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FRANCESCO SPIRITO

In omaggio a Totò Schillaci: i suoi goal più belli con la maglia della Juve

Post in rilievo

2 ore fa, Stingary Smith ha scritto:

Il rigore peruzzi non lo parò a Van Basten? forse ricorso male.
Comunque bel video, la rovesciata su cross da lontano è un capolavoro, me lo ricordo bene, fu al secondo anno di Juve quando gia segnava meno rispetto al primo.

Mi hai fatto venire il dubbio e allora sono andato a rivederla : era proprio Baresi, quella sera Van Basten non c'era, l'olandese aveva giocato solo l'andata a Milano finita 0-0.

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8 ore fa, ronny80 ha scritto:

Mi hai fatto venire il dubbio e allora sono andato a rivederla : era proprio Baresi, quella sera Van Basten non c'era, l'olandese aveva giocato solo l'andata a Milano finita 0-0.

Allora ero io a ricordare male, comunque un peccato buttare quella cippa Italia con il Parma in finale dopo aver vinto l'andata 1-0 in casa.

Fu l'anno di transizione Tacconi-Peruzzi comunque. Indimenticabili portieri entrambi.

 

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Grande fiuto del gol e che castagna da lontano, arrivò però tardino sui grandi palcoscenici. Bravi e coraggiosi ad andarlo a prendere dalla B

 

p.s. Ma che roba ha fatto Haessler contro la Roma? @@

 

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18 ore fa, Il Finnico ha scritto:

A Vialli fu diagnosticato il tumore nel 2017, a Rossi penso prima non ne sono sicuro ma è probabile. Schillaci dal 2020 credo.

L'unica discriminante che mi viene in mente è che il 9 porta sfiga.

Sai nulla dei turbocancri e di come si siano risvegliati in coloro che lo avevano superato?

Lasciamo perdere va...

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Me li ricordo tutti, anche perché sono stati molti il primo anno e poi diluiti negli altri 3, quando purtroppo si è perso.

Veramente all'inizio era immarcabile, sempre al posto giusto, tirava di destro/sinistro in una frazione di secondo, tiri secchi e angolati.

Anche qualche gol di testa per lui che era un 9 di 1,70 circa... sapeva smarcarsi come pochi.

Aveva le potenzialità per essere un bomber da 100 gol in 4 anni e si è fermato a 37 mi pare, credo che la pressione post mondiale l'abbia schiacciato

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La cosa incredibile è che la miglior commemorazione gliel'hanno fatta al Bernabeu. Va detto che i tifosi del Real hanno sempre rispettato ed tributato onore ai campioni. Guardatevela, veramente da brividi.

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2 ore fa, CR Boss ha scritto:

Sai nulla dei turbocancri e di come si siano risvegliati in coloro che lo avevano superato?

Lasciamo perdere va...

No. Non sono un medico e tantomeno lo divento leggendo due teorie complottiste su internet quindi sì, è meglio lasciar perdere e non inquinare un topic in memoria di un giocatore e un uomo che ha segnato i nostri ricordi in modo imperituro.

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Chi lo ha visto giocare nel Messina di scoglio e poi di zeman sa che giocatore era…. Centravanti lo invento zan.. con scoglio faceva la seconda punta ed era devastante ricordi di ragazzino di quel Messina del celeste e stracolmi e dei “*” di Franco scoglio il professore

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Parzialmente tratto da - " TuttoLegaPro "-  ..    .ehm ..  " Mi ritorni in mente " del 24/11/2013 -     

( Daniele Mosconi intervista Schillaci .. e .. nel contempo .. mirabilmente narra le vicissitudini

calcistiche di un " Giuoco del Calcio " di cui, ahimè, si sono smarrite le semplici ma intensissime 

emozioni di un " Football " che non aveva ancora venduto anima e cuore al " Dio Denaro " ) 

 

Un altro che è diventato icona, simbolo degli italiani con le sue gesta indelebili, è Salvatore "Totò" Schillaci. Quei suoi occhi spiritati, dai campi della C2, dove la polvere è amica di ogni domenica e la respiri anche a giorni di distanza, fino al Mondiale in casa: Italia '90, la manifestazione delle "Notti magiche" cantata da Edoardo Bennato e Gianna Nannini.

