polveriera di emozioni trattenute e incomprensioni mai sopite, che affondano le radici negli anni addietro, quando qualcuno trasformò l'allegrismo in uno scontro ideologico senza limiti, e proseguite navigando in ogni genere di mare, compreso quello in tempesta. Questa è stata la Juventus recente. Questo è stato l'Allegri bis. E adesso... AVANTI! Sempre! 🤍🖤
  2. 0oo-rooze

    (CorSera) "Chi è Cristiano Giuntoli"

    Sono anni che il suo lavoro viene apprezzato per la capacità di tenere i conti in ordine, di comprare bene e vendere ancora meglio. Ma chi è Cristiano Giuntoli, il direttore tecnico della Juventus, capace di far saltare tutti i nervi ad Allegri? Lui è tanto altro e molto di più. Nel bene e anche nel male. Ché se è vero che Max lo manda via platealmente (e in maniera sguaiata) dal campo dopo la vittoria della Coppa Italia, lo è altrettanto il fatto che l'applauso a mani alte di Cris, rivolte al «suo» allenatore, davanti a decine di telecamere, è la più plateale delle provocazioni. Fra toscani, nessuno la fa passar liscia all'altro, ma c'è chi regge la pressione e chi no. E, allora, dopo aver sopportato il «divieto» di farsi vedere alla Continassa durante gli allenamenti, ha aspettato il nemico al varco. E gli ha scritto l'epitaffio. Ha portato a termine la missione. Senza mai dire una parola: maestrìa. È stato zitto per mesi, ha (fintamente) accettato di essere estromesso da riunioni e allenamenti, ha lavorato per il mercato in solitudine e quando Allegri ha scoperto la cena con Galliani, per il portiere del Monza Di Gregorio, lui ha abbozzato. Lo hanno fatto entrambi, per la verità. Non c'è stato dialogo ma guerra fredda. Giuntoli ha incontrato Thiago Motta, prossimo allenatore della Juventus, nessuno scrupolo. Dal suo punto di vista ha fatto il suo lavoro, d'intesa con la società. Giuntoli è un re che sa stare con e senza scettro, i momenti bui li ha vissuti in prima persona, ha sempre avuto l'abilità di star fermo quando il mare è in tempesta. Barra dritta: non è che negli otto anni di Napoli siano stati tutti rose e fiori, anzi. Da pupillo di De Laurentiis, al quale strappa un contratto lungo e milionario, ha trascorso gli ultimi mesi (nell'anno dello scudetto) senza parlargli. Non si rivolgevano la parola, e ai tempi di Gattuso in panchina la frizione toccò punte altissime: fu Giuntoli a caldeggiare l'approdo a Napoli dell'ex Milan, Aurelio De Laurentiis aveva altre idee. Il tecnico calabrese non si qualificò per la Champions League, ma ebbe il merito comunque di portare a casa la Coppa Italia. Cristiano sorrideva, beffardo. Da dove arriva Giuntoli? La sua storia è interessante per capire come si diventa bravi in questo mestiere, perchè lo è e sa di esserlo. Nel suo lavoro è maniacale: controlla tutto, dall’erba del campo all’alimentazione dei giocatori, fino agli alberghi per i ritiri («Lì non puoi risparmiare, i giocatori devono stare bene ed essere contenti» è la sua teoria). Soprattutto sviluppa un sistema di – come lo chiama lui – lavoro e sacrificio, dove niente è lasciato al caso. È completamente dedito alla causa, gira per i campi, osserva i giocatori, li studia, intreccia relazioni con tutti. Senza grandi risorse lavora sulla ricerca: «Io prendo ragazzi gratis dai dilettanti, ho tre collaboratori e tanti amici che mi fanno segnalazioni, poi c’è il computer per lo scouting, ma l’ultima parola resta la mia». Tutto quello che deve fare un ds – collaboratori, scouting, intuito, relazioni – con Giuntoli funziona e il Carpi, la sua prima squadra vera, sale di categoria in categoria, fino ad arrivare in serie A con qualche impiegato e uno stadio da 3000 posti: e lui è il mago del mercato, l’uomo che ha fatto le nozze coi fichi secchi creando una squadra competitiva con due spicci. La grande opportunità è appunto il Napoli, grazie al forte legame che ha con Maurizio Sarri (dal quale poi verrà sovrastato), nel club partenopeo entra in punta di piedi, quando va via lo fa da primo attore. Nello spogliatoio ha urlato, ha confortato, ha sbattuto porte: mai nessuno (o quasi) ha saputo nulla. Freddo e ostinato: una corazza che indossa per nascondere fragilità e anche grandi sensibilità. Soffre e non lo dà a vedere, gioisce e nasconde gli occhi. Pensa, trama e colpisce. Cade quasi sempre in piedi perchè formalmente è inattaccabile. Mister bugia, viene chiamato. Quando trattava Osimhen, ed erano le fasi finali, diceva di essere in barca in mezzo al mare. In vacanza. «Sono a Genova con la famiglia», mentre sta facendo firmare il contratto a Kvara. Non guarda in faccia agli amici, depistare sempre... fino alla fine (è nel suo dna). Mai fidarsi. Appare in mondovisione in seconda fila al teatro Ariston al festival di Sanremo a febbraio scorso, mentre la squadra è in ritiro per la sfida con l'Udinese. Nessuno sa nulla, lui è in tv. Lui può. Il primo mercato di Giuntoli passa sotto traccia, tanto che si parla quasi più dei suoi modi decisi poco adatti a un ds di una grande squadra che non del mercato. In ritiro, ad esempio viene alle mani con De Guzman, è lo stesso giocatore olandese a raccontare: «Ero nello spogliatoio e mi disse: “ehi, pezzo di m…, vieni qui. Tu te ne andrai, l’hai promesso”. E io: “Non ho promesso niente”. E all’improvviso mi ha colpito in faccia». Come Allegri, in fondo. È passato molto tempo da allora, Giuntoli ha avuto la capacità anche di smussare aspetti caratteriali poco adatti a un grande manager. Qualche scivolone pubblico c'è stato: «Le fidanzate sono come i calciatori, solo quando te le metti in casa vedi quanto valgono: se lavano o stirano» disse alle Iene, salvo poi scusarsi («ho fatto un esempio infelice»). Intelligente e furbo, composto oggi. Ha una compagna, Elena Rossi, suo punto di riferimento. Imprenditrice che ama il calcio, hanno avuto un figlio, Alessandro che oggi ha 2 anni. L'unico che scioglie l'uomo di ghiaccio. Da manager scudettato va in campo al Maradona per la festa e dice: «Fidatevi di De Laurentiis, è lui l'artefice di questo capolavoro». Non lo pensa fino in fondo, ma la valigia è già pronta per Torino, la squadra del cuore. Altro giro, altra corsa, altra mission: convincere Allegri (che voleva Giovanni Manna al suo posto che adesso va al Napoli) o farlo fuori. Max ci ha messo tutto il suo, Cris ha saputo aspettarlo sulla riva del fiume. La sfuriata post Coppa gli è costata la panchina, con un po' di anticipo. Un assist prezioso. Cambia l'asset manageriale adesso alla Juventus e Giuntoli si rafforza, il primo ad arrivare sarà il suo storico vice, il fedelissimo Giuseppe Pompilio, contratto in scadenza col Napoli (ma di fatto già esautorato da De Laurentiis). Anche lui ha dovuto aspettare: zitto, fermo e senza lavorare per una stagione. Giovanni Manna sarà a Napoli già dalla settimana prossima, Giuntoli è convinto: «È forte, farà bene». Forte, appunto, prima di bravo. (Monica Scozzafava) Non resta che metterlo alla prova.
