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Mormegil

Guerra di Siria e situazione mediorientale: news e commenti

Post in rilievo

 

 

per puro caso no, è difficile capirte i motivi che stanno sotto il "non" attacco al nostro paese, ma ci sono eccome, c'è una strategia ben precisa.

alcuni sostengono che serviamo per far entrare.con facilità le persone per poi smistarle in europa.

altri, più ottimisti dicono che sono i nostri servizi segreti ben efficienti ed addestrati durante il terrorismo brigatista a funzionare, inoltre dicono che sempre i nostri servizi segreti hanno storicamente sempre avuto un buon rapporto con il mondo arabo in alcuni paesei mediorientali e quindi ricevono informazioni utili alle indagini.

la mia opinione, ben meno sofisticata e molto semplice è che contiamo un cavolo in europa, quindi siamo in ordine di importanza ultimi nella lista dei bersagli da colpire. per una volta tanto essere peones in europa ci aiuta

 

restiamo un paese altamente simbolico per tutto quello che riguarda i simboli religiosi .

 

la mia idea è ancora meno sofisticata della tua , non ci hanno ancora colpiti per una semplice questione di tempo .

 

 

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Nuova legge. Le donne tunisine potranno sposare uomini non islamici

 

 

venerdì 15 settembre 2017

 

Il ministro della Giustizia cancella una norma del 1973 che vietava di sposare uomini non musulmani. La spinta del presidente: eguaglianza assoluta tra i due sessi

 

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Le donne tunisine potranno finalmente sposare chi vorranno, indipendentemente dalla religione dello sposo. Libertà fino ad ora impedita da una legge del 1973 che vietava loro di sposare uomini non musulmani. Il ministro tunisino della Giustizia,
Ghazi Jeribi
, ha infatti firmato una nuova norma, annullando così definitivamente il divieto.

Una decisione presa, ha spiegato, perché
vietare a una donna di sposare chi vuole non solo va contro alla Costituzione tunisina, ma anche agli accordi internazionali sottoscritti dalla Tunisia
. La nuova circolare è una conseguenza diretta del discorso del presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi pronunciato il 13 agosto scorso, in occasione della Festa della Donna, nel quale aveva annunciato di voler arrivare all'eguaglianza assoluta dei due sessi come dettato dalla Costituzione con due proposte che hanno fin da subito scatenato una viva polemica nel mondo musulmano, in particolare la bocciatura dell'autorità religiosa di Al-Azhar al Cairo.

La prima è stata la creazione di una commissione delle libertà individuali e dell'uguaglianza incaricata di stilare un rapporto sulle riforme necessarie per arrivare alla parità nel rispetto della Costituzione del 2014 e delle norme internazionali dei diritti umani. L'obiettivo era quello di risolvere in particolare la questione dell'ineguaglianza della donna sul piano ereditario. La seconda proposta era appunto la revisione della circolare del 5 novembre 1973 che impediva alle tunisine di scegliere chi sposare.

L'annuncio giunge all'indomani dell'approvazione da parte del Parlamento della controversa legge denominata
di riconciliazione economica
, duramente contestata dalla società civile perché ritenuta un ritorno al passato e un tradimento dei valori della rivoluzione del 2011, con la quale si pose fine a circa 23 anni di regime di Zine El Abidine Ben Ali.

La legge prevede un'amnistia per alcuni casi di corruzione risalenti al periodo di Ben Ali: secondo la versione del governo, è un modo per migliorare il clima per gli investimenti nel Paese; secondo opposizione e gran parte della società civile, appunto, un ritorno al passato che allontana la Tunisia dal percorso di transizione democratica.

 

Avvenire

 

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Considera che le "idee cattive" si possono formare nella testa di chiunque, basta solo che si inneschino determinate condizioni: questo a prescindere da eventuali devianze patologiche personali che sono patrimonio solo di una piccolissima minoranza.

Zimbardo ha fatto scuola su questo fenomeno, dimostrando come gente normalissima, presa a caso, possa di punto in bianco trovarsi a commettere atti impensabili fino a quel momento.

Ed anche le idee "malate"... contano sicuramente, ma vi sono anche altri fattori che influiscono sull'agire o il non-agire, come la deresponsabilizzazione o il sapere di poter compiere una determina azione o i legami intragruppo... tutti inneschi propedeutici all'azione, che vanno oltre le motivazioni (rancori, frustrazioni, rivalse) strettamente individuali.

C'è una vasta letteratura sul fenomeno del condizionamento sociale e sul ruolo dell'autorità, che va oltre la patologia, o la predisposizione individuale.

Devono solo crearsi le condizioni giuste, quelle che i "cattivi maestri" cercano e trovano.

 

secondo me, il punto fondamentale del problema terrorismo è individuare chi tira i fili e combattere quelli e solo quelli.

c'è una regia, un burattinaio che tira i fili è questo il punto... ora io non so se sono i fratelli musulmani o altri, ma c'è una strategia e molto ben studiata in atto, una strategia a lungo termine e che probabilmente era in preparazione da decenni.

i posti a forte degrado ci sono sempre stati, e hanno sempre e solo generato microcriminalità e appunto degrado sociale, tutte cose spiacevoli ma che non sono terrorismo, non producono stragi, azioni militari ecc... ecc..

questi gruppi islamisti estremisti fomentano i musulmani, azizzano all'odio, creano visioni pericolose dell'islam, rovinano intere generazioni plagiandole, ed è una strategia, certo vanno a pescare nel degrado dove hanno opportunità,ma non solo pure intere generazioni di giovani nei loro paesei o nei paesei che controllano ed influenzano... usano le "idee malate" che magari hanno contribuito loro a creare..

la lotta al terrorismo secondo me deve consistere nel combattere questi gruppi.

se il problema fosse l'islam in se, avremmo sempre avuto problemi con esso e con i musulmani nel corso della storia, ma così non è stato, ci sono stati momenti di convivenza in pace, quindi ora il problema è che c'è una strategia contro l'occidente di gruppi potenti, capaci e forti economicamente, magari sono governi addirittura, non lo sappiamo, come il governo saudita.

io sono d'accordo con chi dice che siamo in guerra, ma per prima cosa dobbiamo individuare il nemico, che è ancora nebuloso, non ben chiaro. e poi si combatte lui e solo lui.

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secondo me, il punto fondamentale del problema terrorismo è individuare chi tira i fili e combattere quelli e solo quelli.

c'è una regia, un burattinaio che tira i fili è questo il punto... ora io non so se sono i fratelli musulmani o altri, ma c'è una strategia e molto ben studiata in atto, una strategia a lungo termine e che probabilmente era in preparazione da decenni.

i posti a forte degrado ci sono sempre stati, e hanno sempre e solo generato microcriminalità e appunto degrado sociale, tutte cose spiacevoli ma che non sono terrorismo, non producono stragi, azioni militari ecc... ecc..

questi gruppi islamisti estremisti fomentano i musulmani, azizzano all'odio, creano visioni pericolose dell'islam, rovinano intere generazioni plagiandole, ed è una strategia, certo vanno a pescare nel degrado dove hanno opportunità,ma non solo pure intere generazioni di giovani nei loro paesei o nei paesei che controllano ed influenzano... usano le "idee malate" che magari hanno contribuito loro a creare..

la lotta al terrorismo secondo me deve consistere nel combattere questi gruppi.

se il problema fosse l'islam in se, avremmo sempre avuto problemi con esso e con i musulmani nel corso della storia, ma così non è stato, ci sono stati momenti di convivenza in pace, quindi ora il problema è che c'è una strategia contro l'occidente di gruppi potenti, capaci e forti economicamente, magari sono governi addirittura, non lo sappiamo, come il governo saudita.

io sono d'accordo con chi dice che siamo in guerra, ma per prima cosa dobbiamo individuare il nemico, che è ancora nebuloso, non ben chiaro. e poi si combatte lui e solo lui.