Un'edizione che non ha avuto altro protagonista che Totò. L'uomo del riscatto italico, oscurato dalle treccine di Ruud Gullit (uno dei rari esempi di merchandising riuscito benissimo) e del tulipano Marco Van Basten in un Milan che dominava in lungo e in largo e iniziava a gettare le basi per divenire ingiocabile e vincente come poche squadre nella storia.

Ritorna la storia, fedele compagna di chi ha saputo andare oltre gli steccati. Quel cross di Vialli nella gara d'esordio contro l'Austria, lo stacco di quel ragazzotto siciliano che dava almeno dieci se non quindici centrimetri ai centrali austriaci, che si mette in mezzo, nella speranza che se uno buca, lui c'è. 1-0 e confinanti sconfitti con una prestazione tutto cuore. In pochi lo immaginano, ma quel gol apre la strada ad un fenomeno.

Questo diventa Totò Schillaci per gli italiani.

Nella seconda partita contro gli Stati Uniti, ancora una volta parte dalla panchina e anche in questo caso a fargli posto è Andrea Carnevale. Non segna, ma ormai ha scalzato nel cuore degli italiani tutti gli altri. Gli occhi sono tutti per lui, un ragazzotto non più alto di un metro e settanta che fa venir voglia di sognare ancora di più di quanto non si faccia normalmente. Contro la Cecoslovacchia nella terza partita sblocca il risultato e l'Italia vola agli ottavi dove si inventa un tiro da fuori area che sblocca la partita contro l'Uruguay.

Nei quarti c'è l'Irlanda e contro gli "all green" ci vuole ancora un gol del salvatore della patria Totò Schillaci. Si vola in semifinale e si disputerà al "San Paolo" contro l'Argentina di Diego Armando Maradona.

 

Allora non c'erano tutti i rotocalchi che ci sono adesso (beati loro che hanno ancora respirato quell'aria più pulita!) ma tutti i tg nazionali e le rubriche sul calcio parlavano di lui. Ormai era diventata un'ossessione. Si partiva dal fischio d'inizio, già sapendo che avrebbe segnato e per le strade gli italiani correvano e gioivano per la felicità di bar e gelaterie, pronte ad accogliere l'italiano assetato.


Il "Pibe de oro" ha gioco facile nell'eccitare i napoletani giocando sul fattore "terroni-polentoni" cercando di mettere gli italiani contro (tolta la Nazionale non che ci voglia molto). Partita tirata, clima acceso e arbitro, il francese (giusto per rimanere in tema di rivalità) Michael Vautrot che dirige in modo impeccabile, riuscendo a rendere insoddisfatte le due squadre. Ancora una volta Schillaci a segno, però si vedeva che non era più il clima dell' Olimpico" a gasare gli azzurri. Un errore tra Zenga e Riccardo Ferri (la prendi tu, non la prendo io) permetteva a Caniggia di portare la partita ai supplementari. Sugli spalti e nelle strade d'Italia la voglia di prevalere contro il nemico Maradona in primis e l'Argentina di seguito era molta, però la lotteria dei rigori ci condanna alla finalina per il terzo posto contro l'Inghilterra. Il sogno si spegne con le luci del "San Paolo" che danno il commiato al sogno azzurro, ma non a quello di Totò Schillaci. 

 

Quell'edizione del Mondiale l'ha reso celebre in tutto il mondo. Fosse Asia o Stati Uniti o Africa, ovunque tutti parlavano e conoscevano Totò Schillaci.

 

Il sogno di bambino era tutto racchiuso in quegli occhi imprigionati in un volto normale, senza trucchi, segnato da gomitate, colpi proibiti e gol, tanti gol, segnati nelle serie minori. Su campi dove il calcio diventa una festa e in un attimo si trasforma in rissa. Salvatore in quei borghi, in quelle città dove il sole batte per tutti, belli e brutti, ha fatto quello che sapeva fare meglio: giocare a calcio e da attaccante, segnare per sé e per il suo sogno. Se l'università è l'ultimo gradino prima dell'inizio di una carriera lavorativa, nel calcio l'ateneo per prassi è il campetto di periferia. Gli esami su un campo di calcio non finiscono mai e il sogno di ogni ragazzino è racchiuso nel proprio entusiasmo, nella voglia di arrivare e anche in un tocco di madre natura.

