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juventino milanese

I 70 anni di una leggenda bianconera: Marco Tardelli

Post in rilievo

Forse in giornata verrò smentito, ma trovo incredibile che la nostra Società, così tanto attenta alle comunicazioni social, non abbia ancora fatto gli Auguri ad una leggenda Juventina.

 

Potrà persino risultare antipatico quando lo si ascolta in televisione, ci saranno state incomprensioni, ma è indubbio che abbia scritto pagine importanti della nostra Storia, senza dimenticare il Mondiale da protagonista nel 1982.

 

Si fanno gli Auguri a meteore e fuggiaschi, ci si dimentica di chi ha vinto questo:

 

  •  Campionato italiano: 5

 

  •  Coppa Italia: 2

 

  •  Coppa UEFA: 1

 

  •  Coppa delle Coppe: 1

 

  •  Supercoppa UEFA: 1

 

  •  Coppa dei Campioni: 1

 

Colonna portante di uno dei più forti reparti centrali che abbia mai visto giocare, Auguri Marco Tardelli per i tuoi 70 anni!

 

 

Vi riporto un bell'articolo tratto da "Storie di calcio":

 

Capanne, paesino abbarbicato sulle Apuane, provincia di Lucca. Marco ci nasce nel 1954, e ci cresce, come ha più volte raccontato, «in serena povertà». Infanzia modesta eppure felice, padre operaio all’Anas, lui ultimo di quattro fratelli, tutti maschi, tutti innamorati di calcio. Oddio, a Marco preme soprattutto correre, dicono abbia l’atletica nel sangue. Ma si muove bene anche sui campi da calcio, non fosse per quel fisico esile, gracilino. Cinquantanove chili, quando arriva a Pisa. Nonostante tutto, il suo nome è finito sul bloc-notes di parecchi osservatori, e la società nerazzurra lo acquista per settantamila lire.

 

Primi passi nelle giovanili, e un mestiere per consumare il tempo libero e mettere in tasca qualche lira: fa il cameriere in un ristorante-albergo a due passi da piazza dei Miracoli. Un’esperienza da ricordare anche più tardi, quando gli diranno che il calcio è gioia, ma anche sacrificio. «Io correvo molto, in campo, e la notte prima di una partita non chiudevo occhio, ero sempre in tensione. Niente, in confronto a quando correvo da un tavolo all’altro e mi spiegavano che col tempo mi sarebbero venuti anche i piedi piatti».

 

Pisa è l’inizio dell’avventura, il debutto in C dal ’72 al ’74, le prime battaglie. Pisa è un posto da non lasciare mai più, nei pensieri del giovane Marco. Invece, a vent’anni, arriva la chiamata del Como, e il ragazzo parte per il primo viaggio importante lontano da casa. Ambientarsi è dura, e lo sarebbe ancor di più se non ci fosse qualcuno ad aiutarlo. Si chiama Pippo Marchioro, quel qualcuno. Più che un allenatore è un secondo padre. «Persona stupenda. Appena possibile, mi metteva sul treno e mi spediva dai miei, a casa. Così non cadevo preda della nostalgia».

 

Como e Marchioro (ma anche Beltrami, “diesse” di raro acume) significano molto di più, dal punto di vista professionale: a vent’anni, Tardelli è un bel gioiellino da lanciare sui campi di Serie B, e lui non si fa pregare: quelle sue corse a perdifiato gli regaleranno un soprannome mai troppo amato, “Schizzo”, e un biglietto d’ingresso al grande circo del calcio che conta. A fine stagione il Como conquista la Serie A, Marco l’attenzione dei grandi club. Ed eccolo, il primo (breve) in contro. Marco e l’Inter si sfiorano, si accarezzano e improvvisa mente si perdono di vista.

 

Succede, appunto, in quell’estate del ’75. Succede, per l’esattezza, che il presidente nerazzurro Fraizzoli si fa avanti, offrendo al Como ottocento milioni a rate per il pezzo pregiato. Cifra da astronomi, per l’epoca. Sembra fatta, c’è un accordo di massima. Ma di colpo lo scenario cambia: gli ottocento milioni nelle casse del Como ci entrano, ma arrivano da Boniperti, che si presenta davanti a Beltrami deciso a chiudere l’affare in quattro e quattr’otto. Col contante in valigia. Marco Tardelli, aspirante nerazzurro, si veste di bianconero. Della Juventus scriverà un pezzo di storia.

