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ettore

Calciopoli,un investigatore:"Nessuna partita truccata e le telefonate sparivano"

Post in rilievo

si ricorda a gestori/utenti di altri siti web che questo lavoro di riassunto-news dei giornali sportivi è per vecchiasignora.com e quindi cortesemente si deve riportare la fonte quando si fà copia/incolla

 

Le rivelazioni di un investigatore che ascoltava le intercettazioni:

 

"E' stata una cosa forzata,mai scoperte partite truccate..ricordo che scoppiò una litre tra i capi una voleva chiudere il caso,l'altro no.Auricchio era quello che volle continuare,Arcangioli invece disse basta:non c'erano prove concrete e non gli andava giù che per una del genere fossero impiegate 20 persone su 60 del reparto.Non ho sentito telefonate dell'Inter ma c'erano:i due decidevano quali utilizzare.

Sò per certo che i due andavano spesso a cena con Narducci a Napoli nel locale "Zi Teresa" ma non sò per dirsi cosa.

 

Il server delle intercettazioni ogni tanto si bloccava e cosi' sparivano delle telefonate.Capitava che stavo sentendo la 250 e quando tornava la linea ero alla 280,quindi 30 perse.

 

Il pranzo tra Della Valle,Bergamo e Mazzini?non fu grave e non dissero nulla ma diedero rilevanza alle immagini:ma c'era anche l'audio,sono sicuro e non so che fine abbia fatto.

La sim svizzera di Moggi? era sempre muta,dopo un mese abbiamo deciso di accantonarla."

 

 

corriere dello sport

 

 

CLAMOROSO

Le rivelazioni di un investigatore che ascoltava le intercettazioni «Calciopoli: tutto quello che non sapete»

 

di EDMONDO PINNA (CorSport 23-12-2011)

 

 

Parla uno degli uomini di Calciopoli. Parla, racconta, descrive pagine

di un libro inedito, svelandoci le “sue” verità. L'idea è che le sue

rivelazioni non siano solo un sasso nello stagno ma uno stimolo al

dibattito. E su queste colonne chi vuole e vorrà rispondere troverà

uguale ospitalità. Intanto, il nostro interlocutore parla (ci dice)

per liberarsi da un peso, per sperare che la “sua” verità possa

diventare verità storica. Un appuntamento mancato nei dintorni di

Firenze, l’attesa attorno all’ora di pranzo, un hotel a fare da

coreografia. Viene o non viene? No, non verrà, un contrattempo,

all’ultimo momento, perché succede così anche nei film che fanno

botteghino. Ma è una parentesi, che si chiude qualche giorno dopo, nel

cuore di Roma, un ufficio con vista fra la cupola di San Pietro e il

Tevere, mentre intorno brillano le luci di Natale. Si comincia che il

sereno del cielo sta per farsi azzurro, si finisce che è notte ed il

freddo è tornato pungente. Parla, uno degli uomini di Calciopoli. Non

uno qualsiasi, però. Ma uno che, in quell’inchiesta, stava dall’altra

parte, dalla parte di chi, quelle indagini, le ha fatte. Un

investigatore. Ci qualifichiamo, i documenti sul tavolo, non per

mancanza di fiducia, ma per garanzia reciproca. Chiede che il suo nome

non venga svelato sul giornale. E poi racconta. . . .

 

Calciopoli, definito il più grande scandalo del calcio mondiale, nasce

da quale inchiesta?

«La cosa degli arbitri, l’inchiesta che stava a Napoli. Da lì poi parte un

supplemento di indagini, perchè a Torino avevano archiviato e mandato gli

atti. . . Da questo hanno preso spunto e da lì sono partite varie

intercettazioni, all'inizio erano due telefoni controllati, telefonino e

telefono di casa...»

 

Da due telefoni a oltre centosettantamila intercettazioni?

«Si allarga il giro con le telefonate: questo conosceva quello, quello

conosceva quell'altro e si iniziano a mettere tutti i telefoni sotto

controllo. In un momento uscivano venti numeri di telefono nuovi. Parlavano,

parlavano... Parlavano di stupidaggini alla fine, niente di che. . . Fino a

quando si è arrivati a Moggi. Anche se, quando senti il sonoro, quello scherza,

quell'altro fa il fenomeno...».

 

Lei ascoltava le telefonate?

«Si, sentivo le intercettazioni»

 

Quanti eravate?

«Dodici, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, in via in Selci. Ma non

pensate alle bobine di una volta. Ci sono computer, entri con la password... e

ognuno seguiva una singola utenza.. Poi alla fine si faceva una riunione, io

ho seguito questo, ho seguito quell'altro e si faceva resoconto».

 

Ci spieghi una cosa: come mai le telefonate che riguardavano l’Inter

non sono entrate nell’inchiesta? Eppure il loro tenore non era diverso

da quelle che abbiamo letto, dal 2006 ad oggi. . .

