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Vecchiasignora.com ricorda le vittime dell'Heysel con la testimonianza dell'amministratore Chub

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la testimonianza di Sergio (Chub)

 

HEYSEL, 29.05.1985

 

E’ quasi mezzogiorno quando arriviamo a Bruxelles. Il viaggio è stato interminabile, soprattutto per me che non riesco a dormire in pullmann. Lungo il percorso ogni tanto abbiamo superato altre carovane di tifosi juventini, con i quali ci siamo salutati chiassosamente, ma avvicinandoci alla città il numero di pullmann bianconeri è aumentato in maniera esponenziale: siamo una marea e questo, anche se si tratta solo di una illusione, ci fa ben sperare per l’esito della partita.

 

Il parcheggio che ci hanno riservato è grandissimo ed è stracolmo di tifosi. Cerco qualche faccia conosciuta, ma so che è inutile. Solo io, Gino e Fabio siamo arrivati qui per strada; gli altri tifosi della mia cittadina stanno arrivando in aereo, beati loro che possono. Cerchiamo le indicazioni per lo stadio. Non ce ne sono oppure non le vediamo, seguiamo la corrente bianconera, qualcuno là davanti saprà dov’è. Una breve pausa per una foto davanti all’Atomium: l’ho visto mille volte sui libri di geografia e vederlo dal vero mi fa un certo effetto.

 

Finalmente arriviamo nei pressi dello stadio: esternamente non ci sembra granché, spero che sia meglio all’interno. Sui prati attorno allo stadio ci sono tantissimi gruppetti di tifosi: c’è chi mangia, chi dorme, chi legge la Gazzetta e avvicinandoci sentiamo i discorsi concitati di mille allenatori; ognuno ha la sua formazione e la sua tattica di gara, ci accomuna solo la speranza che non si ripeta la beffa di Atene.

 

Io, apprensivo come al solito, voglio individuare l’ingresso del nostro settore per non essere impreparato quando apriranno i cancelli; Gino e Fabio mi prendono in giro ma si uniscono a me nella ricerca. Ci avviciniamo al perimetro dello stadio e cominciamo a percorrerlo. Nei pressi di quella che dovrebbe essere la tribuna centrale ci sono delle transenne. Qui non si passa. Facciamo un giro più ampio e arriviamo in corrispondenza di una delle curve. Sarà la nostra? Assorti nella ricerca, non ci siamo accorti che il colore dei prati circostanti è gradualmente mutato: da verde, bianco e nero è diventato verde e rosso. Qui ci sono i tifosi del Liverpool. Nella illusoria speranza che la mia maglia bianconera e quella di Fabio non risultino così evidenti (come se quella blu da trasferta di Gino con il logo Ariston, lo scudetto e le stelle sembrasse una normale polo…) proseguiamo nel nostro cammino. Non posso fare a meno di sbirciare i volti dei tifosi inglesi, nel timore di una espressione di minaccia e nella speranza di un sorriso di complicità.

 

Un ragazzo si stacca da un gruppetto numeroso e si avvicina. Sorride timoroso, indica la mia maglia e mi parla. Accidenti, come è diversa la sua parlata dall’inglese della prof.; comprendo la metà delle sue parole, ma capisco che vuole cambiare la mia maglia con la sua. Perché no? Magari ci speravo in una cosa del genere e forse sarà per questo che, oltre alla maglia ufficiale, mi sono portato una maglia replica acquistata su una bancarella davanti al Comunale prima della partita con il Bordeaux. Facciamo lo scambio. E’ bella la loro maglia, di un rosso che comunica passione; chissà quand’è che la Juve deciderà di adottare le maglie fatte con questo tessuto lucido. Ci diamo la mano e ci salutiamo. Io gli dico: “Good luck”, ma non lo penso veramente, non per stasera almeno.

 

Proseguiamo nella nostra ricerca, arriviamo quasi alla fine della curva prima del settore dei distinti; qui c’è un po’ di movimento. Non capiamo o forse capiamo ma non ci sembra possibile. Ci sono dei tifosi a cavalcioni del muro di cinta che in questo punto mi sembra più basso che altrove e con il filo spinato rotto; altri tifosi stanno passando loro dei contenitori, sembrano casse di birra. Forse stanno portando dentro degli striscioni, ma qualcosa ci dice che la prima impressione è quella giusta. Questi sembrano meno amichevoli di quelli che abbiamo incontrato prima e allora decidiamo di non indugiare troppo e ci affrettiamo ad allontanarci.