 

Non credo sia una cosa molto complessa da spiegare. C'è un pezzo di mondo (il Medio Oriente) che, dopo il fallimento totale dei nazionalismi, socialismi e panarabismi, vuole andare in una direzione (islamista), un pezzo di mondo che per varie ragioni glielo impedisce (l'Occidente) e in questo contesto proliferano i "falchi" che ritengono l'unico mezzo per arrivare a realizzare tale sogno islamista l'uso della violenza contro chi glielo impedisce, ovvero l'Occidente. Perché poi gira e rigira quello è il succo di tutto. Ovviamente è inutile dire che follie come la guerra in Iraq hanno dato una mano enorme a far crescere la popolarità di questi falchi! Sui finanziatori direi che non ha senso farsi troppe domande, stai parlando di un'ideologia diffusa, a finanziarla è chi la segue, dal contadino al miliardario. Sui governi sotto accusa (Arabia, Qatar, ecc) tendo ad avere molti dubbi, sono governi troppo legati all'Occidente a livello di interessi e sono malvisti da gran parte di questi falchi.

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Iran: Trump, ho preso la mia decisione ma non la dico

 

 

 

Tillerson, non ha condiviso la sua decisione, 'neppure con Theresa May'

 

 

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"Ho deciso". Lo ha scandito a chiare lettere il presidente degli Stati Uniti Donald Trump rispondendo a domande di giornalisti sulle sue intenzioni circa il futuro dell'accordo sul nucleare iraniano. Lo ha ripetuto tre volte: "Ho deciso", ha detto Trump quando, a margine del bilaterale con il presidente dell'autorita' palestinese Abu Mazen, reporter gli hanno chiesto se fosse giunto ad una decisione. Non ha pero' fornito dettagli, ne sui contenuti della decisione ne' sui tempi, "vi faro' sapere", ha detto.

Il Segretario di Stato americano Rex Tillerson, dopo una riunione dei 5+1 a margine dell'assemblea Onu, ha confermato che Trump ha preso la sua decisione se certificare o meno l'accordo su nucleare alla prossima scadenza prevista ma non l'ha condivisa con nessuno "esternamente", neppure con Theresa May che glielo aveva chiesto ieri: lo ha detto il Segretario di Stato americano Rex Tillerson, dopo la riunione.

In attesa che Trump sciolga la riserva, la Guida suprema dell'Iran, ayatollah Sayyed Ali Khamenei, ha accusato il presidente di usare "un linguaggio di gangster e cowboy", facendo riferimento all'intervento del presidente all'Onu. Le "l'élite americana dovrebbe vergognarsi di avere un tale presidente", ha aggiunto, spiegando che le parole di Trump "non portano alcun motivo di orgoglio alla nazione americana". L'accordo con l'Iran e' un imbarazzo per gli Stati Uniti aveva detto Trump all'Assemblea Generale.

ansa

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Iraq, il Kurdistan al voto per l'indipendenza. Erdogan: "Esercito turco pronto a passi necessari"

 

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Alle urne 5,3 milioni di elettori per una giornata storica per curdi e dalle importanti ripercussioni geopolitiche sull'area. Baghdad notifica ad Ankara lo stop dei collegamenti con il Kurdistan. Parlamento iracheno approva invio truppe a Kirkuk

dal nostro inviato GIAMPAOLO CADALANU e di PIERA MATTEUCCI

RBIL - Si vota nel Kurdistan iracheno per uno storico referendumsull'indipendenza da Bagdad, dalle conseguenze imprevedibili, sia per l'Iraq che per gli altri paesi dell'area, a cominciare dalla Turchia. Le operazioni di voto sono iniziate alle 8 (le 7 in italia) e vanno avanti per 12 ore.

Sono 12.072 i seggi a cui sono chiamati i 5,3 milioni di elettori curdi registrati, sparsi in tre province del Kurdistan autonomo: Erbil, Sulaimaniyah e Dohuk, ma anche nella provincia contesa (e ricca di petrolio) di Kirkuk.

È vero che il referendum non ha un valore legale vincolante, ma è una spallata all'unità dell'Iraq. Ne è convinto anche il primo ministro di Bagdad, Haider al-Abadi, che ha alzato i toni in un 'discorso alla Nazione' trasmesso in tv. Il premier ha definito il voto curdo "una decisione unilaterale che va contro la Costituzione e la pace sociale". Abadi ha promesso che non permetterà la creazione di uno Stato su base confessionale (in realtà l'appartenenza curda è su base etnica). Ed ha aggiunto: "Prenderemo le misure necessarie per conservare l'unità del Paese".

 

La prima è già arrivata: il Parlamento di Baghdad ha votato una mozione che 'obbliga' il primo ministro nella sua qualità di capo delle forze armate dell'Iraq a "schierare l'esercito a Kirkuk e in tutte le zone contese" tra i curdi e il governo centrale.

 

Non solo: tra le misure approvate oggi dall'assemblea c'è la sospensione delle attività di ogni compagnia pubblica che opera nelle zone contese. Si tratta di una misura diretta in primo luogo alle aziende petrolifere dell'area di Kirkuk. L'assemblea ha anche approvato la legittimità dell'azione penale nei confronti dei cittadini iracheni, e in particolare dei funzionari statali, che si recano oggi alle urne. Così come è stata approvata la decisione di sospendere l'erogazione dei salari mensili ai dipendenti pubblici che partecipano al referendum.

 

• IRRITAZIONE AI CONFINI

L'iniziativa referendaria, promossa dal presidente della regione autonoma curda Masoud Barzani, ha irritato e preoccupato il governo di Bagdad e i Paesi confinanti dove vivono importanti minoranze curde: Turchia, Iran e Siria.

 

L'Iran, aveva annunciato in mattinata la chiusura delle frontiere terrestre e aeree, ma poi ha precisato che la frontiera terrestre con il Kurdistan iracheno resta aperta: "Il confine tra Iran e la regione del Kurdistan iracheno è aperto, il confine non è stato chiuso, finora solo lo spazio aereo tra l'Iran e la regione curda è chiuso", ha detto in una breve dichiarazione il ministero iraniano per gli Affari esteri.