«Noi facevamo i baffetti: dopo ogni telefonata usavamo il verde se le

conversazioni erano ininfluenti, l’arancione se c'era qualche cosettina. Col

rosso parlavano di calcio (nel senso, cose che potevano interessare

all’inchiesta, ndr). Noi facevamo un rapido riassunto, un brogliaccio. Ogni

telefonata aveva il suo brogliaccio, nome cognome e di cosa parlavano, se era

interessante.. C'era una cartellina con il nome».

 

Ha mai intercettato una telefonata dell’Inter? Le ha mai sentite?

Sapeva che c’erano?

«Che ci stavano sì, ma io personalmente no. Io facevo altro. . . »

 

Ma lei ha mai sentito Bergamo, ad esempio, che parlava con Facchetti.

O con Moratti.

«Tu non è che fai sempre gli stessi... Se capita che non ci sei, c'è un altro

che ascolta».

 

Una giornata a sentire le intercettazioni, a mettere i baffetti e

scrivere i brogliacci. E poi?

«Tutte le sere si facevano le riunioni a fine servizio. Attorno ad un

tavolo».

 

Ha mai avuto la sensazione di “tagli”?

«No. Che poi c'erano Auricchio (il tenente colonnello del Nucleo

Investigativo dei Carabinieri, ndr) e Di Laroni (maresciallo capo dei

Carabinieri) che decidevano cosa mettere o non mettere nell'informativa è un

altro discorso. Ma durante le riunioni no»

 

Però alcune intercettazioni non sono finite nell’inchiesta, nelle

indagini. Un’anomalia?

«C’erano perché ci sono le registrazioni. La cosa un po’ anomala è il server

delle intercettazioni. E’ in Procura, a Roma, a Piazzale Clodio. Quando c’era

qualche problema, e capitava spesso, telefonavamo a chi era in Procura:

“Guarda, la postazione 15 qui non funziona, che è successo?” “Vabbé adesso

controllo....”. Dopo un po’ richiamavano da Piazzale Clodio: “Ti ho ridato la

linea, vedi un po’”. Andavi a controllare, magari avevi finito alla telefonata

250 e ti ritrovavi alla telefonata 280. E le altre 30? “Me le so perse. . . ”».

 

Chi contattava il responsabile del server a Piazzale Clodio?

«Non ci parlavamo solo noi, c’era anche il responsabile della sala. Ci

parlava Auricchio, ci parlava Di Laroni...».

 

E’ tecnicamente possibile non intercettare un’utenza sotto controllo

per un determinato periodo di tempo?

«Tranquillamente. Tu stacchi il server e la cosa si perde».

 

Torniamo alle telefonate alle quali avevate messo i baffetti rossi:

non sono finite nell’inchiesta.

«Evidentemente non ci dovevano andare, che devo dire.... Non lo so questo. So

soltanto che quello che veniva fatto, veniva fatto per costruire. Poi io ti

porto il materiale, t’ho portato il mattone ma se tu non ce lo metti, sto

mattone..».

 

Vi hanno detto che l’indagine doveva essere fatta su Moggi, Bergamo,

Pairetto, eccetera?

«No, no. Noi eravamo liberi».

 

Quindi il lavoro di scrematura veniva fatto dopo?

«Sì, nella seconda fase».

 

Avete mai intercettato le sim estere? Quelle del gestore svizzero, per

capirci.

«Quando vai ad intercettare una scheda straniera, in questo caso Svizzera,

devi chiedere l’autorizzazione. E loro che cosa hanno fatto? L’hanno chiesta

ma, nello stesso tempo, hanno già attaccato il telefono. Ma a quel telefono

non parlavano. In quindici giorni, questa scheda, non ha fatto niente».

 

Di chi era la scheda?

«Di Luciano Moggi»

 

Non la usava?

«Non faceva niente, telefono muto. E’ come se tu metti sotto (controllo, ndr)

questo telefono (e indica il suo, ndr) e poi questo è spento per un mese.

Zero. E quindi questa cosa delle schede è stata un po’ accantonata perché poi

l’autorizzazione non te la dava nessuno».

 

Si parlava di anomalie.

«Nel corso di questa indagine sono nate delle cose che inizialmente non

c’erano, mentre cose che inizialmente c’erano, non ci stanno più».

 

Cioè?

«Un esempio di quello che non c’era e si è materializzato nel giro di poco

tempo: Martino Manfredi (ex segretario della Can A-B, ndr). Quando l’abbiamo

portato in ufficio era morto, era un cadavere, tremava, aveva paura... Diceva:

“io non so niente, non ‘è successo niente, ma quando mai... “. E piangeva sul

fatto del posto di lavoro... “come faccio... non posso lavorare più, mi devo

sposare...”. Dopo un po’ di tempo, sto Martino un giorno è andato a lavorare

in Federcalcio.... quando lui ha cominciato ad essere interrogato. . . .

improvvisamente è uscita la storia delle palline. Quella è la cosa che io

dico: è lecito e capibile da parte sua, un po’ meno da. . . . »

 

Si può definire un pentito?

«Non lo so. Prima non sapeva niente, poi sapeva tutto, sapeva di questo, di

quell’altro, di Pairetto, della Fazi...».