  3. Carlos Tevez, l'ex bomber argentino della Juventus e del Boca Juniors ha concesso un'intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha fatto il punto sul futuro della Juventus raccontando i segreti dei due allenatori bianconeri più vincenti degli ultimi anni, Antonio Conte e Massimiliano Allegri e svelando diversi retroscena anche sul mancato approdo al Milan.MI ISPIRO A CONTE - "Sono passionale, uno che ci mette l’anima tutti i giorni. Giochiamo un calcio dinamico: pressing alto e grande attenzione alla fase offensiva. Coi miei giocatori sono un martello, ho avuto grandi maestri…Mi ispiro a Conte per la passione e l’ossessione per la vittoria, da Bielsa ho preso l’attenzione ai dettagli e da Ferguson mi porto la grande calma nella gestione del gruppo. Ma di bravi ne ho avuti tanti, penso a Mancini e Allegri. Se ne devo dire uno però, scelgo Antonio" RETROSCENA CONTE - "Me ne viene in mente uno che fotografa alla perfezione il personaggio: lottavamo per lo scudetto con la Roma, io ero in Argentina per un problema familiare e non potevo allenarmi. Avremmo giocato coi giallorossi nel fine settimana. Prima mi disse di stare tranquillo, 3 giorni dopo mi chiese di tornare perché dovevamo vincere a tutti costi e mi voleva in campo. Per lui esisteva solo la vittoria".ALLEGRI - "Max è diverso, è più tranquillo. Questo non vuol dire che non sia un vincente o che non abbia mentalità. Basta vedere come si rialza da ogni momento difficile. Tutto grazie alla gestione e all’empatia che sa creare con il gruppo. È più calmo nelle situazioni, ma gli va dietro tutto lo spogliatoio". LA JUVE NON PUO' FARE DI PIU' - "La squadra ora è terza e credo non abbia i mezzi per fare di più. Siamo abituati a vedere la Juve vincere quindi ci sorprendiamo se non lo fa per qualche anno. Seguo molto la A e penso che l’Inter sia superiore e ci sia tanta distanza tra i due club. Allegri sa tirare fuori il meglio della squadra soprattutto nelle difficoltà. Anche con noi all’inizio era stato così. Poi dipenderà da cosa cerca la società".DERBY - "Sotto questo punto di vista l’Italia si avvicina molto all’Argentina. Ricordo una passione per la partita che iniziava settimane prima. Io ho sempre fatto bene nei apertura, la Libertadores, l’Intercontinentale e la Copa Sudamericana". TORNARE IN ITALIA - "L’Italia è nel mio cuore. Mi piacerebbe tanto, magari da allenatore. La A è uno dei migliori campionati al mondo e penso di dover crescere per meritarmela".NUOVO TEVEZ - "Non esiste… ( ride). Non ho trovato nessuno che mi assomigli, non tanto dal punto di vista tecnico, quanto da quello del sacrificio e dell’agonismo. Io mettevo il cuore in campo, davo tutto me stesso. Ora credo che questo si sia un po’ perso, non solo in Italia ma in Europa in generale".LAUTARO - "Lautaro senza dubbio. È dominante, fa la differenza. Poi se hai un attaccante che segna così tanto hai già una mano sullo scudetto. L’Inter è completa, ma lui è un incredibile valore aggiunto". LA FINALE PERSA - "La finale di Champions. Eravamo fortissimi. E io ero convinto di poterla vincere, anche se avevamo davanti il miglior Barça di sempre. Guardiamo il centrocampo: Pirlo, Pogba, Vidal, Marchisio. Ti davano la sensazione di poterti mandare in porta da un momento all’altro".LA 10 E POGBA - "Ricordo la cavalcata che ci portò alla finale. Poi tante cose, dagli allenamenti di Conte alla maglia numero 10. Una divisa storica. Sono contento che poi l’abbia presa Pogba, un amico oltre che un campione. Siamo molto legati e lui sa che ha tutto il mio supporto. Ma credo siano cose personali e io non sono il tipo che si mette in mezzo. Ma per lui ci sono e ci sarò sempre". RETROSCENA MILAN - "Dovevo andare al Milan, ma non dipese né da me né da Galliani. C’è sempre stata stima e molto rispetto. Poi ogni volta che giocavo col Milan facevo benissimo. La Juve si mosse bene, un po’ anche in segreto e riuscì a prendermi. Chissà però che le strade col Milan non si possano incrociare di nuovo. Magari da tecnico…". calciomercato.com