 

Passato il settore dei distinti, l’ambiente torna a tingersi del rassicurante colore bianconero e vediamo anche un cancello con sopra un cartello che recita “Juventus”; non ci è dato di sapere se è l’ingresso del nostro settore, ma una valutazione della piantina dello stadio disegnata dietro al biglietto di ingresso ci spinge a pensare che sia così. Chiedo a tutti quelli che incontro se è questo il settore ‘N’ e puntuale arriva la presa in giro di Gino e Fabio. Siamo arrivati e anche se è un po’ presto, decidiamo di fermarci qui. Anni di partite al Comunale ci hanno insegnato che se non sei davanti ai cancelli quando aprono, ti rimangono i posti peggiori.

 

Il pomeriggio avanza, fa caldo (perché quando compri la maglia ufficiale ti mandano sempre quella a maniche lunghe invernale?), il numero di tifosi aumenta e tutti si accalcano. Già da tempo abbiamo rinunciato a stare seduti e, per giunta, nel gruppo si è infilato anche un poliziotto a cavallo ed io, con la mia solita fortuna, sono faccia a faccia con il quadrupede. Spero che sia stato addestrato bene. Sorrido al poliziotto, nella speranza che capisca che qui non ci sono teppisti, ma lui non si smuove. “Vabbè, l’importante è che tu tenga buono Furia” penso io.

 

Cresce l’eccitazione. La batteria dell’orologio mi ha abbandonato, ma penso che ormai ci siamo. Ora aprono. E’ come una scossa. Cominciano i cori “Juve, Juve” prima ancora di entrare. Siamo dentro. Ci sistemiamo in una posizione decente, vicino ai distinti e cominciamo a studiare quello che sarà il teatro della partita. Il prato è uno splendore. Qui il verde sembra – se possibile – più verde, che meraviglia. Però il resto non è granché: lo stadio non ci sembra molto grande; sicuramente è molto vecchio e comunque tenuto male. Addirittura i gradini larghi e bassi sono in più parti sbriciolati. Penso che sia quasi meglio il Comunale, che ho tante volte denigrato. Ricomincio a fare il solito giochetto delle “forze” sugli spalti, come se il numero dei tifosi fosse decisivo. Guardo verso al curva opposta alla nostra, dove ci sono i nostri “nemici”, ma non è tutta rossa: nella parte verso le tribune ci sono degli juventini. Chissà, forse siamo talmente in tanti che ci hanno riservato anche quel settore. Intanto lo stadio si riempie. Per ingannare l’attesa si parla, si legge un quotidiano faticosamente mendicato al vicino; ogni tanto qualcuno parte con un coro e allora tiriamo su sciarpe e bandiere e cantiamo per darci coraggio e sperando di darne ai giocatori. C’è uno dietro di me che ha uno striscione con scritto “Mamma sono qui”. Questa mi mancava.

 

L’eccitazione aumenta sempre più. Non riesco più a calmarmi, se continuo di questo passo esaurirò le unghie prima dell’inizio della partita. Un boato. Sono entrate delle persone con la tuta della Juve sul campo. Da qui non riconosco i volti, potrebbe essere il massaggiatore, ma potrebbe essere anche Platini. Quanto manca? Sono quasi le sette. Manca ancora parecchio ed i minuti sembrano espandersi nell’attesa. Mi metto tranquillo. Ma dura poco.

 

Un brivido percorre la curva, forse stanno entrando i giocatori a vedere il terreno di gioco. No, sta succedendo qualcosa sulla curva opposta. Cerco di capire. Dai due settori riservati ai tifosi del Liverpool stanno lanciando degli oggetti verso il settore degli juventini, sembrano bottiglie, forse sassi, non vedo bene. La parte della curva bianconera fischia, anche noi fischiamo. Ma proprio stasera dovevano fare casino? Fra le due tifoserie compatte si è aperta una frattura. Poi, come comandati da un unico impulso, i tifosi del Liverpool cominciano a muoversi in direzione di quelli della Juve. “Ci saranno le reti” mi dico, “Arriverà la polizia” spero, “Si fermeranno” prego. Si fermano. Ma è un attimo. Come una molla gli inglesi si ritraggono e poi ripartono, ma questa volta non si fermano, continuano ad avanzare. La massa dei tifosi bianconeri si sposta verso le tribune, forse stanno uscendo. Da qui vedo che molti si riversano sul campo di gioco. Forse gli addetti hanno aperto i cancelli e per evitare problemi li fanno entrare sulla pista. Il settore è quasi vuoto. E quelli del Liverpool si sono fermati; lentamente ritornano verso i loro settori e cantano. Cerchiamo di capire, ma da qui è difficile.