 

Lei ha detto: cose che inizialmente c’erano, non ci stanno più. Cioè?

«La storia dell’intercettazione ambientale a Villa La Massa, vicino Firenze»

 

E’ il pranzo che secondo l’accusa rappresenta l’architrave del patto

per salvare la Fiorentina. Andrea e Diego Della Valle da una parte,

Mazzini e Bergamo dall’altra. Bene, e cosa non c’è più?

«Di questo incontro si è saputo nell’arco di 4, 5 giorni, attraverso le

intercettazioni. Il servizio era organizzato con telecamera e microfono

direzionale. Se la cosa fosse stata fatta in un locale dove c’era gente e

avendolo saputo un po’ prima, si potevano mettere microspie dappertutto.

Invece così, in pochissimo tempo, e non a Roma ma a Firenze, era difficoltoso.

Con il microfono direzionale, a cinquanta, cento metri, senti quello che uno

dice. E lo filmi con la telecamera. Però sta voce non s’è mai sentita.. . . Io

so che l’hanno sentita... Questa cosa è importante perché là io so che non

hanno parlato di niente. Questi qui hanno parlato ma non hanno detto niente

di.... Magari pensi che Della Valle abbia detto a Mazzini: “Dai, famme vince,

mandami quest’arbitro”, che sarebbe stata una cosa penalmente rilevante.

Invece, non hanno detto niente. Ci sono le immagini, Diego e Andrea che

scendono dal furgoncino, che si sono incontrati con Bergamo. Hanno dato più

rilevanza a questo che non facendo sentire l’audio».

 

Secondo lei, quindi, l’audio c’è?

«Non secondo me. L’audio c’è».

 

Sicuro?

«Sicuro»

 

La difesa della Fiorentina, durante il processo, ha puntato proprio

sulla presunta esistenza di quest’audio....

«La Fiorentina evidentemente qualcosa ha saputo. . . E’ come il fatto del

“Libro nero” (dell’Espresso, ndr), cioè, sto libro nero da là è uscito, non è

un foglio, è tutta l’informativa e qualcuno l’ha data all’Espresso. Quindi i

buchi ci stanno. Della Valle qualcosa sa».

 

Come funziona un’intercettazione ambientale con il microfono

direzionale?

«E’ una valigetta, c’è un microfono che somiglia ad una specie di pistola con

una parabola. La punti verso il soggetto....Ma da quel giorno non s’è saputo

più nulla di questa cosa qua...».

 

Ricorda altre situazioni poco chiare?

«No, a queste ho sempre pensato. E mi dico: perché uno deve passare i guai,

per che cosa? E quell’altro, perché deve andare dentro? Moralmente ti pesa,

dopo un po’ ti dici: mamma mia».

 

Tra quelli che sono stati condannati in primo grado, quali sono quelli

che pagano troppo o ingiustamente?

«Io dico la verità, la maggior parte. Cioè, è una cosa fatta, forzata un po’,

ci stava la telefonata, però se vai a vedere effettivamente le partite,

partite veramente truccate, dove l’arbitro è stato veramente coinvolto. Non ci

sono. Non c’è la partita dove si dice: adesso li abbiamo beccati. Si era

parlato di questo è Lecce-Parma, di De Santis, quella di “mi sono messo in

mezzo”. E’ una spacconeria, quello voleva fare il fenomeno».

 

Sì, ma sono state condannate tante persone. Lei, invece, parla di

spacconate: qualcosa non torna....

«Secondo me, di veramente importante, che uno deve prendere cinque anni, sei

anni, non ci sta niente. Poi magari pensi all’eccessivo modo spavaldo di Moggi

che può dare anche fastidio, questo ci può stare, quello è il periodo in cui

era prepotente, arrogante. Ma da lì ad arrivare a.... Bisognava dimostrare che

c’era un’associazione. Lui, solo lui (Moggi, ndr) fa l’associazione? Così è

un’altra cosa. . . E’ una questione di prestigio, di carriera».

 

Ma l’hanno fatta tutti, la carriera?

«Mica tanto: Auricchio e Arcangioli stanno alle scuole.... non è che so stati

proprio premiati....Uno alla scuola Ufficiali, uno alla scuola Allievi. . . »

 

Non ricorda niente altro di particolare. Non necessariamente di

anomalo. Magari anche solo di curioso.

«Mi hanno raccontato di alcune cenette: Auricchio, Arcangioli, Narducci,

anche altri personaggi che hanno segnato quel periodo di Calciopoli. In

qualche caso, mi sono chiesto che importanza poteva avere andare a mangiare

con Narducci. Sono andati a cena a Napoli, di fronte al Vesuvio, a Castel

dell’Ovo. . . da Zi’ Teresa. E non c’erano solo gli investigatori».

 

Ha detto che non c’era nulla di penalmente rilevante: c’è stato

qualcuno che, ad un certo punto, ha avuto dubbi sul peso dell’indagine,

sulla necessità di continuare ad andare avanti?

«Sì, Arcangioli. Disse: basta. E lì è nato lo scontro con Auricchio,

arrivarono ai ferri corti».