  4. Con la vittoria contro il Frosinone Allegri è diventato il primo allenatore a tagliare il traguardo dei mille punti in Serie A. 1000 DI QUESTI PUNTI Anzi, 1002. E così Allegri è diventato il primo allenatore nella storia della Serie A a girone unico a tagliare il traguardo dei 1000 punti 301 vittorie, 99 pareggi e 96 sconfitte nel suo curriculum Nella classifica Opta sono considerati i punti reali, quindi tre punti per vittoria per gli allenatori più "recenti", e due punti per vittoria per le statistiche pre stagione 1994/95 LA CLASSIFICA ALL TIME PER PUNTI IN SERIE A (Opta) Allegri 1002 Spalletti 996 Trapattoni 950 Ancelotti 948 Gasperini 867 Rocco 860 Mazzone 856 Capello 835 Guidolin 779 Liedholm 763 ALLEGRI PIÙ DI LIPPI Non solo punti. Nelle ultime partite Massimiliano Allegri aveva già raggiunto un altro traguardo Ha superato Marcello Lippi come secondo allenatore con più panchine nella storia della Juventus dal 1929/30 L'attuale mister bianconero ha davanti ora un solo obiettivo a cui puntare per diventare il recordman di presenze: Giovanni Trapattoni GLI ALLENATORI CON PIÙ PRESENZE ALLA JUVE Giovanni Trapattoni: 596 panchine (319 vittorie, 181 pareggi, 96 sconfitte) Massimiliano Allegri: 407 panchine (268 vittorie, 68 pareggi, 71 sconfitte) Marcello Lippi: 405 panchine (227 vittorie, 104 pareggi, 74 sconfitte) 2° PER VITTORIE IN BIANCONERO Considerando le sole vittorie, Allegri ha già superato Lippi per numero di successi sulla panchina della Juve. Solo uno, Trapattoni, ha fatto meglio rispetto all'allenatore livornese. Giovanni Trapattoni: 319 vittorie Massimiliano Allegri: 268 vittorie Marcello Lippi: 227 vittorie Carlo Parola: 124 vittorie Antonio Conte: 102 vittorie IL BILANCIO CON LA JUVE Serie A: 292 partite (201 vittorie, 50 pareggi, 41 sconfitte) Champions League: 68 partite (35 vittorie, 14 pareggi, 19 sconfitte) Coppa Italia: 33 partite (26 vittorie, 1 pareggio, 6 sconfitte) Europa League: 8 partite (4 vittorie, 3 pareggi, 1 sconfitta) Supercoppa Italiana: 6 partite (2 vittorie, 0 pareggi, 4 sconfitte) TOTALE: 407 partite (268 vittorie, 68 pareggi, 71 sconfitte) NEL CLUB DEI 4 Con le 201 vittorie sulla panchina della Juve, Max Allegri è uno dei quattro allenatori ad avere vinto più partite con una singola squadra nei cinque grandi campionati europei dall’inizio dello scorso decennio: il mister bianconero è alle spalle di Klopp (203 successi col Liverpool), Guardiola (215 col City) e Diego Simeone (284 con l’Atletico Madrid). 5 SCUDETTI DI FILA Massimiliano Allegri è l’unico nella storia della Serie A ad aver conquistato cinque scudetti consecutivi, tra il 2014/15 e il 2018/19. Solo Giovanni Trapattoni ha vinto più volte il campionato (sei) con la Juventus. 1° PER % DI VITTORIE Allegri vanta la più alta percentuale di vittorie in Serie A con una singola squadra tra gli allenatori con almeno 150 partite su una singola panchina. Allegri: 201 vittorie su 292 partite con la Juve (69%) Pioli: 102 vittorie su 171 partite con il Milan (60%) Spalletti: 125 vittorie su 211 partite con la Roma (59%) Parola: 93 vittorie su 160 partite con la Juve (58%) Mancini: 126 vittorie su 217 partite con l'Inter (58%) Lippi: 149 vittorie su 258 partite con la Juve (58%) Ancelotti: 163 vittorie su 283 partite con il Milan (58%) I GIOCATORI CON PIÙ PRESENZE SOTTO LA SUA GESTIONE Leonardo Bonucci: 247 partite Alex Sandro: 246 partite Juan Cuadrado: 229 partite Paulo Dybala: 221 partite Giorgio Chiellini: 210 partite Gianluigi Buffon: 168 partite Wojciech Szczesny: 166 partite Mario Mandzukic: 162 partite Stephan Lichtsteiner: 148 partite Andrea Barzagli: 146 