 

Inizia alla corte di Carletto Parola, un anno dopo si ritrova tra le mani di Giovanni Trapattoni. Resterà a Torino dieci anni, quanto basta a riempire una bacheca di trofei, una carriera di attimi indimenticabili. Dentro il baule dei ricordi finiranno cin­que scudetti, una Coppa Uefa (vinta anche grazie a un suo gol nella partita di andata, a Torino, della finale contro l’Atletico Bilbao), una Coppa delle Coppe. Oltre a quella Coppa dei Campioni tanto attesa e poi altrettanto maledetta, quella gioia trasformatasi subito in dolore nella notte dannata dell’Heysel.

 

Il primo anno bianconero Marco lo vive da difensore. Parola, dopo qualche turno di panchina, lo manda in campo sulla fascia sinistra. Un terzino fuori dalle regole, sempre proiettato verso l’area avversaria, caratteristica che in fondo aveva evidenziato anche a Como. È un anno amaro, un campionato perduto quando ormai sembrava vinto, e lo scudetto finisce sulle maglie dell’altra Torino, quella di fede granata.

 

Ma Boniperti non si pente del suo acquisto. In campo, il giovane terzino d’attacco Tardelli è uno dei migliori. Al debutto in Serie A. si è guadagnato in fretta un posto da titolare strap­pandolo a Spinosi, uno del giro azzurro. Crescerà, con l’avvento del Trap. Diventerà un leader naturale, il prototipo del giocatore completo e moderno. Capace di destreggiarsi in qualunque ruolo, in qualunque zona del campo, senza perdere smalto, lucidità, continuità. Capace di marcare l’avversario aggredendolo, logorandolo, trasformandosi ogni volta da sorvegliante in sorvegliato speciale. Nella Juve del Trap, quella delle grandi conquiste, diventa centrocampista arretrato, e trova spesso anche la via della rete.

 

I suoi compagni di reparto si chiamano Causio, Furino, Benetti. Probabilmente il centrocampo più forte della storia bianconera, un posto incantato dove convivono fantasia e grinta, tecnica e potenza. Arriva lo scudetto dei 51 punti, ne arrivano altri quattro. Quel centrocampo, escluso Furino, è lo stesso della Nazionale azzurra al Mondiale argentino del ’78. Quella Juve è il sogno dei tifosi, e Marco Tardelli ne diventa il simbolo. Lui e la sua impossibilità di essere normale, lui e la sua insonnia, lui e quelle urla di gioia che sono un rito e anticipano quello più forte, più acuto, più bello. Il rito che diventerà mito.


Sette anni dopo quelle prime apparizioni in bianconero, Marco Tardelli è un’icona del calcio italiano. Il Mondiale di Spagna, nell’82, è la sua seconda volta, dopo l’avventura argentina. Ci arriva con un altro padre calcistico che gli segnerà la carriera di giocatore e, in seguito, quella di allenatore. Insomma, la vita. Enzo Bearzot costruisce intorno a sé un gruppo felice e vincente, nonostante la partenza difficile e quel silenzio-stampa che è difesa nei confronti del mondo fuori, ma che all’inizio non contribuisce a riscaldare i cuori e i rapporti.

 

Ma il gruppo va avanti, i due “coyotes”, quelli che non dormono la notte, Tardelli e Conti insomma, sono tra i trascinatori in campo e fuori, e il “Vecio” trova tra le zolle dei campi di Spagna la pepita d’oro Paolo Rossi. Non è questione di fortuna: i risultati premiano le scelte di Bearzot, che si porta dietro giocatori eclettici, fedeli alla causa. In quei giorni Tardelli, che a ventott’anni sta vivendo gli anni della maturazione calcistica, probabilmente immagazzina nozioni che gli serviranno anche dopo aver chiuso la carriera di giocatore: «L’avventura in Spagna è stata fantastica. Quell’esperienza mi ha insegnato che un gruppo unito può superare qualunque difficoltà». Appunto.