 

Quindi voleva stoppare l’indagine perché debole?

«Sì, Arcangioli sì. Erano impegnate quindici, venti persone per questa cosa

qua. E l’autista; e quello che deve andare di continuo a Napoli. Non era

cosa... In una sezione di sessanta persone, ne levi quindici, le altre fanno

tutto il lavoro».

 

Qualche pentito c’è stato?

«No».

 

In via in Selci (è la sede del Nucleo Investigativo dei Carabinieri),

dove si sono svolti gli interrogatori, sarebbero successe due cose:

una che Moggi si mise a piangere e l’altra che l’ex arbitro Paparesta

accusò un malore: verità o leggenda?

«Non è vero».

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vedrete che nella giornata di oggi screditeranno anche questo...andava a trans... votava cicciolina...vedeva i film porno mentre lavorava... usava la paletta di servizio per passare la coda in strada... aveva il poster di moggi a casa....e via con la sabbia.

L'Italia è un paese di m..a, la mia fiducia è finita da un pezzo.

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Le rivelazioni di un investigatore che ascoltava le intercettazioni:

 

"Non ho sentito telefonate dell'Inter ma c'erano:i due decidevano quali utilizzare".

 

"Il server delle intercettazioni ogni tanto si bloccava e cosi' sparivano delle telefonate.Capitava che stavo sentendo la 250 e quando tornava la linea ero alla 280,quindi 30 perse".

 

"La sim svizzera di Moggi? era sempre muta,dopo un mese abbiamo deciso di accantonarla."

 

 

E ancora esiste chi c'è la mena...

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CLAMOROSO

Le rivelazioni di un investigatore che ascoltava le intercettazioni «Calciopoli: tutto quello che non sapete»

 

di EDMONDO PINNA (CorSport 23-12-2011)

 

 

Parla uno degli uomini di Calciopoli. Parla, racconta, descrive pagine

di un libro inedito, svelandoci le “sue” verità. L'idea è che le sue

rivelazioni non siano solo un sasso nello stagno ma uno stimolo al

dibattito. E su queste colonne chi vuole e vorrà rispondere troverà

uguale ospitalità. Intanto, il nostro interlocutore parla (ci dice)

per liberarsi da un peso, per sperare che la “sua” verità possa

diventare verità storica. Un appuntamento mancato nei dintorni di

Firenze, l’attesa attorno all’ora di pranzo, un hotel a fare da

coreografia. Viene o non viene? No, non verrà, un contrattempo,

all’ultimo momento, perché succede così anche nei film che fanno

botteghino. Ma è una parentesi, che si chiude qualche giorno dopo, nel

cuore di Roma, un ufficio con vista fra la cupola di San Pietro e il

Tevere, mentre intorno brillano le luci di Natale. Si comincia che il

sereno del cielo sta per farsi azzurro, si finisce che è notte ed il

freddo è tornato pungente. Parla, uno degli uomini di Calciopoli. Non

uno qualsiasi, però. Ma uno che, in quell’inchiesta, stava dall’altra

parte, dalla parte di chi, quelle indagini, le ha fatte. Un

investigatore. Ci qualifichiamo, i documenti sul tavolo, non per

mancanza di fiducia, ma per garanzia reciproca. Chiede che il suo nome

non venga svelato sul giornale. E poi racconta. . . .

 

Calciopoli, definito il più grande scandalo del calcio mondiale, nasce

da quale inchiesta?

«La cosa degli arbitri, l’inchiesta che stava a Napoli. Da lì poi parte un

supplemento di indagini, perchè a Torino avevano archiviato e mandato gli

atti. . . Da questo hanno preso spunto e da lì sono partite varie

intercettazioni, all'inizio erano due telefoni controllati, telefonino e

telefono di casa...»

 

Da due telefoni a oltre centosettantamila intercettazioni?

«Si allarga il giro con le telefonate: questo conosceva quello, quello

conosceva quell'altro e si iniziano a mettere tutti i telefoni sotto

controllo. In un momento uscivano venti numeri di telefono nuovi. Parlavano,

parlavano... Parlavano di stupidaggini alla fine, niente di che. . . Fino a

quando si è arrivati a Moggi. Anche se, quando senti il sonoro, quello scherza,

quell'altro fa il fenomeno...».

 

Lei ascoltava le telefonate?

«Si, sentivo le intercettazioni»

 

Quanti eravate?

«Dodici, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, in via in Selci. Ma non

pensate alle bobine di una volta. Ci sono computer, entri con la password... e

ognuno seguiva una singola utenza.. Poi alla fine si faceva una riunione, io

ho seguito questo, ho seguito quell'altro e si faceva resoconto».

 

Ci spieghi una cosa: come mai le telefonate che riguardavano l’Inter

non sono entrate nell’inchiesta? Eppure il loro tenore non era diverso

da quelle che abbiamo letto, dal 2006 ad oggi. . .