 

L’altoparlante dello stadio non da comunicazioni. Speriamo che non rimandino la partita. Sarebbe il colmo essere venuti fin qua per non vederla. Passano i minuti. Il settore degli juventini rimane vuoto, i suoi occupanti sono tutti in campo. Mi sembra di sentire delle sirene. Stanno arrivando i rinforzi per la polizia, oppure sono ambulanze, forse qualcuno si è fatto male.

 

Intanto il tempo trascorre, adesso troppo in fretta. Ma insomma, cosa fanno, perché non dicono nulla? L’altoparlante dello stadio comincia a emettere suoni, ma la confusione è tanta e i messaggi arrivano frammentati. Riusciamo a capire che i capitani delle squadre leggeranno un comunicato. Si sente una voce timida, è Scirea ci dicono: “La partita verrà giocata per consentire alle forze dell’ordine di organizzare l’evacuazione del terreno. State calmi. Non rispondete alle provocazioni. Giochiamo per voi” . Poi un’altra comunicazione, questa volta in inglese. Questi è Neal, il capitano del Liverpool. Non riusciamo a capire. Ma la partita è valida?

 

Intanto il campo è sempre pieno di persone, a cui si vanno aggiungendo squadre di poliziotti o soldati che si dispongono attorno al perimetro del terreno. Se possibile, il trambusto aumenta quando entrano in campo alcuni calciatori della Juve circondati da un gruppo sempre più folto di persone. Arrivano quasi sotto la nostra curva. Nella calca mi sembra di riconoscere Cabrini, ma non ne sono certo. E’ tardi, l’orario di inizio è trascorso. Scirea ha detto: “Giochiamo per voi”, spero che non ci abbiano ripensato. Impercettibilmente il campo si svuota, tutte le persone che c’erano prima sono scomparse. Forse i tifosi della Juve scesi sul terreno di gioco sono stati smistati in altri settori dello stadio. Abbiamo notato che molti spettatori dei distinti alla nostra destra sono andati via. Forse si sono impauriti per il trambusto. Vediamo un varco nella rete divisoria fra i settori e molti tifosi della curva ci passano attraverso per spostarsi nei distinti. Lo facciamo anche noi, vogliamo vedere un po’ meglio. Non c’è nessuno ad impedicerlo.

 

Sono già passate le nove, quando inizia la partita. I minuti prima lentissimi adesso passano troppo velocemente. Le squadre giocano abbastanza bene, sembra tutto normale. Voglio pensare che sia tutto normale. Noi facciamo qualche azione buona, ma anche loro non scherzano. Sono forti, lo sapevamo. Tacconi si supera in più di una occasione. Finisce il primo tempo sullo 0 – 0. Facciamo qualche commento, ognuno ha la sua ricetta per vincere, ma non sembriamo molto convinti. Un’ombra ci opprime. Entrano le squadre per la seconda parte della gara. Nella Juve non è cambiato nessuno. Passano una decina di minuti, poi un lampo. Boniek parte al galoppo. Sale l’incitamento, che diventa un boato quando i difensori del Liverpool lo stendono nei pressi dell’area. Rigore! “Ma, c’era?” . L’arbitro dice di si. Tira Platini. Proprio sotto la curva degli incidenti. Contrariamente al solito, questa volta lo guardo tirare. Gol! Stiamo vincendo. “Manca molto?”. Adesso il Liverpool non ci sta a perdere e ci comprime nella nostra metà del campo. Il cuore sta facendo gli straordinari. Tacconi para anche lo mosche. E’ quasi finita. Una sostituzione per la Juve. Esce Briaschi, entra Prandelli; ci copriamo, il Trap ha aspettato più del solito a farlo. Manca pochissimo. Un’altra sostituzione. Esce Rossi ed entra Vignola. E’ finita! Abbiamo vinto.

 

Ci abbracciamo. Gino piange, ma non vuole farsi vedere. La curva alla nostra sinistra, dove eravamo prima è una marea bianconera. Aspettiamo la premiazione, vogliamo la coppa più desiderata. Il tempo passa ma non vediamo nulla. Ce la siamo persa? Altri minuti, non si vede nessuno. Ma che fanno? Hanno cambiato il rituale? No, ecco i giocatori che arrivano. Non ci sono tutti. C’è Platini che corre sotto la curva. Foto. Passano Tardelli e Boniek proprio davanti a noi. Altra foto. Questi coi baffi chi è? Favero. Altra foto. Non vedo altri juventini. Ma dov’è la coppa?