 

Il resto è tutto scritto in quella fotografia, un attimo consegnato alla storia: 11 luglio 1982, lo stadio Bernabeu stracolmo, quel passaggio illuminante del povero Scirea, il tiro che beffa Schumacher e che vale il 2-0, la corsa gridata, infinita. Destinata a resistere al tempo, come le mani alzate di Zoff che stringono la Coppa. L’urlo di Marco è l’urlo di uno del popolo, quello baciato dalla grazia che sta lì, in campo, a nome di tutti. Immortale anche per questo.

 

Marco torna in Italia da campione del mondo, ed è sempre lui. Sanguigno, combattivo. Arriva da eroe, pochi mesi più tardi è già considerato un traditore della patria. Di quella bianconera, nel caso. È lui, insieme a Gentile e Furino, l’ispiratore del gran rifiuto di Casale. Boniperti propone il solito contratto pronto da firmare, i tre dicono no e chiedono l’adeguamento nei confronti di quelli dei campioni stranieri. Alla Juve, fino a quel momento, si firmava in bianco. Dalla tradizione alla rivoluzione. «Mai avuto niente contro i giocatori stranieri, mai stato razzista. A Boniperti chiesi semplicemente perché noi, campioni del mondo, dovevamo andare in campo e guadagnare la metà degli stranieri?». La difesa della buona scuola italiana. Ieri come oggi, da calciatore come da tecnico. Chiamiamola pure coerenza. Insomma, questa è la prima crepa in un rapporto che sembrava destinato a durare eternamente.

 

Che va avanti, comunque, perché Marco in bianconero vince ancora tanto: la Coppa Italia dell’83, scudetto, Coppa delle Coppe e Supercoppa europea l’anno successivo, fino al giorno del grande trionfo e della grande tragedia, della prima Coppa dei Campioni bagnata nel sangue, della folle finale di Bruxelles nell’85. L’ultima stagione è quella delle incomprensioni con Giovanni Trapattoni. Il tecnico, che ne intuisce il naturale declino, lo vede meglio in un raggio d’azione circoscritto. Praticamente lo utilizza da terzino destro. Sono discussioni, come sempre succede quando si scontrano due personalità forti. Ammette, e non gli costa fatica: «Il tempo ti fa capire tante cose. Forse lui non sbagliò a tenermi arretrato: ero più vecchio, potevo risparmiarmi e inserirmi con maggiore lucidità». Marco e la Signora continueranno ad amarsi, ma si comportano da amanti traditi. Lui saluta senza polemiche, ma sentendosi, di fondo, incompreso. Chiude con 239 gettoni di presenza (e 35 reti) in maglia bianconera. Una leggenda.

 

Il destino lo rimette sulla strada dell’Inter, con un contratto faraonico per l’epoca. Settecento milioni a stagione per due anni. Non è più l’Inter di Fraizzoli, che lo aveva tra le mani e se l’era lasciato sfuggire. E quella di Pellegrini, che vuole giocatori motivati e vincenti e fa follìe per Tardelli, ma anche per Marangon e Fanna. Che non vince nulla quell’anno con Castagner (poi rilevato da Corso) in panchina, né ci riuscirà con l’avvento di Trapattoni. Ecco, un altro scherzo del destino: Marco e il Trap ancora una volta insieme. Problemi? Mai, perché il vecchio maestro non è uno che serba rancore.

 

Semmai è la sorte, improvvisamente nemica, a decidere il declino del campione. Nel primo anno nerazzurro del Trap, Tardelli incappa in una serie incredibile di contrattempi e infortuni. Si frattura addirittura entrambe le mani, in momenti diversi. E un momento delicato della carriera, e lui così abituato a combattere deve passarlo a maledire il desti no. Due stagioni a Milano, avarissime di risultati e gioie. Pochi ricordi buoni, su tutti la doppietta contro il Real Madrid nella semifinale di Coppa Uefa, nel l’aprile dell’86: un altro 3-1, come quello del Bernabeu, un’altra gioia seppur meno intensa. In mezzo, giorni da dimenticare, e alla fine della stagione ’86-87 un addio quasi obbligato.