 

Non meno determinata la Turchia: l'esercito turco è schierato al confine con il nord Iraq, pronto a intraprendere i "passi necessari", ha detto il presidente Recep Tayyip Erdogan. Le forze armate di Ankara da una settimana sono impegnate in esercitazioni militari alla frontiera. E questa non è la sola conseguenza legata al referendum: nei giorni scorsi Erdogan aveva preannunciato sanzioni contro la regione e oggi ha confermato in un discorso trasmesso in diretta dalla televisione curda irachena Rudaw: "Bloccheremo l'export del petrolio dalla regione curda". "Siamo sconcertati da questo tentativo. Il referendum indetto dal governo regionale del Kurdistan è contro il buon senso e mette in pericolo la pace e la stabilità non solo dell'Iraq, ma anche quella della regione" si legge nella nota del ministero turco che ha anche raccomandato ai propri concittadini di lasciare il Kurdistan iracheno.

 

Come l'Iran, anche la Turchia ha ricevuto una nota da Baghdad in vista della chiusura del confine e dello stop ai collegamenti aerei con il Kurdistan iracheno: "Oggi abbiamo ricevuto una nota dall'Iraq sulla chiusura del checkpoint sul confine turco-iracheno e sulla cessazione dei collegamenti aerei con l'Iraq settentrionale. I nostri servizi competenti stanno ora studiando questa nota e senza esitazione prenderemo le misure necessarie" ha detto il premier Binali Yildirim, che ha escluso l'opzione militare. "Non stiamo per iniziare una guerra, i nostri cittadini stiano tranquilli. Quel che è certo è che proteggeremo la nostra sicurezza nazionale", ha aggiunto.

 

E ieri c'è stato l'ultimo tentativo di bloccare la consultazione, ma è fallito.

 

Il leader curdo, Masoud Barzani, ha detto che l'Iraq è ormai "uno Stato settario", aggiungendo poi: "Siamo arrivati alla convinzione che l'indipendenza ci permetterà di non ripetere le tragedie del passato".

 

Barzani ha voluto mostrare un volto moderato, dichiarando di voler 'rapporti eccellenti' con i Paesi vicini e ricordando ad Ankara che la Turchia ha molto da perdere se chiude i confini con il Kurdistan. Ma ha anche voluto ribadire la scelta nazionalista: "Andremo avanti, quale che sia il prezzo da pagare, senza cedere a pressioni o minacce. Perché il popolo curdo deve esprimere la sua volontà senza problemi e allo stesso tempo mantenere la sicurezza". Barzani ha anche garantito che "non è nostra intenzione dichiarare l'indipendenza subito dopo la chiusura dei seggi: vogliamo che Baghdad e i nostri Paesi confinanti capiscano qual è il desiderio dei curdi", quello cioè di autonomia, che però andrà inseguita "attraverso un dialogo serio e dei negoziati democratici con l'Iraq". "Per più di 20 anni abbiamo dimostrato che siamo un fattore di stabilità e pace nella regione, e lo rimarremo", ha promesso Barzani.

 

Repubblica

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Iraq. Kurdistan, si contano le schede: sì oltre il 90%. I carri di Erdogan sul confine

 

 

Luca Geronico martedì 26 settembre 2017

 

Revocato il coprifuoco a Kirkuk. Domani i risultati definitivi. Gli Usa «profondamente delusi». Esercitazioni di Turchia e Iraq alla frontiera: «Pronte sanzioni economiche e militari»

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Lo
spoglio è ancora in corso
, ma
il referendum per l'indipendenza del Kurdistan iracheno
si è già trasformato in uno scontato plebiscito per il sì.
Circa il 93%
, secondo dati non definitivi,
ha votato a favore dell'indipendenza
con una
affluenza del 78%
fra i 4,5 aventi diritto (dati ufficiali prima del voto parlavano, però, di 5,3 iscritti ai seggi). Intanto, dopo una notte senza incidenti, è stato revocato il coprifuoco a Kirkuk.

Ieri a tarda sera, a spoglio appena aperto, è intervenuto sulla tv di Stato
il premier iracheno Haider al-Abadi
affermando che il governo di Baghdad
non è disposto a colloqui sui risultati del voto
con il governo regionale del Kurdistan perché
, ha ribadito,
si tratta di un
referendum «incostituzionale»
. Preoccupazione ha espresso pure il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, per una consultazione dalle «possibili conseguenze destabilizzanti». Il «dialogo», ha aggiunto Guterres, può risolvere le questioni aperte tra Baghdad e il governo regionale del Kurdistan. Al coro di condanna sul referendum si sono aggiunti pure
gli Usa «
profondamente delusi» da quella che è una decisione «unilaterale» sull'indipendenza della regione che, ha avvertito il Dipartimento di Stato, «aumenterà l'instabilità e le difficoltà» nella regione.
Per
Vladimir Putin
, che ha telefonato al presidente iraniano Rohani e al presidente turco Erdogan,
«l'integrità territoriale» dell'Iraq è
estremamente importante per «mantenere la stabilità e la sicurezza nella regione»
. Ma i progetti petroliferi, ha avvertito il ministro dell’energia russo Novak, «devono andare avanti». Un riferimento alla minaccia della Turchia di bloccare l’export del petrolio dal Kurdistan.

Sono intanto iniziate, all'indomani del contestato referendum, le
esercitazioni congiunte di militari iracheni e turchi al confine tra Iraq e Turchia
. Il presidente turco
Erdogan
è tornato nuovamente ad accusare il presidente curdo Massud Barzani: «Fino all'ultimo abbiamo aspettato invano che Barzani facesse un passo indietro. Così non è stato.
Questo referendum è un tradimento
». Sul tavolo, ha avvertito il leader turco,
«
sono in discussione sia sanzioni economiche che militari».

 

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Ma la febbre dell'indipendenza sembra diffondersi in tutto il Kurdistan. Molti cittadini ieri sera sono scesi nelle strade di diverse città iraniane curde per festeggiare il voto nel Kurdistan iracheno:
manifestazioni di giubilo sono state segnalate nelle città iraniane di Mahabad, Saqiz e Marivan
. Intanto il governo di
Damasco
si è detto pronto a
discutere di «autonomia» con i curdi presenti in Siria ma respinge categoricamente un referendum per l'indipendenza
secondo il modello del Kurdistan iracheno. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri di Damasco, Walid Mouallem, aprendo così per la prima volta all'idea di autonomia dei curdi (il 15% della popolazione) che dall'inizio della guerra hanno stabilito un'amministrazione semi-autonoma nei territori che controllano.

 

Avvenire

 

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Emergenza colera in Yemen, Croce Rossa: "Entro fine anno si rischia un milione di casi"

 

Nel Paese, dilaniato dalla guerra civile, sono già stati registrati 750.000 casi sospetti. E sono i bambini le vittime più numerose

 

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POTREBBE raggiungere la cifra di un milione entro la fine dell'anno il numero delle vittime per colera in Yemen. A lanciare l'allarme di quello che definisce 'una catastrofe' umanitaria è il Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC)

 

Alexandre Faite, capo della delegazione del CICR in Yemen, in un briefing a Ginevra ha detto che fino ad oggi sono stati registrati 750.000 casi sospetti di colera, con 2.119 morti : "Potremmo essere a un milione di casi entro la fine dell'anno. Si tratta della peggiore crisi sanitaria che riguarda una malattia prevedibile nell'era moderna".