Salvatore Schillaci a 17 anni passa dall'Amat Palermo, piccola realtà del calcio rosanero al Messina nel 1982 con Ballarò come allenatore dei peloritani. Mettiamoci nei panni di un ragazzo come lui che fino a qualche tempo prima gioca in un ambito dilettantistico, trovarsi d'improvviso catapultato in un ambiente come la allora C2 dove le marcature dei difensori erano delle vere e proprie faide dove però imparavi, tra le altre cose, cosa significasse il sacrificio e quanto costasse arrivare sulla vetta. 

 

In sette stagioni in maglia giallorossa, Salvatore ha il tempo di amare Messina e farsi amare dalla tifoseria, diventando un idolo della curva. In quegli anni lo stadio era il "Celeste". Pubblico a due metri dal campo e le immagini dell'epoca parlano da sole. L'adrenalina saliva fin dal riscaldamento e i novanta minuti davano quel tocco di eroismo ai ventidue in campo. 

 

Da Messina alla Juventus, passando per le notti magiche di Italia '90 all'Inter e per concludere il volo verso il Giappone. 

 

Salvatore, sei partito dalla periferia per lambire il tetto del mondo con la Nazionale, però sembra che il calcio si sia dimenticato di te.

"Non mi lamento di ciò che ho fatto e non sono d'accordo con il fatto che si siano dimenticati di me. Diciamo che è stato un allontanarsi reciproco senza dolore. Siamo in molti ad aver fatto questa scelta. Lo stesso Roberto Baggio ha lasciato il mondo del calcio e si è dedicato ad altro. Non trovo che sia negativa la cosa. Nel frattempo ho fatto tre fiction e ho partecipato all'Isola dei famosi".

Però in Federcalcio sembra non ci sia posto per te.

"Non lo voglio neanche io, se vogliamo metterla così. Ho deciso, dopo aver chiuso con il calcio, di aprire una scuola calcio e dedicarmi ai bambini. Non c'è niente di più bello e ancora oggi ritrovo nei loro occhi il mio entusiasmo".

Come abbiamo detto poc'anzi, tu parti da Palermo e nel 1982 arrivi al Messina.

"Mi hanno preso dall'Amat Palermo, una piccola società dilettantistica e da lì ho iniziato quello che tutti i ragazzini sognano fin da quando prendono un pallone e iniziano a calciarlo".  

 

Sette anni di Messina: hai avuto e ricevuto tanto.

"Soprattutto con quella maglia ho saputo costruirmi una carriera da protagonista".

Un'esperienza che ti fortifica: arrivi al vertice dopo aver fatto tanta gavetta.

"Però è utile. Vedi, adesso tutti giocano a zona e i difensori non marcano più a uomo come facevano quando giocavo io. C'era davvero da tremare con certi difensori. Specie in C2 trovavi dei personaggi poco raccomandabili".

Partito con Ballarò, hai avuto due maestri così vicini e così distanti: Zdenek Zeman e Franco Scoglio. Pregi e difetti di entrambi.

"Il primo è un grande allenatore a cui è mancata la vittoria di qualcosa di importante. Ama lavorare con i giovani e i risultati sotto questo aspetto gli danno ragione".

Voci di corridoio parlano di dissapori tra te e lui.

"No, non so chi abbia detto queste cose. Lui era uno che si lamentava sempre, questo sì, ma lo faceva con tutti perché da tutti pretendeva sempre il massimo. Non si accontentava mai. Sotto l'aspetto atletico pretendeva tanto e in campo i risultati si vedevano, tanto che con Zeman ho vinto la classifica marcatori e mi sono affacciato alle porte del sogno".

Mentre Scoglio?

"Il professore era una persona diversa da Zeman. Mi diceva sempre un concetto base: fai quello che vuoi e gioca come ti senti. Questo mi caricava a mille proprio in virtù di questa libertà che mi concedeva sul campo di gioco. Ho imparato tantissimo dalla sua persona e non smetterò mai di ringraziarlo. Con lui e i compagni di allora abbiamo reso ai messinesi anni fantastici".

Sfiorando la A.

"E' vero, però vincendo due campionati: uno di C2 e di seguito la C1 fino alla B. Come ti ho detto è stata una gavetta importante. La rifarei ancora mille volte perché mi ha portato ad essere pronto per spiccare il volo".

 

Arrivi alla Juventus nel 1989 e in quella stagione ti metti in mostra fino ad arrivare ad essere convocato da Azeglio Vicini per il Mondiale di Italia '90.