 

Pellegrini e il diesse Beltrami, lo scopritore del giovane Tardelli a Como, gli offrono un’altra stagione da trecento milioni, lui preferisce chiudere e sembra un addio al calcio giocato. Invece, ci sarà un’appendice. Lo chiamano dalla Svizzera, il San Gallo gli offre una maglia da titolare. Da quelle parti, a Losanna, c’è già un altro mito del calcio italiano e delle magiche notti di Spagna, Giancarlo Antognoni. Marco dice sì, si butta nell’avventura col solito impegno. Durerà poco. Contrasti col mediocre tecnico Markus Frei, che soffre una presenza così ingombrante nello spogliatoio, accelerano la fine della strana storia. Ma è soprattutto un problema di stimoli: «In fondo, è stato un anno divertente. Dovevo restare a San Gallo per due stagioni, ma a un certo punto mi sono accorto che avevo sempre la stessa voglia di allenarmi, ma non più quella di scendere in campo alla domenica. E allora ho detto basta». Ha trentaquattro anni, il calcio continua a provocargli insonnia e angosce, ma è lui il primo a sapere che il calcio non può che continuare a essere la sua vita.

 

Dopo il ritiro dal calcio giocato inizia per lui la carriera di allenatore: Italia Under 16, poi Como, Cesena e dal 1997 Commissario Tecnico dell’Italia Under 21, con la quale diventa campione d’Europa nel 2000. Passato come allenatore dell’Inter nella stagione 2000-2001, da quel momento inizia per lui un momento sfortunato: esonerato alla fine della stagione a causa dei pessimi risultati ottenuti dalla squadra milanese (perse tra l’altro 6-0 col Milan in campionato e 6-1 col Parma in Coppa Italia). Stessa negativa sorte ebbero le esperienze con Bari, Egitto ed Arezzo.

 

Nel giugno 2006 ritorno “all’ovile”: entra nel CDA della Juventus sulla lunga onda del rinnovamento imposto dalla vicenda di Calciopoli, ma si dimette dopo esattamente un anno a causa di opinioni discordanti con la dirigenza bianconera. Nel 2008 colpo di scena: ancora il Trap sulla strada di Tardelli: Giovanni gli offre il ruolo di vice-allenatore della nazionale dell’Irlanda, con l’obiettivo di riportare in alto il calcio irlandese, esperienza durata fino al 2013.

Marco_Tardelli_1976_Torino.jpg

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36 minuti fa, juventino milanese ha scritto:

Potrà persino risultare antipatico quando lo si ascolta in televisione

Perché risulterebbe antipatico?Per via di qualche frase contro la Juve?

Comunque tanti auguri "Schizzo"🎉🎉🎉

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grazie per il post.

 

il mio avatar dice quanto lo abbia ammirato in campo, davvero uno dei centrocampisti più forti di sempre

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Centrocampista dai gol pesanti, apre e chiude le danze juventine del mondiale '82... amato fin dalla finale contro  l'Atletico Bilbao...
Lui e Cabrini i miei veri eroi del bimbo incantato che ancora mi resta, auguri Marco!💓
 

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31 minuti fa, Simo78 ha scritto:

semplicemente il più forte centrocampista italiano di sempre. 

la mezzala .......

 

ci sarebbe un certo Pirlo

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45 minuti fa, krom ha scritto:

In poche parole hai sintetizzato grandi verità.

Grazie

43 minuti fa, Freak✌️Brothers ha scritto:

Perché risulterebbe antipatico?Per via di qualche frase contro la Juve?

Comunque tanti auguri "Schizzo"🎉🎉🎉

diciamo che in tv, così come lo era in campo, non mi pare proprio un personaggio in cerca di "piacioneria".

Per altro non ricordo nemmeno lodi sperticate durante i periodi migliori.

Insomma, rude ma coerente.

Proprio come piacciono a me.

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Fuoriclasse della mediana dotato di rara polivalenza: impostazione delll'azione, fiuto del gol, capacità d'inserimento, tanta grinta e legna. Non molto tempo fa sentivo dei malati di mente che paragonavano Barella, non solo a Bellingham, ma anche a Tardelli, giusto per capire il livello di incompetenza.

 

  • Grazie 2

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Auguri a Tardelli.