 

Che la situazione nel Paese, stremato da due anni di bombardamenti aerei indiscriminati della coalizione araba guidata dall’Arabia saudita, fosse drammatica lo avevano denunciato, già a giugno, molte organizzazioni umanitarie, che avevano definito quella dello Yemen "la peggiore epidemia al mondo".

 

• SISTEMA SANITARIO IN GINOCCHIO

In Yemen, i combattimenti hanno distrutto i sistemi igienici e idrici, innescando un'epidemia di colera gravissima. Oltre metà delle strutture sanitarie non è operativa e circa 15 milioni di personenon hanno accesso a flussi di acqua sicura.

 

Inoltre, l'aumento della malnutrizione ha reso particolarmente vulnerabili i bambini, che sono il numero più consistente di vittime. L'Unicef e l'Organizzazione mondiale della sanità, hanno lanciato più di un appello alle autorità dello Yemen affinché aumentino i loro sforzi interni per impedire che l'epidemia si diffonda ulteriormente. Il colera, infatti, è una malattia che può essere facilmente curata, ma bisogna intervenire con trattamenti rapidi, cosa che, al momento, in Yemen non è possibile.

 

Repubblica

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Ritrovati in Libia i corpi dei copti sgozzati dall’Isis

 

 

Nel deserto vicino a Sirte riaffiorano le spoglie dei venti egiziani e del loro collega ghanese divenute il tragico simbolo dei martiri cristiani del sedicente Califfato

 

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GIORGIO BERNARDELLI

MILANO

 

La polizia libica ha ritrovato i resti dei ventuno cristiani copti sgozzati dall’Isis sulle coste del Mediterraneo, in quello che fu uno degli episodi mediatici più sconvolgenti della propaganda dell’orrore. Le immagini delle tute arancioni insanguinate e dei corpi coperti delle vittime - allineati in un’area desertica - sono state diffuse ieri dal Dipartimento criminale di Misurata. Il ritrovamento è avvenuto poco lontano dalla zona costiera vicina all’Hotel Mahary, a ovest di Sirte, dove nel gennaio 2015 avvenne il massacro. Poche settimane dopo - il 15 febbraio - l’immagine degli uomini con la tuta arancione in ginocchio, ciascuno con dietro un miliziano vestito di nero e il coltello alla gola, sarebbe stata diffusa come macabro messaggio dei jihadisti, rimbalzando in fretta sui media di tutto il mondo. Immagini accompagnate dalla minaccia di una conquista imminente di Roma.

 

 

A ormai due anni e mezzo di distanza il ritrovamento dei corpi era nell’aria da giorni: la settimana scorsa, infatti, l’assistente del procuratore generale libico Al Sadiq al Saour, annunciando l’arresto di un nuovo gruppo di miliziani dell’Isis, aveva specificato che tra loro c’era anche l’autore del video dei cristiani sgozzati. E che negli interrogatori questi aveva indicato i dettagli della strage insieme al luogo dove erano stati sepolti. La notizia aveva riacceso la speranza delle famiglie delle vittime di riavere le spoglie dei propri cari; nello stesso tempo, però, non avevano nascosto lo sconcerto per un annuncio mediatico frettoloso, non accompagnato da una verifica sull’effettiva presenza dei resti. Ora la diffusione delle immagini sembrerebbe fugare ormai ogni dubbio.

 

Delle ventuno vittime del massacro - operai edili che lavoravano in un cantiere di Sirte - solo venti erano cristiani egiziani; insieme a loro fu ucciso infatti anche un cittadino ghanese, Matthew Ayariga, che lavorava insieme al gruppo (secondo alcuni si sarebbe convertito proprio vedendo la fede dei colleghi).

 

Per le modalità e il contraccolpo mediatico delle immagini il martirio dei copti a Sirte è diventato un evento simbolo per i cristiani del Medio Oriente: ad appena una settimana di distanza dalla notizia della strage il papa copto Tawadros II aveva già annunciato l’iscrizione dei loro nomi nel Synaxarium, il libro dei martiri della Chiesa copta. E la data della loro festa, il 15 febbraio, corrisponde proprio al giorno in cui l’Isis diffuse il video della loro decapitazione. La memoria è tramandata oggi anche dall’iconografia copta, che li raffigura in riva al mare e con la veste arancione, riprendendo proprio l’immagine veicolata dai jihadisti.

 

Tredici degli operai copti uccisi venivano dal villaggio di al-Our, nel distretto di Minya, nell’Alto Egitto. E proprio qui - per volontà del presidente egiziano al Sisi - è in costruzione una chiesa intitolata alla loro memoria. I lavori stanno ormai per essere ultimati ed è dunque molto probabile che i corpi riaffiorati dal deserto egiziano trovino sepoltura al suo interno, in un luogo destinato a diventare un santuario dei martiri copti del XXI secolo.

 

La Stampa

 

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Iran: non solo nucleare, Trump approva nuova strategia

 

 

 

Presidente: "Mondo si unisca agli Usa per fermare Teheran. Non ripeterò gli errori di Obama".

 

 

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Negare a Teheran "ogni via per l'arma nucleare", contrastare la minaccia dei missili balistici e "di altre armi asimmetriche", "neutralizzare la sua influenza destabilizzante" nella regione e "contenere la sua aggressione, specialmente il suo sostegno al terrorismo e ai militanti": sono 3 dei 6 punti chiave della nuova strategia approvata da Donald Trump per l'Iran. Tra gli obiettivi negare a Teheran i fondi per le sue "attività maligne", "rivitalizzare le tradizionali alleanze" Usa e opporsi alle guardie della rivoluzione. "La nuova strategia Usa per l'Iran punta a neutralizzare l'influenza destabilizzante del governo iraniano e a contenere la sua aggressione, in particolare il suo supporto per il terrorismo e i militanti", e' il primo punto. Gli Usa vogliono inoltre "rivitalizzare le loro tradizionali alleanze e partnership regionali come baluardo alla sovversione iraniana e ripristinare un più stabile equilibrio di potere nella regione". Washington lavorerà anche per "negare al regime iraniano, e specialmente al Corpo della guardia rivoluzionaria islamica (Irgc) , i fondi per le sue attività maligne, e per opporsi alle attività dell'Irgc che sottrae la ricchezza del popolo iraniano". Come quarto punto e' indicato il contrasto delle minacce agli Usa e ai suoi alleati derivanti "dai missili balistici e da altre armi asimmetriche". Gli Usa intendono poi "riunire la comunità internazionale per condannare le evidenti violazioni dei diritti umani dell'Irgc e la sua ingiusta detenzione di cittadini americani e di altri stranieri con accuse pretestuose". Infine, "soprattutto negare al regime iraniano ogni via per l'arma nucleare". Tra le attività nel mirino Usa anche il sostegno iraniano al regime di Assad, l'ostilità verso Israele, la minaccia alla liberta' di navigazione, in particolare nel Golfo Persico, i cyber attacchi contro Usa, Israele ed altri alleati e partner degli americani in Medio Oriente.