"La maglia azzurra è un altro mattone di quel sogno di ogni ragazzino. Sei al top e la voglia di non mollare quello che ti sei conquistato ti fa andare oltre e non senti più il sacrificio, il dolore. Accetti anche i calci nascosti dei difensori. Sai quanto ti è costato e lo vuoi tenere stretto".

Parole forti e che danno il senso delle origini di Salvatore Schillaci.

"Il gol più bello di quelli che feci al Mondiale? Sicuramente il sinistro contro l'Uruguay".

Dopo il Mondiale è cambiato tutto. Copertine, articoli, popolarità in tutto il globo.

"E' cambiato tutto in poco meno di un mese. Mi è bastato sfruttare l'occasione. Penso che sia vero: trovarsi al posto giusto al momento giusto. Io ho fatto questo" 

 

Quando si parla di Juventus è d'obbligo parlare dello "Stile Juventus".

"Non era una caserma, questo posso garantirtelo. Era uno stile di vita e sapevi che quando entravi in questo club tutto ciò che avevi fatto prima andava rimodulato per essere al passo con il loro modo di gestire la società. Ad esempio non licenziavano mai un allenatore prima della fine della stagione e questo era uno dei loro punti di forza. Poi, come si dice: i panni sporchi si lavavano in casa e uscivano sempre lindi e pinti".

Si dice che non potevate fare ciò che volevate.

"Ma non è assolutamente vero. Avevi degli obblighi perché eri la Juventus. Quindi sapevi che un determinato comportamento poteva portare delle conseguenze, ma da qui a dire che non eravamo liberi ce ne corre. Ah la fantasia...".

Ride quando pronuncia questo pensiero. Schillaci si è ormai concesso completamente a noi di TuttoLegaPro.com e un tocco di classe non poteva mancare: l'Avvocato. Stiamo parlando di Gianni Agnelli, uomo che non ha bisogno di presentazioni: ha dato vita alla Fiat e la sua famiglia ancora oggi ha il potere nella Juventus con i nipoti.

"Una persona che riempiva in tutti i sensi. Era imbarazzante parlare con lui. Conoscitore di calcio come pochi e non di rado, quando ci concedeva qualche minuto del suo tempo, ci allietava con le sue battute. Non era mai banale. Aveva la capacità di metterti in soggezione anche in silenzio. Era il segno che stava per dire qualcosa a cui non sapevi come rispondere o reagire".

Anche tu ricevevi le sue telefonate come Platini all'alba?

"Certo (ride emozionato, ndr). Mi chiamava verso le sette del mattino e mi chiedeva come stavo. Sai, quando chiudevi il telefono sentivi qualcosa dentro di inspiegabile". 

 

Dopo l'esperienza all'Inter decidi di accettare l'offerta del Giappone e vai al Jubilo Iwata. Come viene vissuto il calcio da quelle parti?

"Sicuramente in maniera meno maniacale di come viene vissuto qui in Italia. Loro decisero di puntare su di me perché erano in difficoltà e quando arrivai lì trovai un entusiasmo contagioso. Per loro lo Schillaci del Mondiale non era mai finito e dimostrai con i miei gol quanto era forte il connubio: entusiasmo uguale impegno in campo e palla in fondo al sacco". ecc.ecc.ecc. 

 

 

Ed anche i tifosi giapponesi, quelli della squadra " JUBILO IWATA " in modo particolare, hanno ritenuto opportuno rendere il doveroso e 

sincero omaggio alla " Memoria di Salvatore Schillaci " ... .ehm 

 

 

 

 

Salvatore Schillaci giocò in Giappone dal 1994 al 1997 - in 86 partite mise a segno 58 gol - 

Vinse la " J1 League " - Purtroppo subì un grave infortunio che gli impedì di proseguire la 

sua carriera.  

 

Un cordiale saluto a tutti fratelli bianconeri, in modo particolare a @FRANCESCO SPIRITO - 

 

.salve Stefano ! 

 

P.S. - Già conoscevo il video oggetto di questo topic : l'avevo inserito nell'apposito topic 

dedicato alla " Memoria di Schillaci " .. ed anch'io .. così come ha fatto Francesco .. avevo

" riservato " una segnalazione speciale per la " splendida rovesciata " contro il Verona !
 