«Noi facevamo i baffetti: dopo ogni telefonata usavamo il verde se le

conversazioni erano ininfluenti, l’arancione se c'era qualche cosettina. Col

rosso parlavano di calcio (nel senso, cose che potevano interessare

all’inchiesta, ndr). Noi facevamo un rapido riassunto, un brogliaccio. Ogni

telefonata aveva il suo brogliaccio, nome cognome e di cosa parlavano, se era

interessante.. C'era una cartellina con il nome».

 

Ha mai intercettato una telefonata dell’Inter? Le ha mai sentite?

Sapeva che c’erano?

«Che ci stavano sì, ma io personalmente no. Io facevo altro. . . »

 

Ma lei ha mai sentito Bergamo, ad esempio, che parlava con Facchetti.

O con Moratti.

«Tu non è che fai sempre gli stessi... Se capita che non ci sei, c'è un altro

che ascolta».

 

Una giornata a sentire le intercettazioni, a mettere i baffetti e

scrivere i brogliacci. E poi?

«Tutte le sere si facevano le riunioni a fine servizio. Attorno ad un

tavolo».

 

Ha mai avuto la sensazione di “tagli”?

«No. Che poi c'erano Auricchio (il tenente colonnello del Nucleo

Investigativo dei Carabinieri, ndr) e Di Laroni (maresciallo capo dei

Carabinieri) che decidevano cosa mettere o non mettere nell'informativa è un

altro discorso. Ma durante le riunioni no»

 

Però alcune intercettazioni non sono finite nell’inchiesta, nelle

indagini. Un’anomalia?

«C’erano perché ci sono le registrazioni. La cosa un po’ anomala è il server

delle intercettazioni. E’ in Procura, a Roma, a Piazzale Clodio. Quando c’era

qualche problema, e capitava spesso, telefonavamo a chi era in Procura:

“Guarda, la postazione 15 qui non funziona, che è successo?” “Vabbé adesso

controllo....”. Dopo un po’ richiamavano da Piazzale Clodio: “Ti ho ridato la

linea, vedi un po’”. Andavi a controllare, magari avevi finito alla telefonata

250 e ti ritrovavi alla telefonata 280. E le altre 30? “Me le so perse. . . ”».

 

Chi contattava il responsabile del server a Piazzale Clodio?

«Non ci parlavamo solo noi, c’era anche il responsabile della sala. Ci

parlava Auricchio, ci parlava Di Laroni...».

 

E’ tecnicamente possibile non intercettare un’utenza sotto controllo

per un determinato periodo di tempo?

«Tranquillamente. Tu stacchi il server e la cosa si perde».

 

Torniamo alle telefonate alle quali avevate messo i baffetti rossi:

non sono finite nell’inchiesta.

«Evidentemente non ci dovevano andare, che devo dire.... Non lo so questo. So

soltanto che quello che veniva fatto, veniva fatto per costruire. Poi io ti

porto il materiale, t’ho portato il mattone ma se tu non ce lo metti, sto

mattone..».

 

Vi hanno detto che l’indagine doveva essere fatta su Moggi, Bergamo,

Pairetto, eccetera?

«No, no. Noi eravamo liberi».

 

Quindi il lavoro di scrematura veniva fatto dopo?

«Sì, nella seconda fase».

 

Avete mai intercettato le sim estere? Quelle del gestore svizzero, per

capirci.

«Quando vai ad intercettare una scheda straniera, in questo caso Svizzera,

devi chiedere l’autorizzazione. E loro che cosa hanno fatto? L’hanno chiesta

ma, nello stesso tempo, hanno già attaccato il telefono. Ma a quel telefono

non parlavano. In quindici giorni, questa scheda, non ha fatto niente».

 

Di chi era la scheda?

«Di Luciano Moggi»

 

Non la usava?

«Non faceva niente, telefono muto. E’ come se tu metti sotto (controllo, ndr)

questo telefono (e indica il suo, ndr) e poi questo è spento per un mese.

Zero. E quindi questa cosa delle schede è stata un po’ accantonata perché poi

l’autorizzazione non te la dava nessuno».

 

Si parlava di anomalie.

«Nel corso di questa indagine sono nate delle cose che inizialmente non

c’erano, mentre cose che inizialmente c’erano, non ci stanno più».

 

Cioè?

«Un esempio di quello che non c’era e si è materializzato nel giro di poco

tempo: Martino Manfredi (ex segretario della Can A-B, ndr). Quando l’abbiamo

portato in ufficio era morto, era un cadavere, tremava, aveva paura... Diceva:

“io non so niente, non ‘è successo niente, ma quando mai... “. E piangeva sul

fatto del posto di lavoro... “come faccio... non posso lavorare più, mi devo

sposare...”. Dopo un po’ di tempo, sto Martino un giorno è andato a lavorare

in Federcalcio.... quando lui ha cominciato ad essere interrogato. . . .

improvvisamente è uscita la storia delle palline. Quella è la cosa che io

dico: è lecito e capibile da parte sua, un po’ meno da. . . . »

 

Si può definire un pentito?

«Non lo so. Prima non sapeva niente, poi sapeva tutto, sapeva di questo, di

quell’altro, di Pairetto, della Fazi...».