"E' tempo per il mondo intero di unirsi a noi nel chiedere che il governo iraniano metta fine al suo perseguimento di morte e distruzione": e' l'appello lanciato dal presidente Usa Donald Trump con l'approvazione di un nuova e più ampia strategia per l'Iran "in consultazione con il suo team per la sicurezza nazionale". "E' il punto d'arrivo di nove mesi di discussioni con il Congresso e i nostri alleati su come proteggere meglio la sicurezza dell'America", rende noto la Casa Bianca.

L'amministrazione Trump "non ripeterà gli errori" di quella Obama. Lo sottolinea la Casa Bianca nell'anticipazione della nuova strategia Usa per l'Iran. La nuova politica del presidente affronterà quindi non solo il nucleare ma "la totalità delle minacce derivanti dalle attività maligne del governo iraniano e cercherà di determinare un cambiamento del comportamento del regime" di Teheran.

ansa

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Bene....poi? questo esaltato dal ciuffo ribelle non ha più nessun altro da attaccare??

 

"il mondo si unisca a noi" anche no, fatti le tue guerre da solo senza stracciare i cosiddetti a tutti gli altri

 

e mo basta

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Bene....poi? questo esaltato dal ciuffo ribelle non ha più nessun altro da attaccare??

 

"il mondo si unisca a noi" anche no, fatti le tue guerre da solo senza stracciare i cosiddetti a tutti gli altri

 

e mo basta

 

più che altro è puro sciacallaggio, dato che la fonte del terrorismo islamico in europa non è affatto l'iran, ma l'arabia saudita (e tutto il mondo sunnita che gravita attorno ad esso) , con cui trump fa affari ogni giorno.

non si dice mai abbastanza che stati uniti ed europa sono due cose molto diverse , con interessi spesso opposti.

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Nigeria. Sacerdote italiano rapito da un gruppo armato

 

 

Redazione Internet venerdì 13 ottobre 2017

 

Don Maurizio Pallù, appartenente al Cammino neocatecumenale, era da tre anni in missione nel Paese africano. Papa Francesco prega per lui.

 

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Un sacerdote italiano è stato sequestrato in Nigeria. Don
Maurizio Pallù
, legato al
Cammino neocatecumenale
, era da tre anni in missione nel Paese africano. Da quanto si apprende, sarebbe stato rapito da un gruppo armato mentre si trovava con altre quattro persone nei pressi di Benin City.

 

I rapitori avrebbero sequestrato il sacerdote dopo aver rapinato il gruppo. Questo lascia aperta l'ipotesi che si possa trattarsi di una banda di delinquenti comuni, piuttosto diffusi in quell'area del Paese, che potrebbero avere intenzione di chiedere un riscatto.

“Per ora non abbiamo buone notizie ma abbiamo fiducia e continuiamo a sperare che a breve don Maurizio venga liberato -
ha detto l’Arcivescovo di Abuja, capitale della Nigeria, il
cardinale John Olorunfemi Onaiyekan
, in un’intervista a Tv2000 -
. Le forze dell’ordine stanno facendo del tutto per rintracciarlo. Tra poco i rapitori dovranno rilasciarlo perché non è facile portare in giro un italiano nel bosco senza essere visti. Anche noi abbiamo mobilitato e impiegato tutte le forze possibili. Dobbiamo continuare a pregare perché prima o poi verrà rilasciato”.

“Ho parlato con l’arcivescovo di don Maurizio – ha aggiunto il card. Onaiyekan - perché è qui con me insieme agli altri vescovi della Nigeria per celebrare la festa dell’anno mariano che si conclude oggi. Anche l’Arcivescovo è in attesa di buone notizie. Con don Maurizio non c’erano suore ma solo altri passeggeri”.

 

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"
Papa Francesco
è stato informato del sacerdote italiano rapito in Nigeria, don Maurizio Pallù, e sta pregando per lui". Lo riferisce via Twitter il direttore della Sala stampa vaticana, Greg Burke.

Anche nella
diocesi di Roma
si segue con ansia la vicenda. “Monsignor
Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma
, è stato avvisato del sequestro del sacerdote della diocesi di Roma in missione nel sud della Nigeria. Vive insieme a tutta la Chiesa di Roma un’apprensione, sperando e pregando, soprattutto, che questo suo figlio possa tornare presto in libertà ed essere riabbracciato e riaccolto dalla sua Chiesa madre”, dice all'Agenzia Sir don Walter Insero, responsabile dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. C’è apprensione e preoccupazione – aggiunge don Insero – ma allo stesso tempo
la
Chiesa si unisce in preghiera, pregando per lui e per la sua liberazione
”.

“Sono
sconcertato e preoccupato da questo atto vile
, che va a colpire un annunciatore del Vangelo e un operatore di pace. La preghiera è l’arma più forte che abbiamo in questo momento, per essere vicini a questo fratello e per chiedere che possa prontamente tornare a quella libertà della quale è stato ingiustamente privato”. Lo ha detto il
c
ardinale Gualtiero Bassetti
, presidente della
Conferenza episcopale italiana
.

“Mentre celebriamo l’
Ottobre missionario e a Brescia
proprio in questi giorni è in corso il primo Festival nazionale dedicato alla Missione – osserva il Cardinale – fatti come questo ci ricordano come la testimonianza offerta in prima persona rimanga la prima forma di missione. Penso con legittimo orgoglio e riconoscenza ai tanti, uomini e donne, partiti dalle nostre comunità ecclesiali per condividere a ogni uomo la speranza che viene dal Signore. In questa circostanza mi faccio interprete di tutta la Chiesa italiana conclude nell’esprimere la nostra vicinanza solidale, la nostra preghiera e anche la nostra disponibilità a lasciarci interrogare da queste vite donate nelle periferie del mondo”.

 

Sulla vicenda è al lavoro l'Unità di crisi della Farnesina, mentre la procura di Roma ha aperto un fascicolo coordinato dal pm Sergio Colaiocco.

Don Maurizio ha 63 anni
, originario di Firenze, dove ha incontrato il Cammino neocatecumenale, è stato missionario laico per 11 anni in diversi Paesi del mondo. Poi nel 1988 è entrato in seminario, al
Redemptoris Mater
di Roma. Dopo avere operato come cappellano in due parrocchie romane è stato inviato in Olanda, dove è diventato parroco nella diocesi di Haarlem. Quindi è ripartito per l'africa, dove è andato a lavorare nell'arcidiocesi di Abuja, in Nigeria. E' un "presbitero itinerante" della
Fondazione Famiglia di Nazareth per l'evangelizzazione itinerante
.