  • Grazie 3

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2 ore fa, Il Finnico ha scritto:

No. Non sono un medico e tantomeno lo divento leggendo due teorie complottiste su internet quindi sì, è meglio lasciar perdere e non inquinare un topic in memoria di un giocatore e un uomo che ha segnato i nostri ricordi in modo imperituro.

Hai giudicato complottismo quello che dico?  Leggiti gli ultimi report dell'AiFA e DEL CDC usa e poi torna col capo di cenere. SAI COSA HA DICHIARATO L'AUTORITA' GIAPPONESE AD AGOSTO? IL GIAPPONE INTERO E' COMPLOTTISTA ? Credi che siccome non se ne parli in tv e sui giornali mainstream,vuol dire che e' falso?

 

Lasciamo perdere va...

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Il 23/09/2024 Alle 16:30, 29 MAGGIO 1985 ha scritto:

Parzialmente tratto da - " TuttoLegaPro "-  ..    .ehm ..  " Mi ritorni in mente " del 24/11/2013 -     

( Daniele Mosconi intervista Schillaci .. e .. nel contempo .. mirabilmente narra le vicissitudini

calcistiche di un " Giuoco del Calcio " di cui, ahimè, si sono smarrite le semplici ma intensissime 

emozioni di un " Football " che non aveva ancora venduto anima e cuore al " Dio Denaro " ) 

 

Un altro che è diventato icona, simbolo degli italiani con le sue gesta indelebili, è Salvatore "Totò" Schillaci. Quei suoi occhi spiritati, dai campi della C2, dove la polvere è amica di ogni domenica e la respiri anche a giorni di distanza, fino al Mondiale in casa: Italia '90, la manifestazione delle "Notti magiche" cantata da Edoardo Bennato e Gianna Nannini.

Un'edizione che non ha avuto altro protagonista che Totò. L'uomo del riscatto italico, oscurato dalle treccine di Ruud Gullit (uno dei rari esempi di merchandising riuscito benissimo) e del tulipano Marco Van Basten in un Milan che dominava in lungo e in largo e iniziava a gettare le basi per divenire ingiocabile e vincente come poche squadre nella storia.

Ritorna la storia, fedele compagna di chi ha saputo andare oltre gli steccati. Quel cross di Vialli nella gara d'esordio contro l'Austria, lo stacco di quel ragazzotto siciliano che dava almeno dieci se non quindici centrimetri ai centrali austriaci, che si mette in mezzo, nella speranza che se uno buca, lui c'è. 1-0 e confinanti sconfitti con una prestazione tutto cuore. In pochi lo immaginano, ma quel gol apre la strada ad un fenomeno.

Questo diventa Totò Schillaci per gli italiani.

Nella seconda partita contro gli Stati Uniti, ancora una volta parte dalla panchina e anche in questo caso a fargli posto è Andrea Carnevale. Non segna, ma ormai ha scalzato nel cuore degli italiani tutti gli altri. Gli occhi sono tutti per lui, un ragazzotto non più alto di un metro e settanta che fa venir voglia di sognare ancora di più di quanto non si faccia normalmente. Contro la Cecoslovacchia nella terza partita sblocca il risultato e l'Italia vola agli ottavi dove si inventa un tiro da fuori area che sblocca la partita contro l'Uruguay.

Nei quarti c'è l'Irlanda e contro gli "all green" ci vuole ancora un gol del salvatore della patria Totò Schillaci. Si vola in semifinale e si disputerà al "San Paolo" contro l'Argentina di Diego Armando Maradona.

 

Allora non c'erano tutti i rotocalchi che ci sono adesso (beati loro che hanno ancora respirato quell'aria più pulita!) ma tutti i tg nazionali e le rubriche sul calcio parlavano di lui. Ormai era diventata un'ossessione. Si partiva dal fischio d'inizio, già sapendo che avrebbe segnato e per le strade gli italiani correvano e gioivano per la felicità di bar e gelaterie, pronte ad accogliere l'italiano assetato.