 

Lei ha detto: cose che inizialmente c’erano, non ci stanno più. Cioè?

«La storia dell’intercettazione ambientale a Villa La Massa, vicino Firenze»

 

E’ il pranzo che secondo l’accusa rappresenta l’architrave del patto

per salvare la Fiorentina. Andrea e Diego Della Valle da una parte,

Mazzini e Bergamo dall’altra. Bene, e cosa non c’è più?

«Di questo incontro si è saputo nell’arco di 4, 5 giorni, attraverso le

intercettazioni. Il servizio era organizzato con telecamera e microfono

direzionale. Se la cosa fosse stata fatta in un locale dove c’era gente e

avendolo saputo un po’ prima, si potevano mettere microspie dappertutto.

Invece così, in pochissimo tempo, e non a Roma ma a Firenze, era difficoltoso.

Con il microfono direzionale, a cinquanta, cento metri, senti quello che uno

dice. E lo filmi con la telecamera. Però sta voce non s’è mai sentita.. . . Io

so che l’hanno sentita... Questa cosa è importante perché là io so che non

hanno parlato di niente. Questi qui hanno parlato ma non hanno detto niente

di.... Magari pensi che Della Valle abbia detto a Mazzini: “Dai, famme vince,

mandami quest’arbitro”, che sarebbe stata una cosa penalmente rilevante.

Invece, non hanno detto niente. Ci sono le immagini, Diego e Andrea che

scendono dal furgoncino, che si sono incontrati con Bergamo. Hanno dato più

rilevanza a questo che non facendo sentire l’audio».

 

Secondo lei, quindi, l’audio c’è?

«Non secondo me. L’audio c’è».

 

Sicuro?

«Sicuro»

 

La difesa della Fiorentina, durante il processo, ha puntato proprio

sulla presunta esistenza di quest’audio....

«La Fiorentina evidentemente qualcosa ha saputo. . . E’ come il fatto del

“Libro nero” (dell’Espresso, ndr), cioè, sto libro nero da là è uscito, non è

un foglio, è tutta l’informativa e qualcuno l’ha data all’Espresso. Quindi i

buchi ci stanno. Della Valle qualcosa sa».

 

Come funziona un’intercettazione ambientale con il microfono

direzionale?

«E’ una valigetta, c’è un microfono che somiglia ad una specie di pistola con

una parabola. La punti verso il soggetto....Ma da quel giorno non s’è saputo

più nulla di questa cosa qua...».

 

Ricorda altre situazioni poco chiare?

«No, a queste ho sempre pensato. E mi dico: perché uno deve passare i guai,

per che cosa? E quell’altro, perché deve andare dentro? Moralmente ti pesa,

dopo un po’ ti dici: mamma mia».

 

Tra quelli che sono stati condannati in primo grado, quali sono quelli

che pagano troppo o ingiustamente?

«Io dico la verità, la maggior parte. Cioè, è una cosa fatta, forzata un po’,

ci stava la telefonata, però se vai a vedere effettivamente le partite,

partite veramente truccate, dove l’arbitro è stato veramente coinvolto. Non ci

sono. Non c’è la partita dove si dice: adesso li abbiamo beccati. Si era

parlato di questo è Lecce-Parma, di De Santis, quella di “mi sono messo in

mezzo”. E’ una spacconeria, quello voleva fare il fenomeno».

 

Sì, ma sono state condannate tante persone. Lei, invece, parla di

spacconate: qualcosa non torna....

«Secondo me, di veramente importante, che uno deve prendere cinque anni, sei

anni, non ci sta niente. Poi magari pensi all’eccessivo modo spavaldo di Moggi

che può dare anche fastidio, questo ci può stare, quello è il periodo in cui

era prepotente, arrogante. Ma da lì ad arrivare a.... Bisognava dimostrare che

c’era un’associazione. Lui, solo lui (Moggi, ndr) fa l’associazione? Così è

un’altra cosa. . . E’ una questione di prestigio, di carriera».

 

Ma l’hanno fatta tutti, la carriera?

«Mica tanto: Auricchio e Arcangioli stanno alle scuole.... non è che so stati

proprio premiati....Uno alla scuola Ufficiali, uno alla scuola Allievi. . . »

 

Non ricorda niente altro di particolare. Non necessariamente di

anomalo. Magari anche solo di curioso.

«Mi hanno raccontato di alcune cenette: Auricchio, Arcangioli, Narducci,

anche altri personaggi che hanno segnato quel periodo di Calciopoli. In

qualche caso, mi sono chiesto che importanza poteva avere andare a mangiare

con Narducci. Sono andati a cena a Napoli, di fronte al Vesuvio, a Castel

dell’Ovo. . . da Zi’ Teresa. E non c’erano solo gli investigatori».

 

Ha detto che non c’era nulla di penalmente rilevante: c’è stato

qualcuno che, ad un certo punto, ha avuto dubbi sul peso dell’indagine,

sulla necessità di continuare ad andare avanti?

«Sì, Arcangioli. Disse: basta. E lì è nato lo scontro con Auricchio,

arrivarono ai ferri corti».