partite 24 GIOVANI LANCIATI Sotto la gestione di Massimiliano Allegri sono 25 i giocatori con meno di 22 anni che hanno fatto il loro esordio assoluto in Serie A con la maglia della Juve. I più giovani Moise Kean (16 anni e 265 giorni) Mattia Vitale (17 anni e 192 giorni) Paolo Gozzi (17 anni e 353 giorni) Kingsley Coman (18 anni e 78 giorni) Kenan Yildiz (18 anni e 108 giorni) Dean Huijsen (18 anni e 191 giorni) Fabio Miretti (18 anni e 229 giorni) Matías Soulé (18 anni e 229 giorni) Joseph Nonge (18 anni e 237 giorni) Hans Nicolussi Caviglia (18 anni e 263 giorni) Fonte: Sky Sport
  5. superfabietto

    Statistiche campionati con Allegri

    (tabella 1) Breve spiegazione delle colonne meno intuitive: 1) clean sheets: il numero di partite per ciascun campionato senza subire gol. 2) punti per gol fatto: rapporto tra punti totalizzati e gol fatti; 3) NUMERO PARTITE CON RETI fatte: da 0 a 7 gol fatti per ciascuna stagione e partita. Esempio stagione 2014-2015, 4 volte nessun gol fatto, 12 volte 1 gol fatto, 11 volte 2 gol fatti, 9 volte 3 gol fatti..Ecc Ecc... (tabella 1) Breve commento: la tenuta difensiva dei 7 anni di Allegri è sempre stata sempre più o meno buona (con picchi naturalmente in certe stagioni). Con 70/77 gol (unica stagione con più di 80 gol, la stagione 2017-2018) la Juve di Allegri ha vinto 4 campionati dei suoi 5 vinti. (tabella 2) Scarto gol partite vinte. In totale su 184 vittorie (campionato), 78 sono state vinte per un gol di scarto; 66 per due gol di scarto; 28 per 3 gol di scarto...E così via. Aggregate per stagioni. Solo una stagione (la stagione 2021-2022) le vittorie "corto muso" (un gol di scarto) sul totale vittorie è superiore al 50%. (tabella 2) Breve commento: incredibile la regolarità di partite vinte con 1 o 2 gol di scarto. Le vittorie "corto muso" sul totale vittorie sono inferiori al 43%. A voi le valutazioni/proiezioni per il futuro. A voi, a cura di: Fabio Franco PS Dopo il post tragicomico sul "pallottoliere" lascio solo ai freddi numeri l'analisi... PS2 Se avete altre curiosità statistiche, chiedete pure
  6. Adrien Rabiot, in diretta sul canale ufficiale della Juventus su Twitch, parla così del rinnovo e del momento della Juventus. CAVALLO PAZZO - "Sì, mi piace, l'ho già detto. Mi piace il cavallo come animale, un animale che è forte, corre sempre, anche intelligente. Sì, mi piace questo soprannome. Il video del rinnovo? Sì, bel video, mi piace anche il gol a San Siro. Per me è il mio gol preferito, per questo anche il video è bello". RESTARE ALLA JUVE - "Chi mi ha convinto? Non è un segreto. Il mister ci teneva tanto, mi ha parlato tanto quest'anno per rimanere qui alla Juve, anche mentre ero in vacanza mi ha mandato tanti messaggi. In primis il mister, alcuni compagni di squadra ovviamente. Tutti poi. Manna, Cherubini, straordinario. Tanto con tanta gente, tutti nello staff qui. Mi hanno mostrato tanto amore. Direi soprattutto il mister, anche gli altri mi hanno dimostrato tanto amore". LA DECISIONE - "Se hai pensato anche all'Europeo? Ovviamente è importante, ho preso tutto in considerazione, anche il fatto di non sapere cosa ci fosse altrove. Qui sai cosa puoi dare". AFFETTO DEI TIFOSI - "Ha inciso, certo. L'aiuto e il supporto sono importanti, lo sono stati l'anno scorso. Tutto l'anno ho ricevuto tanti messaggi carini, di supporto, di aiuto. Devo dire che per un giocatore è importantissimo questo, sentirsi bene in una squadra, in una città. Ci aiuta tanto. E' stato anche un elemento importante ovviamente nella mia scelta. Ho un buon rapporto con i tifosi, sempre mi fermo fuori dalla Continassa anche a fare due o tre chiacchiere. Per me è importante avere un buon rapporto, tra tifosi e giocatore, siamo tutti insieme, difendiamo gli stessi colori. Anche per loro sentirsi vicino al giocatore è importante". CAPELLI