 

Non c’è più nessuno in campo, esclusi poliziotti ed addetti. Lo stadio si sta svuotando, per stasera non fanno altro. Decidiamo di uscire. Torniamo al pullmann. Occhio alle maglie rosse. Dopo quello che è successo, non si sa mai.

 

Ci rimettiamo in viaggio. Appena fuori Bruxelles, ci fermiamo in un posto di ristoro. E’ chiuso. “Ma come? Da noi sono sempre aperti o quasi.”. Proseguiamo. Abbiamo fame. Un altro autogrill. Come non detto. Appena vede arrivare i pullmann, qualcuno pensa bene di chiuderlo. Ci teniamo la fame, ci arrangiamo per i bisogni fisiologici e ripartiamo. Viaggiamo tutta la notte e arriviamo al confine svizzero alle prime luci dell’alba. Finalmente, un autogrill aperto. Ci fermiamo e assaltiamo letteralmente il bar. Ci guardano in modo strano. Una cameriera piange. Che succede? Io cerco l’espositore dei quotidiani. Voglio comprare una copia della Gazzetta per conservarla come ricordo. Non la trovo. Ci sono solo giornali in lingua tedesca. Ne compro uno. Ho una conoscenza scolastica del tedesco, ma riconosco il vocabolo che campeggia in prima pagina vicino ad un numero troppo alto per essere vero, ‘Toten’; e le immagini che vedo mi scavano un solco profondo nella mente e nel cuore. Per sempre.

 

 

Siamo a casa nel primo pomeriggio. Un conoscente mi offre un passaggio dal terminal degli autobus fino a casa mia. Mi dice che in paese mi davano per disperso. Risultavo capogruppo nell’elenco dei tifosi partiti da qui. Quelli che sono venuti alla partita in aereo sono tornati prima di noi, ed hanno raccontato di aver sentito il mio nome chiamato più volte dallo speaker dello stadio. Mi sembra incredibile, io non ho sentito nulla. Mi dice anche che la mia ragazza ha telefonato al Ministero degli Esteri. Non le hanno saputo dare notizie. Arrivo a casa. Mia madre mi abbraccia e piange. Mio padre non mi dice nulla. Mi guarda e parte per andare al lavoro. Anni dopo mi dirà di non aver provato una paura simile nemmeno ai tempi della guerra.

 

Non ho mai voluto guardare la registrazione di quella serata.

 

Sergio

 

Heysel, 29.05.1985

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Dopo la delusione di due anni prima ad Atene, quella sera non potetti gioire, avevo 15 anni, sciarpa al collo e poster sul tavolo. Dopo la partita silenzio e gli occhi increduli davanti alla Tv.

 

Che non accada mai piu'. E che nessuno si azzardi piu' ad insultare le loro povere anime bah

 

Come disse il Presidente Agnelli, le tragedie non hanno e non devono avere bandiere.

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Anche se all'epoca non ero ancora nato, ogni volta che mi capita di rivedere quelle immagini, tristezza e sgomento la fanno da padrone...

39 vite volate via e c'è chi si permette di offendere la loro memoria di domenica in domenica... questa forse è la cosa più triste in assoluto...

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L'avrò letta almeno una decina di volte, ma quando me la ritrovo davanti torno puntualmente a farlo.

Brividi e tanta tristezza, e io la vivo da fuori a quasi 30 anni di distanza. Se penso a cosa abbiano potuto provare i presenti allo stadio e le loro famiglie quella notte....