 

Quindi voleva stoppare l’indagine perché debole?

«Sì, Arcangioli sì. Erano impegnate quindici, venti persone per questa cosa

qua. E l’autista; e quello che deve andare di continuo a Napoli. Non era

cosa... In una sezione di sessanta persone, ne levi quindici, le altre fanno

tutto il lavoro».

 

Qualche pentito c’è stato?

«No».

 

In via in Selci (è la sede del Nucleo Investigativo dei Carabinieri),

dove si sono svolti gli interrogatori, sarebbero successe due cose:

una che Moggi si mise a piangere e l’altra che l’ex arbitro Paparesta

accusò un malore: verità o leggenda?

«Non è vero».

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Purtroppo la cosa grave è che ci sia stata la condanna da parte di un tribunale penale...

Questo la dice lunga sul livello raggiunto dal nostro paese .disorientato

.sisi l'amarezza sta proprio in quello.

 

la famosa giustizia in italia

 

dove gli assassini e gli stupratori stanno in liberta'

e chi ruba un pezzo di pane va in galera....

 

.doh

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Come mai adesso e non un mese fà?

Scusate ma a ma questi pentimenti post sentenze danno sui nervi,se uno ha voglia di parlare lo fà prima e non dopo,e poi adesso ce scommessopoli non frega più niente a nessuno tranne che a noi....

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Ho la sensazione che sia la priam azione di Della Valle dopo il tavolo della pace...

La prima cosa che mi vienne in mente è di ringraziare Penta per l'anticipazione che diede

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Le rivelazioni di un investigatore che ascoltava le intercettazioni:

 

"E' stata una cosa forzata,mai scoperte partite truccate..ricordo che scoppiò una litre tra i capi una voleva chiudere il caso,l'altro no.Auricchio era quello che volle continuare,Arcangioli invece disse basta:non c'erano prove concrete e non gli andava giù che per una del genere fossero impiegate 20 persone su 60 del reparto.Non ho sentito telefonate dell'Inter ma c'erano:i due decidevano quali utilizzare.

Sò per certo che i due andavano spesso a cena con Narducci a Napoli nel locale "Zi Teresa" ma non sò per dirsi cosa.

 

Il server delle intercettazioni ogni tanto si bloccava e cosi' sparivano delle telefonate.Capitava che stavo sentendo la 250 e quando tornava la linea ero alla 280,quindi 30 perse.

 

Il pranzo tra Della Valle,Bergamo e Mazzini?non fu grave e non dissero nulla ma diedero rilevanza alle immagini:ma c'era anche l'audio,sono sicuro e non so che fine abbia fatto.

La sim svizzera di Moggi? era sempre muta,dopo un mese abbiamo deciso di accantonarla."

 

 

corriere dello sport

Ho già vomitato abbastanza in questi cinque anni, ormai non mi fa quasi più effetto, poi ci sono dei mentecatti che mi affibbiano i meno uno, vorrei sapere il perchè, ma forse è superfluo interrogarsi sulla contorsione mentale dei mentecatti..

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Ha confermato quello che tutti prima immaginavano e che durante il processo hanno avuto conferme.

Doveano andare così le cose e così sono andate.

Purtroppo per noi

Guarda, un complotto da parte di altri è pure capibile, ma il modo in cui Elkann ha mandato al macello la juve ed i suoi dirigenti non lo dimenticherò mai....

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"Quello che non sapete su Calciopoli"

La verità dell'investigatore pentito

 

Pronto a svelare le zone d'ombra

dell'inchiesta: «Alcune cose prima c'erano e sono sparite, altre non c'erano e sono comparse»

 

 

ROMA - Ora che le sentenze di primo grado su Calciopoli sono in campo - 16 i condannati, 5 anni e 4 mesi la pena per Luciano Moggi, di un anno e 3 mesi quelle per Diego ed Andrea Della Valle e Claudio Lotito fuori dal processo, e in attesa dell’appello, c’è un mondo in movimento. Il calcio è impegnato a trovare una pace, oggi impossibile, fra chi è coinvolto nei fatti di cinque anni fa e chi, quei fatti, li vuole tenere distanti. E, una pace con se stesso, adesso, la vuole trovare anche chi quello scandalo l’ha vissuto dall’altra parte, ovvero con le cuffie in testa e un computer davanti agli occhi dove ascoltare le intercettazioni di Calciopoli.