LUNGHI - "Quando sono troppo lunghi è meglio tenerli legati, mi piacciono entrambi ma è vero che mi piace di più giocare così, mi sento più a mio agio". FARE GOL - "Certo, ho fatto tanti gol. E' una cosa che mi piace. Come ho sempre detto, ho fatto anche una buona stagione due anni fa, ho giocato tanto e solo che cambia il numero di gol e assist. Ma puoi fare una buona stagione anche senza fare gol e assist. Il calcio non è solo questo. Lo dico spesso. Adesso il calcio è diventato così: se non fai dieci gol o quindici, sei un giocatore scarso. Se ne fai 10 invece sei un fuoriclasse. Io lo vivo e vedo diversamente, sono contento ovviamente di aiutare la squadra e fare gol. Ho questo potenziale e devo esprimerlo al meglio". WEAH - "Dopo quattro anni qui sono un giocatore 'anziano', posso dirlo: è il quinto anno. In una carriera 5 anni in un club sono tanti. Adesso ho un ruolo un po' diverso, sono un giocatore più esperto. Anche per questo la società mi voleva per aiutare i giocatori più giovani, dimostrare sul campo e dare l'esempio. Abbiamo tanti giocatori giovani. Ho parlato con Weah: qui si lavora tanto per migliorare sempre, vogliamo vincere, è una parola importante. Lui è bravo, pronto a dare tutto, ha capito dov'è atterrato. Tutti i giovani devono capire che qui si lavora per crescere, per dare il meglio. Noi parliamo in francese, lui parla bene il francese. L'italiano? Certo, anche per la lingua, ha voglia di conoscere e migliorare, parleremo anche in italiano per capire il mister. Il mister non parla inglese, quindi...". ALLEGRI - "Per me era un po' difficile capirlo, ora lo capisco meglio". AMBIENTE - "Ho parlato poco con Timothy, parleremo più avanti. Gli ho detto velocemente che qui è particolare, anche i giovani che tornano dal prestito hanno capito e hanno visto che qui ci sono tante pressioni. Ogni partita va vinta. Ma sono buone pressioni, per aiutarti a crescere, a dare il massimo. In una carriera di un calciatore, la Juventus per me è un passo importante a livello di lavoro e mentalità". AIUTARE LA JUVE - "Resto qui per aiutare la Juventus, con un occhio alla Nazionale. Non ho il posto garantito, ma aiuta un ambiente che conosco". JUVENTINI FRANCESI - "Come Deschamps? Lo raggiungo nei numeri, certo. Col CT abbiamo un bel rapporto, per lui la Juventus è un top club, parliamo spesso della Juve. Gli piace il lavoro duro, quindi per questo sa cosa vuol dire lavorare e giocare per la Juve, l'importanza di vestire questa maglia. Abbiamo questo in comune". SOGNI DI BAMBINO - "Ho sempre voluto fare il calciatore, ovviamente. In mente avevo soprattutto la nazionale, per me giocare per il mio Paese è una cosa incredibile. A livello di club non avevo in mente un club in particolare. Volevo arrivare in alto, dare il massimo, soprattutto mi piacerebbe vincere la Champions. Da bambino la voglio. Farò di tutto per arrivarci. Magari con la Juventus...". RUOLO - "Mezzala destra o sinistra? Mi piace più a sinistra, le cose vengono naturalmente, sono mancino. Ho giocato anche a destra e mi trovo bene, non cambia tanto". ANCORA SU ALLEGRI - "Il mister ha capito chi sono, cosa posso dare sul campo. Mi lascia anche questa libertà sul campo. Mi ha spinto tanto dall'inizio, due anni fa, a fare gol, anche in allenamento. Me l'ha sempre detto e me lo dice sempre. Per me è stato importante darmi la fiducia di andare sempre avanti e continuare a giocare e avere questi numeri. Allenatore per me incredibile, anche con giocatori giovani prende il tempo di fare le cose, spiegare... Dopo i 10 gol cosa ti ha detto? E' venuto da me, sì, ma lui sa cosa posso fare. Non mi dice 'hai fatto bene', mi dice che posso fare di più, cos'ho sbagliato... Questo mi piace, non mi aspetto uno che mi dica che sono bravo o straordinario. Ho fiducia in me stesso. Preferisco uno che mi spinge a dare di più. Per questo mi trovo bene con Allegri". Fonte: Calciomercato.com