Una zona ad alto rischio rapimenti: altri 4 sacerdoti rapiti, uno ucciso

 

Lo stato di Edo, di cui Benin City è la capitale, è un'area ad alto rischio rapimenti. Il 27 settembre è stato sequestrato anche
don Lawrence Adorolo
, parroco della chiesa di San Benedetto di Okpella. Monsignor Gabriel Dunia, vescovo di Auchi, nel condannare il rapimento del sacerdote all'Agenzia Fides, definito un «atto abominevole», rivelò che «i rapitori si sono fatti vivi per chiedere un riscatto alla Chiesa». Ma la «Chiesa non paga riscatti» disse il vescovo, confermando la linea adottata da tempo dalla Conferenza episcopale nigeriana di respingere ogni richiesta di riscatto da parte dei sequestratori di sacerdoti e religiosi. Non si tratta infatti

di operazioni legate ad odio religioso, ma spesso sono compiute da gruppi di criminalità comune che puntano ai riscatti.

Nei giorni precedenti a questo episodio uomini armati avevano rapito anche
il direttore del parco naturale di Ogba
di Benin City, uccidendo tre poliziotti.

Secondo quanto appreso dall’agenzia di stampa, solo quest’anno sono stati rapiti altri tre sacerdoti nel sud della Nigeria. Padre
Samuel Okwuidegbe, gesuita
, era stato prelevato da sconosciuti il 18 aprile sulla strada che collega Benin City a Onitsha e

poi liberato il 22 aprile. Il 18 giugno scorso un blitz della polizia ha invece liberato
padre Charles Nwachukwu, della diocesi di

Okigwe
, nello Stato di Imo (nel sud-est della Nigeria): il religoso era stato stato rapito da cinque uomini armati il 16 giugno.

 

L’episodio più drammatico è invece quello avvenuto il primo settembre con il
rapimento
e l’uccisione di padre Cyriacus
Onunkwo
sempre nello Stato di Imo: il suo corpo era stato trovato il giorno dopo vicino al villaggio di Omuma.

Da due anni non si hanno invece notizie di
padre Gabriel
Oyaka
, religioso nigeriano della Congregazione dello Spirito Santo, rapito il 7 settembre 2015.

 

Avvenire

 

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Nigeria. Liberato il sacerdote rapito il 13 ottobre

 

 

Redazione Internet mercoledì 18 ottobre 2017

 

L'Unità di crisi della Farnesina ha comunicato la notizia della liberazione di don Maurizio Pallù nella notte. Il sacerdote italiano era stato derubato e preso in ostaggio da un gruppo di criminali

 

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È stato
liberato
nella notte tra martedì 17 e mercoledì 18 ottobre, ed è in buone condizioni di salute,
don Maurizio Pallù
, il
sacerdote
italiano itinerante del Cammino neocatecumenale
.

Il
sequestro
è stato opera di un gruppo di criminali locali che aveva derubato e portato via il
sacerdote
mentre si trovava in macchina assieme ad altre persone. Tra i
sequestrati
non c’era solo il sacerdote come reso noto in un primo momento ma anche alcuni nigeriani.

Subito dopo il rapimento per la sua liberazione
.

 

Avvenire

 

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Raqqa è caduta e l'ISIS viene ucciso: e noi per la seconda volta ci troviamo a festeggiare un funerale senza il morto. Pazienza, è comunque già qualcosa ed è sempre meglio che se fossimo noi quelli nella cassa e quegli altri a sogghignare nascosti dietro alle loro barbe salafite.

 

Vediamo adesso cosa deciderà di fare quella specie di apprendista stregone che siede alla Casa Bianca, se riuscirà cioè a voltare le spalle ai curdi del Rojava liberatori di Raqqa, come già sta facendo con i curdi iracheni cacciati da Kirkuk dai panzer iracheni applauditi dai pasdaran di Suleimani.

Eh si, perché dietro l'improvviso celodurismo da operetta dei generali di Baghdad, si intravedono i turbanti neri dei dinosauri di Teheran, che oramai hanno fatto della mezzaluna sciita il loro parco-giochi e che dopo essersi spesi la Golden Share con Assad il farabutto facendo della Siria una provincia persiana, puntano adesso a ripetersi in Iraq, dove in mancanza della Golden Share che non hanno, da pirati quali sono tentano la via dell'Opa ostile.

Ci sono tre ostacoli, che i dinosauri di Teheran devono superare, per fare si che anche l'Iraq diventi parte del loro nuovo Jurassic Park:

 

primo: i curdi, appoggiati ed illusi dall'apprendista della Casa Bianca, che vanno ridimensionati perché un Iraq senza Kurdistan non è più Iraq ed una mezzaluna sciita senza Iraq non è più mezzaluna sciita; anche perché un Kurdistan iracheno finirebbe per ingolosire anche i curdi del Rojava siriano togliendo un altro spicchio alla mezzaluna sciita ed un bel pezzo di ambizione ai barbuti di Teheran.

 

secondo: gli americani, di cui i neo-celoduristi di Baghdad hanno bisogno per campare ma di cui farebbero volentieri a meno, se non altro per illudersi di contare qualcosa a casa loro. E cosa c'è di meglio, per spezzare l'asse anti-ISIS tanto necessario quanto raccogliticcio tra americani, curdi e iracheni, che non creare un conflitto tra gli ultimi due per mettere in imbarazzo i primi, così da far saltare il banco imponendo l'Iran al posto degli Usa, quale nuovo nume tutelare dell'unità irachena sulla pelle dei curdi, tra lo scorno di Ryadh e dell'ebete di Washington? Quindi via libera alle danze e luce verde ai carri che sferragliano a Kirkuk.

 

terzo: il grande Ayatollah Al-Sistani, confratello sciita di enorme prestigio, ma che i dinosauri detestano perché fautore di uno sciismo arabo-iracheno di Najaf, non esattamente compatibile con la colonizzazione persiano-sciita di Qom come invece vorrebbero a Teheran. Ma per quanto prestigioso, il buon Sistani si avvia a concludere il suo percorso terreno (ha 87 anni) e per tale ragione, non potendo fare nulla contro di lui direttamente, ai dinosauri conviene aspettare che sia Allah ad occuparsene. E quindi si tratta solo di aspettare, con il tempo che gioca a favore di Teheran.

 

 

Ecco quindi che si delinea il grande gioco iraniano: mettere definitivamente le mani sull'Iraq, in primo luogo sbarazzazzandosi dei curdi (le cui velleità autonomiste potrebbero "contagiare" anche i curdi iraniani), ed in secondo luogo creando una frattura insanabile tra governo iracheno e Stati Uniti: il tutto aspettando che Al Sistani si decida a togliersi dai *.

A quel punto, giocata la Golden Share con Assad il farabutto e conclusa l'Opa ostile sull'Iraq iranizzato, ecco realizzata la mezzaluna sciita dal Golfo Persico al Mediterraneo, con la gentile partecipazione di Hezbollah.

 

E quindi ritorniamo alla questione iniziale: cosa farà nei prossimi mesi l'apprendista stregone di Washington per contenere l'Iran? Perché la partita iraniana non la si gioca solo sul nucleare, ma anche e soprattutto sul terreno, in particolare quello iracheno.

Ma sarà capace l'ebete, di inventarsi una strategia decente per il Medio Oriente, che vada oltre i 280 caratteri del tweet?

Lo vedremo nei prossimi mesi, ma quanto successo l'altro giorno a Kirkuk non lascia presagire nulla di buono.