Il "Pibe de oro" ha gioco facile nell'eccitare i napoletani giocando sul fattore "terroni-polentoni" cercando di mettere gli italiani contro (tolta la Nazionale non che ci voglia molto). Partita tirata, clima acceso e arbitro, il francese (giusto per rimanere in tema di rivalità) Michael Vautrot che dirige in modo impeccabile, riuscendo a rendere insoddisfatte le due squadre. Ancora una volta Schillaci a segno, però si vedeva che non era più il clima dell' Olimpico" a gasare gli azzurri. Un errore tra Zenga e Riccardo Ferri (la prendi tu, non la prendo io) permetteva a Caniggia di portare la partita ai supplementari. Sugli spalti e nelle strade d'Italia la voglia di prevalere contro il nemico Maradona in primis e l'Argentina di seguito era molta, però la lotteria dei rigori ci condanna alla finalina per il terzo posto contro l'Inghilterra. Il sogno si spegne con le luci del "San Paolo" che danno il commiato al sogno azzurro, ma non a quello di Totò Schillaci. 

 

Quell'edizione del Mondiale l'ha reso celebre in tutto il mondo. Fosse Asia o Stati Uniti o Africa, ovunque tutti parlavano e conoscevano Totò Schillaci.

 

Il sogno di bambino era tutto racchiuso in quegli occhi imprigionati in un volto normale, senza trucchi, segnato da gomitate, colpi proibiti e gol, tanti gol, segnati nelle serie minori. Su campi dove il calcio diventa una festa e in un attimo si trasforma in rissa. Salvatore in quei borghi, in quelle città dove il sole batte per tutti, belli e brutti, ha fatto quello che sapeva fare meglio: giocare a calcio e da attaccante, segnare per sé e per il suo sogno. Se l'università è l'ultimo gradino prima dell'inizio di una carriera lavorativa, nel calcio l'ateneo per prassi è il campetto di periferia. Gli esami su un campo di calcio non finiscono mai e il sogno di ogni ragazzino è racchiuso nel proprio entusiasmo, nella voglia di arrivare e anche in un tocco di madre natura.

Salvatore Schillaci a 17 anni passa dall'Amat Palermo, piccola realtà del calcio rosanero al Messina nel 1982 con Ballarò come allenatore dei peloritani. Mettiamoci nei panni di un ragazzo come lui che fino a qualche tempo prima gioca in un ambito dilettantistico, trovarsi d'improvviso catapultato in un ambiente come la allora C2 dove le marcature dei difensori erano delle vere e proprie faide dove però imparavi, tra le altre cose, cosa significasse il sacrificio e quanto costasse arrivare sulla vetta. 

 

In sette stagioni in maglia giallorossa, Salvatore ha il tempo di amare Messina e farsi amare dalla tifoseria, diventando un idolo della curva. In quegli anni lo stadio era il "Celeste". Pubblico a due metri dal campo e le immagini dell'epoca parlano da sole. L'adrenalina saliva fin dal riscaldamento e i novanta minuti davano quel tocco di eroismo ai ventidue in campo. 

 

Da Messina alla Juventus, passando per le notti magiche di Italia '90 all'Inter e per concludere il volo verso il Giappone. 

 

Salvatore, sei partito dalla periferia per lambire il tetto del mondo con la Nazionale, però sembra che il calcio si sia dimenticato di te.

"Non mi lamento di ciò che ho fatto e non sono d'accordo con il fatto che si siano dimenticati di me. Diciamo che è stato un allontanarsi reciproco senza dolore. Siamo in molti ad aver fatto questa scelta. Lo stesso Roberto Baggio ha lasciato il mondo del calcio e si è dedicato ad altro. Non trovo che sia negativa la cosa. Nel frattempo ho fatto tre fiction e ho partecipato all'Isola dei famosi".

Però in Federcalcio sembra non ci sia posto per te.

"Non lo voglio neanche io, se vogliamo metterla così. Ho deciso, dopo aver chiuso con il calcio, di aprire una scuola calcio e dedicarmi ai bambini. Non c'è niente di più bello e ancora oggi ritrovo nei loro occhi il mio entusiasmo".

Come abbiamo detto poc'anzi, tu parti da Palermo e nel 1982 arrivi al Messina.

"Mi hanno preso dall'Amat Palermo, una piccola società dilettantistica e da lì ho iniziato quello che tutti i ragazzini sognano fin da quando prendono un pallone e iniziano a calciarlo".  

 

Sette anni di Messina: hai avuto e ricevuto tanto.

"Soprattutto con quella maglia ho saputo costruirmi una carriera da protagonista".

Un'esperienza che ti fortifica: arrivi al vertice dopo aver fatto tanta gavetta.

"Però è utile. Vedi, adesso tutti giocano a zona e i difensori non marcano più a uomo come facevano quando giocavo io. C'era davvero da tremare con certi difensori. Specie in C2 trovavi dei personaggi poco raccomandabili".