  7. superfabietto

    Sillogismo tra Aristotele e Allegri

    (Post ironico. Astenersi dal commentare chi non ama farsi anche una risata) Aristotele, parlava di sillogismo perfetto o categorico quando, partendo da due premesse(postulati), una maggiore e una minore, entrambe vere, necessariamente si giungeva ad una conclusione esatta (necessaria o perfetta). Esempio: Gli esseri viventi sono mortali (premessa maggiore) L'uomo è un essere vivente (premessa minore) Dunque L'uomo è un essere mortale. Rielaborazione Allegri. "Sillogismo corto-muso" o "sillogismo allegriano". Ogni squadra di calcio che non subisce gol non può perdere la partita (premessa maggiore); La Juventus è una squadra di calcio (premessa minore); La Juventus non può perdere alcuna partita se non subisce gol Morale: Puoi segnare anche 10 gol in una partita, ma NON hai la certezza di non perdere. Puoi invece non subire neanche un gol, e hai la certezza di NON perdere (Anche)Aristotele rinnoverebbe il contratto ad Allegri "Non perdere non è importante, è l'unica cosa che conta" A cura di: Fabio Franco
  8. TheRedDevil

    Do you remember?

    La frase di mister Allegri resterà scolpita per moltissimo tempo nelle nostre memorie e in quelle degli altri. E voi REMEMBER? Quali sono gli episodi arbitrali più clamorosi e indimenticabili a sfavore della Juve che vi vengono in mente a bruciapelo? Io non dimenticherò mai i due calci di rigore inesistenti dati al Napoli dopo 2 tuffi clamorosi!!! A voi!!!
  9. Il nostro mister Max Allegri si è infortunato durante la Partita del Cuore. Seguiamo qui aggiornamenti per vedere se il mister recupererà in tempo per Cardiff!
  10. In questi giorni, vista forte rivoluzione avvenuta nella sessione di calciomercato appena conclusa e complici le sperimentazioni appena accennate dal nostro Mister, è nata una diatriba ancor più forte tra la varie formazioni con cui schierare e far rendere al meglio i 25 giocatori a disposizione. Ovviamente, negli esempi del topic è valutata la formazione tipo che si potrebbe schierare e sappiamo bene che nell'immediato è abbastanza irrealizzabile visti i numerosi infortuni con cui siamo abituati (purtroppo) a convivere negli ultimi anni. Per questo, fiato alle trombe, si scaldino i tattici e portiamo a casa un vincitore. • Modulo: 4-4-2 (Vantaggi: copertura totale del campo e sovrapposizioni sulla fascia Svantaggi: elevatissima dedizione tattica richiesta agli interpreti) • Modulo: 3-5-2 (Vantaggi: maggiore copertura della profondità e possibilità di cercare l'anticipo più spesso Svantaggi: in non possesso, le ali avversarie costringono ad abbassare gli esterni ed il baricentro) • Modulo: 4-3-3 (Vantaggi: lo scaglionamento consente di creare soluzioni in qualsiasi zona di campo Svantaggi: lo sviluppo iniziale è troppo dipendente dal mediano e, se le ali non aiutano, il centrocampo va in difficoltà) • Modulo: 4-2-3-1 (Vantaggi: numerose soluzioni offensive Svantaggi: ancor più del 442 richiede dedizione tattica per mantenere gli equilibri)
  11. The Godfather of italian coaching https://www.youtube.com/watch?v=05Fz0bQfiYQ
  12. https://www.facebook.com/vecchiasignora.forum/videos/933562733390037/ MI RACCOMANDO,è UN TOPIC GOLIARDICO,SI ASTENGANO I SOLITI CRITICONI,NON è UNA DISCUSSIONE SULL' ALLENATORE
  13. Uno dei migliori staff dirigenziali in circolazione, capace di sorprenderci anche di fronte a scelte a noi difficili da comprendere ma che si sono SEMPRE rivelate giuste e vincenti. Una grande squadra si costruisce anche e soprattutto dalle fondamenta, e Marotta e Paratici nel loro lavoro sono due fenomeni. Rinnovo doveroso e meritatissimo. Grazie ragazzi, ora insieme coltiviamo il sogno
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