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Avevo 19 anni,l'anno prima ero stato a Basilea,era stata una festa magnifica,con i miei migliori amici a gioire per la vittoria sul porto.a Bruxelles vado con un amico che conosco da poco di qualche anno più grande di me,25 ore di pulmann ma per la juve questo e altro.prendiamo la metropolitana e scopriamo che nel vagone siamo gli unici due juventini in mezzo a tifosi del liverpool. per fortuna il mio amico parla correttamente l'inglese e riusciamo a instaurare un rapporto simpatico con loro.mi dico che in fondo questi inglesi non sono cosi poi male.arriviamo in una piazza molto grande e vedo una scena che non dimenticherò mai più nella mia vita.un tappeto di cocci di bottiglie di birra immenso e loro che se ne stavano sdraiati e completamente ubriachi alle 3 del pomeriggio.ho un poco di apprensione ,ma la scaccio subito perchè c'è la partita.nello stadio dalla parte opposta al disastro si guarda una partita di bambini il sole è ancora alto.poi la tragedia nell'altra curva si vedono strani movimenti tante persone che vanno addosso ad altre.io non mi rendo conto subito di cosa accade,ma lo spazio vuoto di mezza curva mi fa capire che è successo qualcosa di brutto.nei minuti successivi le voci si rincorrono ma sono molto confuse e contraddittorie.inizia la partita e per me e credo di poter dire anche per gli altri è stata una partita normale perchè per noi non era possibile avere una percezione esatta di quello che era accaduto.quando torniamo ai pulmann abbiamo più notizie e subito viene l'ansia di contattare i nostri famigliari.io ci rieso solo il giorno dopo in un autogrill nei pressi di Milano.quando torno a casa mio padre,juventino anche lui scoppia in un pianto a dirotto,mia mamma mi bacia e abbraccia.io per 15 anni non ho più messo piede in uno stadio.

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Vi ricordiamo. Non vi dimentichiamo.

Per ricordare quei 39 angeli partiti con la gioia nel cuore e mai più ritornati.

Per il piccolo Andrea, che partì col suo papà per condividere la speranza della tanto sognata coppa.

Per quei ragazzi poco più (o poco meno) che ventenni che avevano ancora tutta una vita davanti.

Per quei tifosi un po' più cresciuti, ma instancabili appassionati.

Per tutti quelli che non sono tornati.

Per tutti quelli che sono tornati con la morte nel cuore.

Non vi dimentichiamo!

Non solo oggi.

Non per il resto della nostra vita da tifosi bianconeri, ma per il resto della nostra vita da uomini e donne.

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Il mio "Nick Name" la dice lunga...riguardo cosa abbia rappresentato quella serata per me : RICORDO INDELIBILE DI UNA NOTTE DI PURA FOLLIA !

 

-Ovunque Voi siate in questo momento....PER SEMPRE SARETE CON NOI ! Stefano!

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Avrei centinaia di cose da dire su questa immane tragedia

 

Per cui, preferisco rimanere in silenzio e ricordare queste persone così sfortunate, oltre a rivolgere un pensiero alle loro famiglie.

 

Sempre con noi.

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Forse sono giovane e parlo a vanvera, ma vorrei che ogni anno si giocasse un'amichevole Juve-Liverpool per ricordare queste vittime.. perché non è con l'odio e con il rancore che si supera il dolore.

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Forse sono giovane e parlo a vanvera, ma vorrei che ogni anno si giocasse un'amichevole Juve-Liverpool per ricordare queste vittime.. perché non è con l'odio e con il rancore che si supera il dolore.

 

Si sarebbe davvero una bella cosa. E non capisco perche' non si sia mai fatta.

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Racconto bellissimo che mette i brividi...

certo quello stadio vecchio e l'organizzazione scadente gridano vendetta!!!!!!

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Si sarebbe davvero una bella cosa. E non capisco perche' non si sia mai fatta.

Io non capisco perché non c'è un'area nel nuovo stadio dedicata ai 39 caduti all'heysel...e nemmeno nel museo

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Io non capisco perché non c'è un'area nel nuovo stadio dedicata ai 39 caduti all'heysel...e nemmeno nel museo

 

Giusta osservazione.

 

Anche se in fase di costruzione mi pareva di aver letto da qualche parte che era prevista un'area dedicata. Ma evidentemente era una notizia approssimativa, o forse ricordo male.

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Io non capisco perché non c'è un'area nel nuovo stadio dedicata ai 39 caduti all'heysel...e nemmeno nel museo

Nel museo c'è!

 

Riposate in pace fratelli! Le vostre anime sono sempre accanto a noi, ai nostri giocatori e ai nostri successi!

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Nel museo c'è!

 

Riposate in pace fratelli! Le vostre anime sono sempre accanto a noi, ai nostri giocatori e ai nostri successi!

 

Ah ecco....allora ricordavo bene.

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io non ero ancora nato....quindi non credo anche se ho letto testimonianze e visto filmati di rendermi veramente conto di quello che successe quella maledetta notte.....sarebbe dovuta essere una serata di sport.....una serata indimenticabile....andare a vedere dal vivo la finale di champions della propria squadra del cuore.....ed invece è stata una tragedia....39 sempre con noi.....saranno per sempre un ricordo indelebile....

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