Partito con Ballarò, hai avuto due maestri così vicini e così distanti: Zdenek Zeman e Franco Scoglio. Pregi e difetti di entrambi.

"Il primo è un grande allenatore a cui è mancata la vittoria di qualcosa di importante. Ama lavorare con i giovani e i risultati sotto questo aspetto gli danno ragione".

Voci di corridoio parlano di dissapori tra te e lui.

"No, non so chi abbia detto queste cose. Lui era uno che si lamentava sempre, questo sì, ma lo faceva con tutti perché da tutti pretendeva sempre il massimo. Non si accontentava mai. Sotto l'aspetto atletico pretendeva tanto e in campo i risultati si vedevano, tanto che con Zeman ho vinto la classifica marcatori e mi sono affacciato alle porte del sogno".

Mentre Scoglio?

"Il professore era una persona diversa da Zeman. Mi diceva sempre un concetto base: fai quello che vuoi e gioca come ti senti. Questo mi caricava a mille proprio in virtù di questa libertà che mi concedeva sul campo di gioco. Ho imparato tantissimo dalla sua persona e non smetterò mai di ringraziarlo. Con lui e i compagni di allora abbiamo reso ai messinesi anni fantastici".

Sfiorando la A.

"E' vero, però vincendo due campionati: uno di C2 e di seguito la C1 fino alla B. Come ti ho detto è stata una gavetta importante. La rifarei ancora mille volte perché mi ha portato ad essere pronto per spiccare il volo".

 

Arrivi alla Juventus nel 1989 e in quella stagione ti metti in mostra fino ad arrivare ad essere convocato da Azeglio Vicini per il Mondiale di Italia '90.

"La maglia azzurra è un altro mattone di quel sogno di ogni ragazzino. Sei al top e la voglia di non mollare quello che ti sei conquistato ti fa andare oltre e non senti più il sacrificio, il dolore. Accetti anche i calci nascosti dei difensori. Sai quanto ti è costato e lo vuoi tenere stretto".

Parole forti e che danno il senso delle origini di Salvatore Schillaci.

"Il gol più bello di quelli che feci al Mondiale? Sicuramente il sinistro contro l'Uruguay".

Dopo il Mondiale è cambiato tutto. Copertine, articoli, popolarità in tutto il globo.

"E' cambiato tutto in poco meno di un mese. Mi è bastato sfruttare l'occasione. Penso che sia vero: trovarsi al posto giusto al momento giusto. Io ho fatto questo" 

 

Quando si parla di Juventus è d'obbligo parlare dello "Stile Juventus".

"Non era una caserma, questo posso garantirtelo. Era uno stile di vita e sapevi che quando entravi in questo club tutto ciò che avevi fatto prima andava rimodulato per essere al passo con il loro modo di gestire la società. Ad esempio non licenziavano mai un allenatore prima della fine della stagione e questo era uno dei loro punti di forza. Poi, come si dice: i panni sporchi si lavavano in casa e uscivano sempre lindi e pinti".

Si dice che non potevate fare ciò che volevate.

"Ma non è assolutamente vero. Avevi degli obblighi perché eri la Juventus. Quindi sapevi che un determinato comportamento poteva portare delle conseguenze, ma da qui a dire che non eravamo liberi ce ne corre. Ah la fantasia...".

Ride quando pronuncia questo pensiero. Schillaci si è ormai concesso completamente a noi di TuttoLegaPro.com e un tocco di classe non poteva mancare: l'Avvocato. Stiamo parlando di Gianni Agnelli, uomo che non ha bisogno di presentazioni: ha dato vita alla Fiat e la sua famiglia ancora oggi ha il potere nella Juventus con i nipoti.

"Una persona che riempiva in tutti i sensi. Era imbarazzante parlare con lui. Conoscitore di calcio come pochi e non di rado, quando ci concedeva qualche minuto del suo tempo, ci allietava con le sue battute. Non era mai banale. Aveva la capacità di metterti in soggezione anche in silenzio. Era il segno che stava per dire qualcosa a cui non sapevi come rispondere o reagire".

Anche tu ricevevi le sue telefonate come Platini all'alba?

"Certo (ride emozionato, ndr). Mi chiamava verso le sette del mattino e mi chiedeva come stavo. Sai, quando chiudevi il telefono sentivi qualcosa dentro di inspiegabile". 