PS.Nella fronda di Casale post mondiale 82 non mi pare proprio ci fosse Furino ma Rossi ed Osti insieme a Gentile e Tardelli.

Pagò per tutti Osti (il meno utile) che fu ceduto.

  • Grazie 1

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Centrocampista totale. Ambidestro. Autore di goals di pregio. Entrato nel mito per la rete del 2  a 0 nella finalissima del Bernabeu nel 1982. Auguri Marco !

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.... parzialmente riportato da " Il Corriere della Sera " del 22 Settembre 2024 - a firma di Francesco Battistini - 

 

-  " Tanti incontri " - risposta di Tardelli

" Il bello della mia vita. Boniperti, forse, è stato il più importante. Un papà con il quale litigavo, sapeva essere

duro e generoso. Come arrivai alla Juve mi levò braccialetti e collanine, m'obbligò a tagliarmi i capelli. 

Poi, un giorno, mentre firmavo autografi, gli chiesi la penna in prestito. Mi passò la - Cartier d'oro - e mi disse :

tienila, te la regalo. Era uno che non ti faceva mai sentire solo, come Agnelli del resto "

 

- " L' Avvocato stravedeva per Tardelli " - risposta di Tardelli

" Nonostante le mie gaffe. Una volta m'ero fatto del male e lui mi chiamò - le mando il mio massaggiatore, vedrà che

bravo. Venne questo massaggiatore .. ma .. mi stirai di nuovo. Allora, mi ritelefonò : - Come va ? -  ed io - Mah, quasi

quasi me la taglio questa gamba .. e l'Avvocato rispose .. - A me lo dice Tardelli ? -  M'ero dimenticato che era zoppo .

 

-" Con gli Agnelli di oggi ? " - risposta di Tardelli

" Non ho lo stesso rapporto, è una generazione diversa .

 

- " Dalla Juve non ha mai divorziato bene " - risposta di Tardelli

" Nell'ultima Juve volevano m'occupassi di cose che  non conoscevo : bilanci .. numeri .. ecc.ecc. 

Da giocatore me ne andai perchè Boniperti mi vedeva terzino, ed io, invece, non mi ci trovavo "

 

- " Sei permaloso " - risposta di Tardelli

" Sono un toscano. Zoff, Furino, Morini, mi prendevano in giro ed io mi arrabbiavo, poi mi telefonavano

e mi dicevano : ma cosa sei un bambino ? Mi insegnavano a vivere e ho imparato. Il giovane cresce se

lo fa crescere il vecchio .. altrimenti .. il vecchio può farti anche molto male "

 

- " Maradona e Pelè si sono confrontati per una vita "  - risposta di Tardelli

" Non si sopportavano. Alla festa d'addio di Platinì avevamo fatto un pullman di - Vecchie Glorie - 

Ad un semaforo ci affianca una limousine - sopra c'è Maradona che ci saluta. Allora, Pelè,  fa fermare

il pullman e dice // O sale sul pullman anche lui o io non vengo // - Platinì scende e negozia.- 

Alla fine, Maradona viene con noi e s'avvicina a Pelè e dice : - Ma dai .. perchè fai così .. - 

Diego era un genio, circondato da gente strana. Prima che arrivasse in Italia, un dirigente FIAT l'aveva

segnalato all'Avvocato. Certo, se Boniperti avesse dato retta all'Avvocato e l'avesse preso, chissà ... "

( e  qui, perdonatemi, ma bisognerebbe aprire un " capitolo a parte " )

 

- " Ma è vero che scioperasti contro Platinì ? " - risposta di Tardelli

" Ma no. Semplicemente andai da Boniperti, con Scirea , Gentile, Rossi, a domandare perchè Platinì

guadagnasse più di noi che eravamo  - Campioni del Mondo - " 

( e qui, riperdonatemi, mi pare assai strano che venga tirato in ballo anche Gaetano Scirea ...  anche

perchè, se la memoria non mi inganna, i 3 giocatori che Giampiero Boniperti fece " accomodare in