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.....Situazione della guerra in Siria dopo la cacciata dell'ISIS da Raqqa ::

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A distanza di quasi sette anni dalle fallimentari Primavere arabe,

continua la partita per procura tra le potenze " Uccidentali " e filo-Occidentali per ridisegnare gli assetti del Medio Oriente ( e della Siria )

 

(( dopo che, con le rivolte del 2011 e poi con la proclamazione del sedicente Califfato, nel 2014, erano saltati i confini di Siria e Iraq tracciati a tavolino dall'accordo segreto anglo-francese di Sykes-Picot del 1916. .schiaf ))

 

 

 

Il piano - A - dei "neocon "imperialisti USA & Co. è sostanzialmente fallito ,

 

NON solo in Siria ( ( dopo il saccheggio coloniale dell'Impero Ottomano in dissoluzione da parte degli Occidentali, che divise i popoli (soprattutto arabi e curdi) in - Stati inventati - ,

poi diventati dittature, le insurrezioni non hanno propagato la " democrazia-occidentale " ma favorito la radicalizzazione dell'Islam ..... !!!! ) )

 

Al contrario di Saddam Hussein in Iraq , Milosevic , di Muammar Gheddafi , di Janukovyc , ecc. ,

Assad è rimasto in sella aiutato dal soccorso di Russia e Iran ( due tra le poche nazioni che non vogliono piegarsi ai diktat del Pentagono/FMI/ ecc. ) .

 

 

Il piano - B - è ormai più probabile ,

prevede , invece, una sorta di " balcanizzazione" in cui il Governo di Assad - , attraverso la mediazione di Russia e Iran, è stato incluso nella nuova spartizione .

L'unica zona importante rimasta da " bonificare " è quella di Deir Ez Zor ( importanti giacimenti di petrolio ) , ma la guerra , anche lì , a questo punto potrebbe finire domani mattina ,

basterebbe non finanziare ed armare più il "Daesh" direttamente o indirettamente

tramite i petrol-principi del Golfo .

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Sangue in Afghanistan, attentato Isis in moschea e razzi talebani a Kabul

 

 

 

Attacco a 'politeisti'

 

 

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L'Isis ha rivendicato l'attacco di ieri alla moschea sciita dell'Imam Zaman a Kabul in cui sono morte una quarantina di persone e altre decine sono rimaste ferite. Lo riferisce il quotidiano britannico Independent, citando un comunicato dello Stato Islamico. L'attentato - si afferma nel comunicato - era diretto contro i "politeisti", un termine con cui il gruppo fondamentalista definisce spregiativamente i musulmani sciiti. Poco dopo l'attacco a Kabul, un'altra esplosione ad una moschea sunnita della provincia di Ghor ha ucciso un'altra trentina di persone.

Alcune ore dopo, all'alba, i talebani afghani hanno sparato tre razzi che si sono schiantati nella 'zona verde' al centro di Kabul. Secondo i primi rilievi i razzi hanno colpito le aree di Wazir Akbar Khan e Shash Darak. Uno di essi ha centrato un muro esterno dell'ambasciata dell'Arabia Saudita, mentre un altro è caduto non lontano dal quartier generale della Nato. L'operazione è stata rivendicata dai talebani che hanno parlato di "molte vittime" in un attacco per cui tuttavia non esiste un bilancio ufficiale.

ansa

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Egitto, 54 poliziotti uccisi in uno scontro con i terroristi

 

 

 

Sale ancora bilancio di scontro a fuoco

 

 

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E' salito a 54 poliziotti uccisi, tra cui 35 ufficiali, il bilancio di vittime delle forze di sicurezza egiziane nello scontro avvenuto ieri con terroristi in un'oasi del deserto occidentale egiziano, El-Wahat el-Bahariya: lo riferiscono fonti del ministero dell'Interno del Cairo chiedendo l'anonimato.

 

ansa

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I sauditi vogliono sradicare l’interpretazione estremista degli insegnamenti islamici

 

 

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KARIMA MOUAL

 

Dal Regno dei Saud continuano ad arrivare notizie di iniziative importanti che evidentemente vogliono far rivalutare quella nomea di immobilismo del paese sui temi più delicati e un po’ scomodi, non solo riguardo alla questione di genere ma che hanno a che fare anche con la sfera religiosa. Dopo l’approvazione di una norma secondo cui anche le donne potranno partecipare all’emissione delle Fatwe - cioè pareri giuridici e religiosi che per 45 anni sono state prerogativa solo degli uomini - in questi giorni si annuncia un altro passo senza precedenti, e questa volta per affrontare l’estremismo religioso.

 

Le autorità saudite annunciano infatti l’istituzione del The King Salman Complexcon sede a Medina. Un consiglio di studiosi d’élite provenienti da tutto il mondo, con il compito di sradicare false ed estremiste interpretazioni attraverso la stessa lettura dei hadith del profeta Muhammad. Iniziativa che suona un po’ come una vera ammissione del problema e la volontà ancora più concreta rispetto al passato di combatterlo dalla radice. Quello della divulgazione estremista e violenta pericolosamente tollerata e incoraggiata dal wahhabismo, è sempre più evidente come sia diventata una minaccia interna per lo stesso Regno. Ma queste iniziative sono anche la prova di nuovi posizionamenti tra il nuovo potere in ascesa con il giovane Mohammad bin Salman e i clerici.

«Già dagli inizi degli anni 2000 - commenta Cinzia Bianco, analista presso Gulf State Analytics e Ricercatrice in Studi sul Medio Oriente all’Università di Exeter - quando AQAP fece partire la sua campagna terroristica contro l’Arabia Saudita invocando la distruzione del Re saudita “servo dell’Occidente”, la famiglia reale si rese conto di quanto lo strumento wahhabita sia sfuggito di mano, e come i clerici siano riusciti a ritagliarsi sfere di potere ed influenza autonome. La leadership ricorse pertanto agli strumenti tradizionali per tenere sotto controllo i clerici: maggiore cooptazione, maggiore controllo. Mbs invece scardina questo sistema e anche il delicato equilibrio che ha sempre caratterizzato il rapporto tra potere politico dei Saud e potere religioso dei clerici».

«E’ evidente - continua Cinzia Bianco - come Mohammad bin Salman voglia intestarsi la battaglia contro l’estremismo: insieme al contenimento dell’Iran e la riforma dell’economia. Facendo un po’ un passo all’indietro infatti si ricostruisce questo disegno: sull’estremismo inizia prendendo sotto il Ministero della Difesa competenze degli Interni guidati dal rivale Muḥammad bin Nāyef Āl Saūd. Attiva il centro per la guerra ideologica poi Etidal (corrispettivo saudita di Hedaya e infine depotenzia fortemente la polizia religiosa, e imprigiona dei clerici vicini alla Fratellanza e molto conservatori. Quest’ultima iniziativa dunque, diventa un altro passo inquadrabile in un percorso».

«Indubbiamente avrà delle ripercussioni e sancisce la definitiva presa di distanza (almeno pubblica) della leadership saudita dall’estremismo - spiega Cinzia Bianco - Ma nello stesso tempo sarà il tempo a dire se questa resterà una mossa soprattutto legata a migliorare la reputazione».

