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Stanislr87

Addio a Totò Schillaci, l’uomo delle Notti Magiche è morto a 59 anni

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Quoto

 

Salvatore Schillaci è morto nel reparto di pneumologia dell’ospedale Civico di Palermo dove era ricoverato dal 7 settembre. Aveva 59 anni e da qualche anno era in cura per un tumore che purtroppo non gli ha dato scampo.

 

L’uomo dagli occhi sbarrati, simbolo indelebile delle Notti Magiche di Italia '90, arrivò alla Juve nell'estate 1989. Una stretta di mano tra Giampiero Boniperti e Salvatore Massimino aveva certificato il trasferimento dal Messina per 6 miliardi di lire. Una scommessa. Vinta. Totò Schillaci sbarcò in un pianeta sconosciuto con qualche timore, un'incredibile grinta e l'incosciente semplicità che gli avrebbe consentito di scalare il mondo. Tecnicamente un po' grezzo e tatticamente molto anarchico, stupì subito per la ferocia esplosiva con cui catturava i palloni e li cacciava in rete, così Zoff gli lasciò carta bianca: «Gioca come sai». Boniperti lo considerava erede di un'altra stella del Sud, Pietro Anastasi. Il primo anno segnò 15 gol e diede un contributo fondamentale alla conquista della Coppa Italia e della Coppa Uefa.

L’Italia di Totò

In Nazionale, Totò venne convocato a furor di popolo. Azeglio Vicini non si fidava, ma cedette alle pressioni: e fece bene. Totò sfilò a Carnevale la maglia da titolare e s'inventò magie in serie. Stava diventando il padrone del mondo (alla fine avrebbe firmato 6 gol, capocannoniere del Mondiale) e volava sempre più alto, però senza mai rinunciare a inseguire i suoi piccoli sogni. «Chi ha fame apprezza tutto il cibo», spiegava. Un giorno, sulla terrazza di Marino dove l'Italia era in clausura, domandò come avrebbe potuto farsi regalare una delle Panda Italia '90 (quelle con le coppe ruota a forma di pallone) che la Fiat aveva dato in uso alla Nazionale. «Telefona a Romiti e chiedigliela». «Mannò, non saprei come rivolgermi a un amministratore delegato, mi vergogno, non saprà nemmeno chi sono». Lo fece, tra mille sofferenze e dopo numerose prove, utilizzando uno dei primi cellulari funzionanti in Italia: alcuni erano a disposizione proprio degli azzurri. E Romiti si divertì così tanto che a fine Mondiale fece arrivare una Panda in serie speciale a ciascun bianconero convocato in azzurro. E lui era felice come un bambino.

 

Con Baggio era nato un rapporto strano. L'uno (Totò) selvaggio e istrionico, l'altro (Roby) introverso e riflessivo. Eppure condivisero sovente la camera in ritiro e andavano d'accordo. Almeno fino a quando non scoppiò la grande rissa. Centro tecnico di Orbassano, dopo l'allenamento. Schillaci sfoglia il giornale e Baggio lo stuzzica per gioco: «Sai anche leggere o guardi le figure?» Gli muove i fogli e Totò dà di matto. Parte un pugno che va oltre le intenzioni e colpisce Roby facendogli un occhio nero. L'episodio diventa di pubblico dominio, anche se i due fanno pace subito. Il giorno dopo Boniperti fa recapitare in spogliatoio due guantoni da box. Con un biglietto: «Usate questi, così non vi fate male».

"Ora tutti mi cercano”

Dopo il Mondiale Totò è l'italiano più popolare al mondo. Tutti lo vogliono. Vittorio Emanuele di Savoia lo invita con moglie (Rita) e figlia (Jessica) all'isola di Cavallo. Il re mancato esibisce la stella azzurra come un trofeo dandolo in pasto ai suoi amici gallonati. Dopo due giorni Totò si scoccia a se ne va. «Prima manco mi salutavano, ora tutti mi cercano e fanno la coda per vedermi...». Semplice e schietto, non fesso.

La popolarità pesa, non è facile da gestire. Schillaci diventa anche un bersaglio, per l'estrazione proletaria e un po' per la sua vita privata, molto per invidia. I tifosi avversari non gli risparmiano cori crudeli. Durante Bologna-Juve dell'11 novembre 1990 Fabio Poli gli fa saltare i nervi e al rientro negli spogliatoi a Totò scappa una frase di troppo: «Ti faccio sparare». Apriti cielo. Messaggio mafioso, sentenziano i soloni. «Macché – dirà lui – mi aveva insultato e sputato per tutta la partita, ho sbagliato ma non sono certo un killer».

 

L’addio alla Juve e il finale di carriera

Nella sua scalata al mondo, Schillaci ha dovuto conquistarsi tutto, nessuno gli ha mai fatto regali. E lui non ha mai scordato le radici, è rimasto un figlio del popolo, un prodotto vincente della Sicilia verace. Con l’arrivo di Vialli, si chiuse la sua porta juventina. Dopo c'è stata l'Inter, poi i giapponesi del Jubilo Iwata. L'esperienza in Oriente lo ha ulteriormente maturato e rasserenato, come il nuovo assetto familiare più solido e meno tormentato. Certo quel fenomeno di provincia che Zeman, dopo il maestro Scoglio, aveva lanciato in orbita si è costruito una favola senza pari.

 

 

 

 

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.piangi 
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Mi spiace davvero molto, ho moltissimi ricordi belli e teneri del Mondiale 1990, alle sue esultanze.
E anche alla Juve ha dato un contributo non trascurabile.
Personaggio molto particolare, a me risultava anche assai simpatico, genuino, pittoresco, come fosse figlio di un'altra epoca.

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Mito d'infanzia, prima dell'idolo Baggio per me ci furono le notti magiche grazie a Totò. Di calcio ne sapevo pochissimo, troppo piccolo, ma grazie a lui cominciai ad appassionarmici

 

 

R.i.p.

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Ultimamente lo avevo seguito a pechino express e ogni tanto gli era capitato di parlare della sua malattia. Chi ha visto il programma ha pure imparato a conoscere di più i suoi lati umani. 

 

Grande dispiacere! ❤️

 

 

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