 

C’è un investigatore che parla, racconta, descrive i contorni più discussi del Grande Scandalo. Un investigatore dei dodici che si dividevano fra le migliaia di colloqui intercettati nelle stanze di via in Selci a Roma. «Eravamo dodici, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Ma non pensate alle bobine di una volta: ci sono computer, entri con la password...e ognuno seguiva una singola utenza...Poi, alla fine, ogni sera, si faceva la riunione, io ho seguito questo, io quell’altro e alla fine ecco il resoconto...», così Roberto, nome di fantasia. La carta d’identità è sul tavolo: l’investigatore la fa vedere ad alcuni giornalisti e chiede che il suo nome non venga svelato sul giornale. Parla per voglia di verità e lo fa perché spera che qualche magistrato, magari quello dell’appello, lo chiami come teste. Per Roberto «alcune cose prima c’erano e sono sparite, altre non c’erano e sono comparse...». L’investigatore sente che è arrivato il momento (il suo) per fare chiarezza su alcuni passaggi dell’inchiesta, da lui svolta sotto gli ordini dei suoi superiori. Così, Roberto, si sofferma sulle sim svizzere («Quando vai ad intercettare una scheda straniera, in questo caso Svizzera, devi chiedere l’autorizzazione. E loro cosa hanno fatto? L’hanno chiesta, ma, nel frattempo, hanno già attaccato il telefono, ma, a quel telefono, non parlavano. In quindici giorni, questa scheda, non ha fatto niente...), ripercorre il giorno del pranzo che, secondo l’accusa di Calciopoli, rappresenta l’architrave del patto per salvare la Fiorentina quando Diego ed Andrea Della Valle incontrano l’allora designatore Paolo Bergamo e l’allora vice presidente della Figc Innocenzo Mazzini in un ristorante sopra Firenze («...io so che non hanno parlato di niente, sono sicuro che l’audio c’è...) e precisa come, fra i suoi stessi superiori, ci fosse chi avrebbe voluto che l’indagine si fermasse non portando a nulla di rilevante («Arcangioli disse basta, Auricchio voleva andare avanti...»). Attorno a Calciopoli c’è un mondo in movimento: ieri l’ex arbitro Paolo Dondarini, condannato con il rito abbreviato, ha presentato un esposto alla procura di Roma sulle intercettazioni inutilizzate.

 

 

GUGLIELMO BUCCHERI - La Stampa

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Puo darsi che sia vero, ma ha fatto queste esternazioni a volto coperto?

o e andato in redazione? o ha invitato l inviato giornalist a casa sua

con tanto di foto?.... io ci credo perché secondo me e sempre stata na

farsa e quindi sto racconto rispecchia quello che pensiamo tutti.

 

Ma se uno sa che é una farsa poi polizioto in servizio

dovrebbe avere la forza e le palle ad andare a denunciare tutto questo

che si fa prima si aspetta la sentenza e poi esci allo scoperto a che

serve?. Puo servire come testimonianza in apello....

 

La cosa piu curiosa e che tutti avevano gli stessi toni i timbri di voce

e facevano i gradassi senza distinzione. Gli onestoni pzdm invece dicono

che il tono della voce fa la differenza ''fra un mafioso e un santo''...

 

''Scomessopoli'' ieri su certe fonti giornalistiche giravano

nomi come Gattuso o suo fratello o zio, su Stankovic, Snejder

 

le avete lette??? i giornali importanti le hanno nascoste la Gazzaladra

ma anche Tuttosporc.

 

immaginate un po se fra questi nomi c era uno della Juve? vi riccordate

Buffon (anche se ha fatto una vera e propria *...) quanta * gli e arrivata adosso, oppure la puntura di Ape di Cannavaro sbattuti tutti sempre n prima pagina per cose che si sa gia dal inizio che non ce niente. Gli altri invce ben nascosti sono nauseato.

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La classe politica, giudiziaria, inquirente e giornalistica di questo paese meriterebbe di essere portata in piazza e lasciata li a disposizione di tutti per un paio di ore. Vorrei vedere che fine farebbero

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Bho, nulla di così clamoroso, fa rabbia leggere certe cose ma tanto non è possibile portare queste cose se non ci sono prove effettive.

 

Sono molto deluso dalle aspettative.

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Le rivelazioni di un investigatore che ascoltava le intercettazioni:

 

"E' stata una cosa forzata,mai scoperte partite truccate..ricordo che scoppiò una litre tra i capi una voleva chiudere il caso,l'altro no.Auricchio era quello che volle continuare,Arcangioli invece disse basta:non c'erano prove concrete e non gli andava giù che per una del genere fossero impiegate 20 persone su 60 del reparto.Non ho sentito telefonate dell'Inter ma c'erano:i due decidevano quali utilizzare.

Sò per certo che i due andavano spesso a cena con Narducci a Napoli nel locale "Zi Teresa" ma non sò per dirsi cosa.

 

Il server delle intercettazioni ogni tanto si bloccava e cosi' sparivano delle telefonate.Capitava che stavo sentendo la 250 e quando tornava la linea ero alla 280,quindi 30 perse.

 

Il pranzo tra Della Valle,Bergamo e Mazzini?non fu grave e non dissero nulla ma diedero rilevanza alle immagini:ma c'era anche l'audio,sono sicuro e non so che fine abbia fatto.

La sim svizzera di Moggi? era sempre muta,dopo un mese abbiamo deciso di accantonarla."

 

 

corriere dello sport

Maledetti maledetti maledetti maledetti!!!!!!!!!!

Devono Pagare e finire in miseria ed in galera per quanto ci hanno fatto

Avranno il mio totale ed eterno Disprezzo !!! :8

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