 

Dopo l'esperienza all'Inter decidi di accettare l'offerta del Giappone e vai al Jubilo Iwata. Come viene vissuto il calcio da quelle parti?

"Sicuramente in maniera meno maniacale di come viene vissuto qui in Italia. Loro decisero di puntare su di me perché erano in difficoltà e quando arrivai lì trovai un entusiasmo contagioso. Per loro lo Schillaci del Mondiale non era mai finito e dimostrai con i miei gol quanto era forte il connubio: entusiasmo uguale impegno in campo e palla in fondo al sacco". ecc.ecc.ecc. 

 

 

Ed anche i tifosi giapponesi, quelli della squadra " JUBILO IWATA " in modo particolare, hanno ritenuto opportuno rendere il doveroso e 

sincero omaggio alla " Memoria di Salvatore Schillaci " ... .ehm 

 

 

 

 

Salvatore Schillaci giocò in Giappone dal 1994 al 1997 - in 86 partite mise a segno 58 gol - 

Vinse la " J1 League " - Purtroppo subì un grave infortunio che gli impedì di proseguire la 

sua carriera.  

 

Un cordiale saluto a tutti fratelli bianconeri, in modo particolare a @FRANCESCO SPIRITO - 

 

.salve Stefano ! 

 

P.S. - Già conoscevo il video oggetto di questo topic : l'avevo inserito nell'apposito topic 

dedicato alla " Memoria di Schillaci " .. ed anch'io .. così come ha fatto Francesco .. avevo

" riservato " una segnalazione speciale per la " splendida rovesciata " contro il Verona !
 

Caspita, che omaggio dal Giappone! 

 

Per il resto cosa dire:  grazie per il bellissimo post, carico di ricordi.

 

Certo che uno Schillaci farebbe comodo ancora oggi, visto come sta andando il nostro attacco.....

 

Aggiungo una curiosità: nel premio speciale, dato dalla Fifa, per il premio al miglior giocatore del Mondiale (anch'esso denominato "Pallone d'Oro) ci sono due italiani e due juventini: oltre Salvatore Schillaci anche il mitico Paolo Rossi (che fu, anche Pallone d'Argento nel Mondiale '78).  Su questo premio si potrebbe fare un post.... 

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Il 23/09/2024 Alle 14:29, Andrea PV74 ha scritto:

Me li ricordo tutti, anche perché sono stati molti il primo anno e poi diluiti negli altri 3, quando purtroppo si è perso.

Veramente all'inizio era immarcabile, sempre al posto giusto, tirava di destro/sinistro in una frazione di secondo, tiri secchi e angolati.

Anche qualche gol di testa per lui che era un 9 di 1,70 circa... sapeva smarcarsi come pochi.

Aveva le potenzialità per essere un bomber da 100 gol in 4 anni e si è fermato a 37 mi pare, credo che la pressione post mondiale l'abbia schiacciato

Ciao

Sul piatto dobbiamo anche mettere che arrivò in Serie A con un certo ritardo: in questo fu bravissimo e lungimirante Boniperti a scommettere su di lui....

 

L'annata post Mondiale, quella con Maifredi fu complicata per tutta la Juve (salviamo il girone d'andata che quella Juve concluse al secondo post e la bella figura in Coppa delle Coppe conclusasi con una super partita a Torino, contro il Barcellona, molto sfortunata perchè avremmo meritato il 2-0).

 

In generale la penso come te: dalla Serie B al Mondiale (quasi vinto grazie a lui), probabilmente non ha saputo gestire al meglio le emozioni, la popolarità e la pressione...

Comunque oggi uno come Schillaci, al nostro attacco, servirebbe come il pane....  

Il 23/09/2024 Alle 12:31, TheOzma2 ha scritto:

La rovesciata di Totò mi ricorda molto una rovesciata di Vialli con la Juve, non mi ricordo contro chi.. 

Ciao

 

Credo contro la Cremonese.... 

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Che ricordi...mi si stringe il cuore 🥹 grandissimo Totò, lo avessimo oggi un attaccante come lui....

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Totò era davvero dotato di un gran tiro (la punizione sulla traversa contro l'Irlanda fu incredibile), mi chiedo perchè abbia praticamente smesso di segnare con conclusioni di potenza dopo Italia '90...  Problemi fisici a parte, è parecchio strano.

 

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