Presto dunque per parlare di un riformismo interno nel cuore dell’islam sunnita. Bisogna davvero attendere il lavoro di quest’élite di studiosi internazionali e dove proveranno realmente a fare un lavoro radicale di rilettura e pulizia di quello che è diventato un cancro non solo per i musulmani.

La Stampa

 

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the king salman complex :risata3:

 

ma ancora non si è capito che cos'è l'arabia saudita?

l'arabia saudita è questo:

 

https://www.hrw.org/news/2017/09/13/saudi-arabia-religion-textbooks-promote-intolerance

 

e nonostante i rapporti delle istituzioni dedicate a questi temi , da anni i vari re e mufti ripetono le solite quattro scemenze. ma chi ci ha mai creduto?

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the king salman complex :risata3:

 

ma ancora non si è capito che cos'è l'arabia saudita?

l'arabia saudita è questo:

 

https://www.hrw.org/...ote-intolerance

 

e nonostante i rapporti delle istituzioni dedicate a questi temi , da anni i vari re e mufti ripetono le solite quattro scemenze. ma chi ci ha mai creduto?

 

E' vero che l'Arabia Saudita è, ad oggi, lo stato più integralista del mondo arabo, ma è altrettanto vero che sta vivendo una fase di cambiamento importante e questo sta creando malumori pesanti nella parte più conservatrice del regno.

L'erede al trono, Muhammad bin Salman, è un "liberal" (per gli standard del golfo ovviamente) su posizioni molto simili a quelle dei sovrani di Abu Dhabi e Dubai, ovvero lontano anni luce dall'establishment wahhabita del regno. Se non lo faranno fuori prima vedrai che tra 15-20 anni l'Arabia sarà irriconoscibile.

Tra l'altro molte fonti in Medio Oriente parlano di una visita "segreta" di Bin Salman a Tel Aviv il mese scorso e di un'imminente svolta nei rapporti tra paesi del golfo e Israele. Ormai è abbastanza chiaro a tutti gli analisti nella regione che si sta entrando in una nuova fase per il Medio Oriente, in cui molto probabilmente la questione palestinese verrà "liquidata" con qualche concessione israeliana, il tutto per concentrarsi sul nemico comune, l'Iran.

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Notizia di oggi.

Il ben noto Tariq Ramadan beniamino belloccio dei salotti buoni ed impegnati della gauche caviar, presente in forbiti ed eruditi dibattiti televisivi, teologo tres charmant dell'Islam d'antan, accademico di Oxford di sani e rigorosi principi morali tutto moschea e cattedra (sopra e pure sotto), fascinoso nel suo parlare e seduttore intellettuale (ma non solo.. .ehm), affabulatore e conferenziere di successo sotto il segno/sogno meraviglioso della multiculturalità (a senso unico, cioè il suo, ca va sans dire .ghgh), moralizzatore pro-velo e pudore islamico, intellettuale del dialogo interreligioso in pubblico (e della submission in privato .ehm.ghgh), nonché nipote di suo nonno Hassan al Banna fondatore dei Fratelli Musulmani, tanto celebre quanto rompicojoni (al punto essere fatto fuori dai servizi segreti egiziani nel lontano 1949).....

 

... è stato alla fine licenziato da Oxford (quasi loro malgrado .ghgh) perché rivelatosi uno stupratore seriale di allieve e discepole alla fiduciosa ricerca di consigli ed alle quali lui elargiva invece poderosi ripassi.

Insomma, per il nostro fascinoso Tariq le donne potevano essere solo di due categorie: o velate o violate. .ghgh

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Che c'avrà di "speciale" sto Tariq Ramadan per le donne ... bah

è del '62 ( 55 anni) ma sembra mio nonno ( io , a 55 anni , correvo ancora la maratona in 3h e 37min. ,

i 400m. in 1,05 , ... e saltavo i "balconi" a piè pari ... .the )

 

.uhm ... G2_Ramadan-C3.jpg..... malasciastare

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Che c'avrà di "speciale" sto Tariq Ramadan per le donne ...

è del '62 ( 55 anni) ma sembra mio nonno ( io , a 55 anni , correvo ancora la maratona in 3h e 37min. ,

i 400m. in 1,05 , ... e saltavo i "balconi" a piè pari ... )

 

 

Di "speciale" ha che lui è islamico (e quindi difendibile/inaccusabile a prescindere) e tu no. ;)

 

Un esempio? L'altro giorno, 4 novembre, il soggetto in questione Tariq Ramadan, o meglio, a questo punto Satiriq Ramadan .ghgh (che lo ricordo, è inseguito da accuse di stupro da parte di una decina di donne, islamiche e non, sue allieve e non) è stato conferenziere ospite ad un simposio intitolato:

 

"I requisiti educativi per insegnare e gestire la diversità" (:|.uahahah.doh)

https://eventi.erickson.it/convegno-qualita-inclusione/session-detail/346/i-requisiti-educativi-per-insegnare-e-gestire-la-diversit

 

tenutosi a Rimini ed organizzato da un gruppo di sociologi ed intellettuali di Trento (aridaje, che i fighetti radical-chic di Trento ci ricascano, 40 anni dopo, con i "cattivi maestri"... Do you remember Curcio e la Cagol? .ehm A Roma direbbero: "so' dde coccio..."). Simposio che aveva tra i suoi ospiti anche Benedetta Tobagi: insomma qualcosa di piuttosto autorevole, non esattamente paragonabile al circolo del rutto di Pieve di Teco... .nono In altre parole, un po' come se lo stupratore di Hollywood Harvey Weinstein fosse invitato a tenere una lectio magistralis al Giffoni Film Festival dal titolo tipo "gestione e rispetto dei giovani attori nel cinema per ragazzi..."

 

Sarebbe mai possibile accettare Weinstein come conferenziere, oppure ci sarebbe una (ovvia) levata di scudi da parte dell'universo-mondo per impedire uno scempio del genere?

 

Eppure, in presenza di due situazioni del tutto analoghe (anzi, quella di Satiriq Ramadan è più grave perché questo parla di diritti, religione e morale [o forse orale? .ghgh], mentre quell'altro è parte della solita Hollywood-Babilonia), nessuno, ripeto, nessuno pare abbia avuto nulla da ridire sul fatto che una specie di maniaco sessuale seriale, anziché essere preso pubblicamente a calci in * ed appeso per le palle ad un lampione, sia stato invitato a parlare di "educazione", "insegnamenti" e "differenze" come il più rispettabile dei maitres à penser .doh

 

Chissà, mi chiedo, se l'avrebbero invitato ugualmente il caro Satiriq, se anziché essere un teologo islamico fosse stato un prete pedofilo...

 

Il dubbio è lecito, almeno quanto è ovvia la risposta.

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Se la notizia è reale, mi sembra un po' triste godere come ricci di violenze carnali perché portano acqua al proprio mulino.

 

Davvero non ho idea di chi sia tale Tariq e non potrebbe importarmene di meno, ma è proprio il modo in cui scrivi a provocare disgusto.

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