Tribuna " affinchè ritrovassero la " retta via " furono Tardelli - Gentile - Rossi // Un GAETANO SCIREA, 

scritto volutamente in MAIUSCOLO, che va dal Presidente della Juventus, GIAMPIERO BONIPERTI,

a " battere cassa " proprio non ce lo vedo - stiamo parlando di un UOMO .. un GRANDE UOMO .. 

ancor prima del " GRANDE CALCIATORE " che, la sera dopo aver vinto uno scudetto, all'alba, uscendo

da un locale in cui i giocatori juventini avevano festeggiato l'ennesimo " TRICOLORE ", vedendo passare

lavoratori che si recavano in fabbrica, provò un profondo senso di disagio, in quanto, gli venne in mente

suo padre che, a differenza dei denari che lui percepiva per " tirare " .. anzi .. " accarezzare " un pallone,

come solo lui sapeva fare pur essendo un difensore, percepiva solo ed esclusivamente quei " denari "

propedeutici a sostentare il nucleo familiare )

 

- " Che ricordo hai di Totò Schillaci ? " - risposta di Tardelli

" Ci somigliavamo nell'attaccamento alla maglia azzurra, prima che a quella del club. Per noi la

Nazionale era il massimo . Oggi, non è così " 

( ed anche qui, ririperdonatemi, a torto e/o a ragione resto un po' perplesso : Caro Marco, se hai

indossato ed onorato la " Maglia Azzurra " , e lo scrivo senza astio ma con l'intento di - Dare a

Cesare ciò che è di Cesare, lo devi solo ed esclusivamente alla " Juventus F.C. 1897 " che 

credette in te e ti diede l'immensa opportunità di indossare una delle " Maglie più Nobili e

Prestigiose " in quello che è il Panorama Calcistico Mondiale " ) 

 

 

Ciò non toglie che non possa e non debba esimermi dal  porgerti i miei più sentiti e sinceri

Auguri di Buon Compleanno , .salveStefano ! 

 

 

CARTOLINA CALCIO SQUADRA JUVENTUS 1976/77 STADIO ZOFF GENTILE BETTEGA  SCIREA.. | eBay   1976/77 

 

ZOFF - CUCCUREDDU - GENTILE - FURINO - MORINI - SCIREA - CAUSIO - TARDELLI - BONINSEGNA - BENETTI - BETTEGA - 

 

ai quali va aggiunto il giovane ma validissimo  CABRINI Antonio: una storia bianconerazzurra | Storie di Calcio  CABRINI - 

 

 

- 12 ITALIANI DOTATI DI ATTRIBUTI E CONTROATTRIBUTI - 

 

 

 

 

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Auguri campionissimo. Un cantrocampista e calciatore perfetto. Sapeva fare tutto, dal difendere all'atraccare e non si fermava mai. Quella Juve e lui era stratosferica. Roba da lustrarsu gli occhi. Tardelli non sarà simpatico ma è stato uno dei centrocampisti migliori al mondo, interpretando il ruolo in modo ultramoderno, tanto che farebbe la fortuna di ogni squadra anche nel 2024. Era uno dei miei idoli e quando andò dalle *, ci rimasi quasi scioccato.

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Adesso, emmepi54 ha scritto:

Auguri campionissimo. Un cantrocampista e calciatore perfetto. Sapeva fare tutto, dal difendere all'atraccare e non si fermava mai. Quella Juve e lui era stratosferica. Roba da lustrarsu gli occhi. Tardelli non sarà simpatico ma è stato uno dei centrocampisti migliori al mondo, interpretando il ruolo in modo ultramoderno, tanto che farebbe la fortuna di ogni squadra anche nel 2024. Era uno dei miei idoli e quando andò dalle *, ci rimasi quasi scioccato.

Purtroppo di bravi e antipatici non ne abbiamo più.

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Auguri Immenso!!! Quando giocavo come centrocampista mi chiesero che numero volessi di maglia... Non esitai un attimo: L'otto di Marco Tardelli... Era veramente un idolo quando ero piccolo per me...

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Credo che Tardelli sia stato una tipologia di giocatore che troverebbe spazio anche nel calcio moderno.

Lo adoravo.

Fu il suo trasferimento ai prescritti che creò in me la disillusione sui calciatori bandiera o robe simili.

 

Tra l'altro vi consiglio una sua intervista a Platini, la recuperate su rai play

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